L’attesa è durata diversi mesi, ma adesso il mondo del tartufo può festeggiare uno dei più preziosi riconoscimenti: l’iscrizione ufficiale nella lista Unesco del patrimonio culturale immateriale della “cerca e cavatura del tartufo in Italia: conoscenze e pratiche tradizionali”. La decisione è del dicembre 2021, ma causa pandemia e relative restrizioni, non è stato possibile festeggiare in maniera adeguata. E così è stato fatto adesso, il 22 giugno scorso, con una grande festa a Roma, alla Casa del Cinema.
Il processo di candidatura, fino all’iscrizione, ha visto il coordinamento tecnico-scientifico istituzionale del Servizio II- Ufficio Unesco del segretariato generale del ministero della Cultura e a consegnare l’attestato dell’avvenuta iscrizione è stata la sottosegretaria di Stato Lucia Borgonzoni. A riceverlo una nutrita rappresentanza della vasta comunità del tartufo italiano, a partire dalla Federazione Nazionale Associazioni Tartufai Italiani. C’erano anche tanti personaggi, come i Messaggeri della Cultura del tartufo: la conduttrice Syusy Blady e il pronipote di Totò Simone Buffardi de Curtis e i parlamentari Susanna Cenni e Filippo Gallinella.
“Finalmente festeggiamo nel modo che volevamo, con una grande festa di comunità, questo riconoscimento tanto auspicato e per cui abbiamo lavorato con costanza e dedizione per molti anni. La gioia di questo momento sta nella condivisione con tutti coloro che si identificano con l’elemento”, commenta Michele Boscagli, presidente dell’Associazione nazionale città del tartufo
Da tradizioni non scritte a regole formali
Grazie a questo riconoscimento si amplia e si istituzionalizza il lavoro di ricerca e archiviazione di testimonianze e documenti che ha consentito una trasmissione formale della pratica, fino a oggi prevalentemente affidata alla tradizione familiare e orale.
“L’iscrizione – ha commentato Fabio Cerretano, presidente di Fnati – deve rappresentare l’applicazione sistemica della conoscenza di noi tartufai soprattutto a tutela della biodiversità e della sostenibilità degli ambienti tartufigeni sempre più fragili. C’è un grande patrimonio immateriale da tutelare e da trasmettere alle nuove generazioni e questo importante riconoscimento deve spingere tutti noi a camminare in questa direzione”.