Sono passati quasi dieci anni dal sul disco d’esordio come ‘King of The Opera’. Nel 2012 uscì infatti ‘Nothing Outstanding‘ e adesso il cerchio richiude con ‘Nowhere Blues’. Stiamo parlando del cantautore toscano Alberto Mariotti che siamo riusciti a raggiungere telefonicamente in un luogo imprecisato del Polesine, dove vive adesso. In un momento storico in cui tutti ci sentiamo scagliati in mezzo a un nulla che ci opprime, Alberto con il ‘niente’ ha un rapporto privilegiato, lo frequenta da anni e lo riempie di bellissima musica. Ecco la nostra intervista.
Ciao Alberto! Il titolo del tuo disco già dice molto ‘Nowhere Blues’, il blues di un non-luogo, mi sono immaginata che per te la musica fosse proprio questo un ‘Nowhere’ da riempire
Sicuramente è stato proprio quello come lo è stato anche nei miei dischi precedenti, Nowhere Blues è nato come un tentativo di auto-imitarmi, imitare le prime cose che facevo come Samuel Katarro, Beach Party per esempio, e provare a ricopiarle e cercare di fare qualcosa che fosse simile ma senza riuscirci, perché è come se quella fiamma fosse svanita e se ne fosse accesa una diversa, più fredda, più astratta e nebbiosa. E poi non volevo scrivere canzoni e rinchiuderle in schemi come strofa-ritornello, ma creare dei flussi, volevo che il fluire della musica fosse più libero possibile.
Mi sembra che questo disco sia decisamente molto più ‘elettronico’ rispetto ai tuoi precedenti, come hai lavorato a Nowhere Blues?
Il fatto che sia elettronico è un po’ una scelta, un po’ una necessità. Volevo registrare in una dimensione casalinga con i miei tempi. Non volevo noleggiare uno studio e avere delle scadenze. Quindi ho deciso di chiedere a un mi amico che aveva un po’ di attrezzatura a casa mia se era disponibile a registrare il disco con me. Alla fine Alessio che suonava con me quando eravamo piccoli ha accettato e ci siamo trovati tutti i pomeriggi per cinque mesi a buttare giù delle idee. essendo un una ‘camerata’ non potevamo usare batteria o altri strumenti, ci siamo adeguati e abbiamo usato tantissima elettronica anche per questo motivo. Poi l’intenzione era di guardare tutti i brani da una prospettiva diversa rispetto al passato e quindi ho unito l’utile al dilettevole.
Sei passato da Nothing Outstanding a Nowhere Blues, in questo momento tutti noi ci troviamo in una sorta di ‘nulla’ sembra che questo sia il tema del momento e anche del tuo disco
Non vorrei fosse colpa mia (ride). In realtà per me è cambiato abbastanza poco con l’isolamento perché io abito in mezzo al nulla. Fondamentalmente le mie giornate erano casa-lavoro anche prima, senza molte altre attrattive intorno. Quindi dal punto di vista personale nel nulla ero e nel nulla sono rimasto a prescindere dal Coronavirus.
Devo farti una critica, non mi piace l’immagine che hai scelto per la copertina del disco. C’è un motivo dietro questa scelta?
C’è quel rettangolo al centro che doveva contenere una mia foto. Durante la lavorazione dell’immagine a un certo punto la foto è scomparsa, io ho visto il vuoto dentro quel riquadro e mi è piaciuto molto perché aveva molto a che fare col titolo e col concept del disco. Un non-luogo, qualcosa che non c’è, il nulla. Mi sembrava che fosse una fotografia, un fotogramma del niente.
‘Una fotografia del niente’ è una definizione che piacerebbe molto a David Lynch
Penso che ci siano tante cose che ho fatto che piacerebbero a David Lynch.
Il tuo disco si intitola ‘Nowhere Blues’ non hai paura che le persone possano fraintendere, o comunque se c’è del blues in questo disco dove si trova?
Il fatto che la gente corra il pericolo di fraintenderlo è abbastanza realistico. È anche una cosa che mi disse Paolo Mauri quando andai a casa sua a fargli ascoltare le prime versioni acustiche del disco Mi fece questo appunto, però ormai ce l’avevo in testa da tanto tempo questo titolo, dovevo usarlo. Non mi è mai sceso di grazia, era una cosa che sentivo particolarmente. Non c’è blues in senso stretto ma c’è un brano che si chiama Nowhere Blues che ha dato ispirazione sia al titolo che all’atmosfera generale del disco, che in realtà è nato ed è stato costruito a livello armonico con la scala blues, quindi in realtà qualcosa c’è e tutto parte da quel brano. Un po’ di blues originariamente c’è stato, una piccola particella che poi si è diramata in tante altre strade.