Valutare la qualità delle acque, dei terreni e di eventuali contaminazioni legate alla dispersione di aggregato riciclato contenente keu, ovvero il residuo di produzione che deriva dal trattamento dei fanghi prodotti dagli scarti della concia delle pelli. È questo, in sintesi, l’obiettivo dell’accordo firmato tra Arpat (Agenzia regionale per la protezione ambientale) e il Dipartimento di scienze della terra (Dst) dell’Università di Pisa per approfondire la questione attraverso particolari analisi e campionamenti.
L’accordo è stato illustrato presso l’Auditorium della Protezione civile regionale, a Firenze. Alla conferenza stampa hanno preso parte l’assessora all’ambiente Monia Monni, il direttore generale di Arpat Pietro Rubellini, il direttore del Dst Luca Pandolfi e il ricercatore del Dipartimento Riccardo Petrini.
Ricerve innovative
L’accordo di collaborazione tecnico-scientifica si inserisce nell’attività di approfondimento e analisi sul comportamento dell’aggregato riciclato contente keu nelle diverse matrici ambientali (acque sotterranee e suolo). Il Dipartimento, infatti, da tempo svolge ricerche ad alto contenuto di innovazione relative alla diffusione di inquinanti nel sottosuolo. L’attività specifica, finanziata anche dalla Regione Toscana, verrà realizzata nei prossimi 12 mesi secondo un approccio e un programma che vedrà entrambi i soggetti impegnati per l’obiettivo comune di ricerca e condivisione dei risultati.
Le fasi
Arpat effettuerà i campionamenti del keu e delle matrici ambientali relative, sottoponendoli alle analisi di competenza. Il Dipartimento, dal canto suo, effettuerà la caratterizzazione della distribuzione del cromo e di altri elementi di interesse nel keu attraverso una serie di metodologie analitiche mineralogiche e geochimiche; studierà la reattività del materiale, anche con l’applicazione di metodi isotopici ed in funzione di una serie di agenti ossidanti; applicherà i risultati ottenuti alla pianificazione di esperimenti di microcosmo in laboratorio, simulando le condizioni naturali in cui il keu può trovarsi. Questi dati rappresenteranno la base per lo studio della stabilità del keu e suoi aggregati in natura, presupposto per i processi di rilascio di cromo esavalente alla fase acquosa e per la pianificazione di azioni di mitigazione.
Studiare per mettere in sicurezza
“Questo è un accordo di ricerca molto importante” ha detto Monia Monni. “Nel corso degli ultimi mesi abbiamo lavorato fianco a fianco con Arpat portando avanti approfondimenti sul riciclato contenente keu, sui vari siti coinvolti, sui pozzi. Adesso abbiamo deciso di sostenere questa proposta di Arpat, che coinvolge anche l’Università di Pisa, per andare ulteriormente a indagare come agisce e come potrebbe comportarsi nel corso del tempo il riciclato contenente keu prodotto da Lerose nelle matrici ambientali. La ricerca durerà un anno e verrà condotta con strumentazioni molto sofisticate. Una volta conclusa ci attendiamo informazioni preziose che ci aiuteranno a indirizzare le successive operazioni di messa in sicurezza e bonifica. Vale la pena sottolineare – ha concluso – che la Regione finanzierà la ricerca con 97 mila euro e altrettanti arriveranno dall’Università di Pisa”.
Cos’è il keu?
“Il keu è un rifiuto del quale abbiamo una buona conoscenza” ha aggiunto il direttore di Arpat, Rubellini. “È classificato come speciale ma non è pericoloso. Se correttamente smaltito non crea problemi. Quelli che invece si sono verificati con l’aggregato contenente keu ottenuto dalla ditta Lerose, del quale invece non abbiamo una conoscenza altrettanto buona, soprattutto per quanto riguarda il suo comportamento nelle varie matrici ambientali. Per farlo lavoreremo in stretto contatto con l’Università di Pisa, ed eventualmente con altri soggetti ed altre università, proprio per indagare la sua interazione con l’ambiente. Le risultanze dello studio ci aiuteranno a individuare le soluzioni migliori per intervenire nelle diverse situazioni“.
La sfida
“Nell’ambito delle sue finalità istituzionali, il nostro Dipartimento è interessato a valorizzare i risultati derivanti dalla sua attività di ricerca e le proprie competenze in ambito scientifico promuovendo e sviluppando le forme di collaborazione con le imprese e gli enti pubblici” hanno dichiarato i professori Luca Pandolfi e Riccardo Petrini. “Questo accordo costituirà un momento di crescita per il Dipartimento e per l’Ateneo pisano che avranno l’occasione di affrontare, insieme a un ente territoriale importante come Arpat, la sfida dello studio scientifico di una emergenza ambientale che insiste sul territorio della Regione Toscana. Viene così certificato l’impegno del Dipartimento e dell’Ateneo in una delle missioni fondamentali dell’Università: la terza missione, ovvero l’attività di trasferimento scientifico, tecnologico e culturale verso la società e il territorio”.