“Caro Cognato, il Colera Morbus e già in Ispagna, cioè in Siviglia e contorni, in alcuni punti fa stragi, ma speriamo che non arriverà a Madrid, essendo questo un paese molto secco ed elevato. Se mai per disgrazie avesse di venire e che chiudessero i Teatri, verremo subito in Italia, ma voglio sperare al contrario. Noi stiamo bene tutti quattro, anzi benissimo, e volesse il cielo andasse sempre cosi; dunque scriva prontamente, perché stiamo in angustia fintanto che non abbiamo loro nuove…” queste sono le parole scritte dal tenore Ignazio Busecchi Parini che si trovava a Madrid nel 1834 durante l’epidemia di Colera.
È solo il primo dei diari di ‘italiani in quarantena’ che l’Archivio diaristico nazionale di pieve Santo Stefano pubblicherà ogni tre giorni fino a fine aprile sulla pagina facebook: https://www.facebook.com/archiviodiari.
L’emergenza Coronavirus ha costretto le istituzioni culturali italiane a sospendere qualsiasi attività aperta al pubblico, ma l’Archivio e il Piccolo museo nati per raccogliere le storie della gente comune, anche le più drammatiche e difficili, hanno deciso di aprire le loro porte ‘digitali’ e continuare a raccontare anche in questo momento in cui ognuno di noi è chiuso fra le proprie mura domestiche in attesa di potersi riappropriare della propria quotidianità e della propria routine, mai così desiderate.
“Ci piace immaginare che anche le memorie custodite nella Città del diario possano tenere compagnia a tutti voi. – hanno dichiarato in una nota – Leggerete storie a voi sconosciute che raccontano di altre quarantene e altri isolamenti, di momenti bui che hanno poi lasciato il posto alla luce e alla pace. Sono le storie degli italiani che hanno vissuto le epidemie dei secoli scorsi, l’internamento nei campi di prigionia e nei lager, l’isolamento dietro le trincee, le quarantene in un’isoletta a mezz’ora di mare della città di New York; e che allora, come adesso, aspettavano il bollettino dell’autorità preposta che recitava la conta dei morti, dei contagiati e dei guariti. Sarà interessante scoprire come gli italiani che ci hanno preceduto vivevano le restrizioni, la paura e la speranza, soprattutto l’urgenza di affidare alla pagina scritta il racconto di quei giorni.”