Sara Rados è una cantautrice fiorentina di sangue partenopeo-croato. Ha iniziato a fare musica in adolescenza, dividendosi tra lo studio del canto lirico e un gruppo punk rigorosamente femminile, le S.A.N.M.I.
Nel 2008 a Roma studia anche canto Jazz presso la Scuola di Musica Popolare di Testaccio. Sempre nel 2008 ha vinto il contest di Scalo 76 su Rai Due col brano e il videoclip de “La Ricetta”, aggiudicandosi poi, a pochi mesi di distanza, il premio della critica Rosa Ballistreri e il Premio Ciampi.
Tra fine 2009 e inizio 2010 gira con uno spettacolo solista e tra vari palchi d’Italia. Dopo più di tre anni di inattività battezza il suo ri-esordio sul palco del Gattarossa Club a Piombino, in occasione di Tenco Ascolta, organizzato da Club Tenco. Nel 2016 è uscito il suo primo disco “Le cose cambiano”.
Il 23 aprile 2021 al Teatro Persiani di Recanati Sara Rados ha cantato al sua “Carapace” a Musicultura, il Festival della Canzone Popolare e d’Autore ed è entrata nella rosa dei 16 artisti finalisti della XXXII edizione del concorso, che dal 1990 contribuisce all’evoluzione stilistica e al ricambio generazionale della canzone italiana, garantendo la trasparenza dei criteri di selezione e il profilo artistico dei contenuti.
Ecco la nostra intervista
Ciao Sara! Cominciamo dalla fine, come e quando è nata la canzone “Carapace”?
Nasce in una giornata con mille cose da fare, nasce di pancia. L’ho scritta in mezza giornata buttando fuori attraverso immagini oniriche e metaforiche tutte le emozioni che avevo dentro. Lo dico con orgoglio senza montarmi la testa, credo che la forza nel brano sia questa voglia di comunicare con gli altri, nonostante la sensazione costante di non avere mai il tempo e la forza di riuscire a spiegare se stessi, la propria storia. Mi sono affidata a delle immagini che in qualche modo potessero raccontare non tanto i fatti di cronaca che sono successi nella mia vita e che mi hanno portata a scrivere quel pezzo, ma soprattutto quello che mi è successo dentro rispetto alle cose che ho vissuto.
Il “carapace” io l’ho interpretato come una corazza che ti sei costruita nel corso degli anni, non so se ho indovinato
E’ un po’ un gioco di parole ironico che è sospeso tra il carapace cioè la corazza che tutti noi ci costruiamo e un dialogo quasi a tu per tu con la Pace. Come se la Pace fosse una persona con cui parlare. Una ricerca di tranquillità tra il fuori e il dentro che ognuno di noi nella quotidianità porta avanti. Nel mezzo ci sono emozioni, riflessioni e le lavastoviglie da riempire (ride).
Ti sei esibita il 23 aprile al Musicultura, che effetto ti ha fatto suonare su un palco così bello dopo tanti mesi di stop
E’ stata un’emozione forte per me. Avevo già partecipato a Musicultura undici anni fa, ero agli inizi del mio percorso cantautoriale. Avevo capito che volevo fare la cantautrice da poco. Per me tornare su quel palco è stata una grande emozione. Prima dello stop a causa del Covid non è che facessi tutte queste date. Non sono riuscita ancora a trasformare la mia passione in un’attività lavorativa. Ero felice ma non era una liberazione da qualcosa.
Tu sei anche un’educatrice, usi la musica come terapia con i bambini. In quest’anno di pandemia che è stato così difficile per tutti noi quanto ti ha aiutato la musica?
Io spero di essere stata d’aiuto, ho avuto la fortuna di lavorare con i bambini dell’asilo nido facendo attività di gioco-musica per dei progetti di musicoterapia preventiva. Ho portato il mio estro, la mia voglia di giocare con loro. Abbiamo fatto piccole cose, ma è stato molto bello perchè i bambini quando sono così piccoli sono senza filtri, sono buffissimi e ti risvegliano delle cose molto sane e belle. I bambini percepiscono tanto, tutta la tensione che ha generato il Covid in noi adulti in qualche modo è arrivata ai bambini. Quello che cercato di fare insieme a loro è stato cantare, riappropriarsi del tatto, della manipolazione degli strumenti musicali, usare la voce. Tante cose per essere calati nel qui e ora per staccarsi dalla paranoia circostante.
Ho letto che quando all’origine della tua attività musicale ti dividevi tra il canto lirico e un gruppo punk, vorrei capire come queste cose si conciliano tra loro
Per me lo studio della voce è a 360 gradi, il registro vocale di una persona può cambiare, evolversi e trasformarsi nel tempo. Anche a seconda delle esperienze che si fanno. Per me è sempre stata una ricerca, affrontata con curiosità che si trattasse di andare a lezione dalla mia maestra Beatrice Sarti una bravissima cantante lirica che mi ha ‘iniziata’ quando avevo 15 anni e allo stesso tempo fare del punk con le mie amiche, era un modo per esorcizzare le forti emozioni che si hanno in adolescenza. Era tutto collegato nel mio mondo.
Il tuo ultimo disco “Le cose cambiano” è del 2016 hai qualcosa in programma in futuro?
Io sono di una lentezza, sono un bradipo, sono anti star-system! Credo che sarei la disperazione di ogni manager. Ho affrontato questa esperienza di Musicultura tutta da sola, ho mandato un provino, poi sono andata a cantarlo alle audizioni tutta sciamannata con la chitarra. Poi mi hanno chiesto di riarrangiare il pezzo e l’ho fatto di corsa in una settimana. Quindi sì, ho tantissime idee per la testa, mi piacerebbe costruire una rete tra musicisti per far ripartire tutto e rialzarsi tutti insieme con concerti in condivisione. Ho scritto alcune canzoni nuove, non so se si fanno ancora i dischi…forse se lo chiedono anche i discografici…
Voi musicisti intanto fateli! Poi ci pensiamo noi ad ascoltarli!
(Ride) Sto sperimentando, poi dove andranno a finire le mie canzoni si vedrà dopo. Il mio spirito è molto estemporaneo.
Le finali del Musicultura si terranno il 17, 18 e 19 giugno e noi non possiamo che farti un grosso in bocca al lupo Sara Rados!