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Intervista a Roan Johnson, regista de La concessione del telefono

Il regista racconta la genesi del film, in onda su Rai Uno. “E’ l’ultimo regalo di Camilleri al suo pubblico. Il film ci porta in un altro luogo e in un altro tempo, in un momento in cui abbiamo bisogno di viaggiare con la fantasia”.

La concessione del telefono

Arriva su Rai uno il prossimo 23 marzo, in prima serata, il film del regista pisano Roan Johnson (nato a Londra, pisano d’adozione), La concessione del telefono, tratto dall’omonimo romanzo di Andrea Camilleri. Dopo La mossa del cavallo e La stagione della caccia, la serie C’era una volta Vigata si  arricchisce di  un nuovo capitolo e ci riporta nella città immaginaria di Vigata, nata dalla penna del noto scrittore siciliano.

Nel film, ambientato a fine ‘800, Pippo Genuardi, commerciante in legnami, specializzato nel mettersi nei guai, sposa Taninè Shillirò, figlia dell’uomo più ricco di Vigata e sembra aver messo la testa a posto. Non contento, spedisce tre lettere al Prefetto Marascianno che, per una serie di malintesi e fraintendimenti, lo metteranno al centro di due fuochi incrociati: lo Stato, che lo considera un sovversivo, e l’uomo “d’onore” Don Lollò, che pensa che Genuardi lo stia prendendo per fesso. Tutto per ottenere l’agognata concessione di una nuova linea telefonica.

Abbiamo intervistato il regista Roan Johnson, noto al grande pubblico per il suo lavoro di sceneggiatore, per aver diretto buona parte dei film tv, molto popolari, della serie I delitti del Barlume e per la sua commedia Piuma, presentata al festival del cinema di Venezia.

Come è nata l’idea di questo film?

Come per La stagione della caccia, l’input per la realizzazione del film è venuto dalla Rai. In questo caso, il film era stato valutato di qualità particolarmente cinematografica, per questo ne era stata programmata l’uscita in sala per il 17 marzo, poi la programmazione in sala è salata, per i motivi che conosciamo, e il film sarà visibile in tv il 23 marzo, anticipando la messa in onda, inizialmente prevista il 6 aprile.

E’ un film che parla anche toscano?

In effetti in parte sì, ha infatti collaborato alla sua realizzazione un gruppo di lavoro che ormai mi segue da tempo, del quale fanno parte ad esempio Marco Teti, Margherita Verona e tutta una serie di collaboratori che vengono tutti dalla Toscana.

Ha collaborato anche alla sceneggiatura del film?

Si, come è noto, io nasco come sceneggiatore, ho scritto la sceneggiatura di molti film, di Ora o mai più, di Lucio Pellegrini, de Il commissario De Luca, di Carlo Lucarelli, de L’Ospite, di Duccio Chiarini, solo per fare qualche esempio. Ho scritto anche tutti i miei film, salvo La stagione della caccia.

I suoi lavori nascono da romanzi di grandi giallisti, Carlo Lucarelli, Marco Malvaldi, Andrea Camilleri. Il giallo è un genere che predilige?

In realtà ho incontrato il genere giallo un po’ per caso: sono stato scelto più che non aver scelto io, personalmente mi sento molto più vicino alla commedia. Quando mi hanno chiamato a dirigere I delitti del Barlume, mi hanno scelto per la mia vena ironica. Devo dire però che nel genere giallo mi trovo molto bene: ha infatti una struttura ben precisa, che per me è rassicurante, ha dei passaggi obbligati nella costruzione drammaturgica che sono una strada sicura da seguire quando si  realizza un film. Anche se La concessione del telefono non si può definire un giallo, ma un film pieno di intrighi legali e colpi di scena, con un finale a sorpresa, che non posso rivelare.

Come è stato lavorare sulla trasposizione dei libri di un grande scrittore come Andrea Camilleri?

Nel caso de La Concessione del telefono è stato particolarmente difficile, ci abbiamo lavorato molto con Francesco Bruni, in quanto il libro si compone di vari capitoli, divisi in “cose scritte”, come lettere e documenti, e “cose dette”, quindi dialoghi. Costruirci una sceneggiatura omogenea non è stato semplicissimo, ma credo che alla fine ci siamo riusciti, adottando una strategia che si è rivelata funzionale e divertente. Abbiamo deciso si “splittare” i documenti scritti su varie parti della sceneggiatura, in modo che le lettere e altri scritti continuassero a svilupparsi e a vivere nelle varie situazioni del film. In altre parole i documenti scritti, nel film, diventano una “quinta”, nella quale i testi continuano a vivere, un meccanismo sperimentale, difficile da spiegare a parole, ma molto semplice nella visione. Abbiamo lavorato fianco a fianco con Camilleri, che è stato molto soddisfatto del risultato e di questo sono – e siamo – particolarmente contenti e orgogliosi.

Questo film è dedicato proprio ad Andrea Camilleri, che ci ha lasciati lo scorso luglio?

Si, è a lui che lo dedichiamo, infatti anche alla fine del film abbiamo scritto una dedica speciale. Potremmo anche dire che un ultimo regalo di Andrea Camilleri agli spettatori. E’ un film, La concessione del telefono, che porta lo spettatore, per due ore, in un altro luogo e in un altro tempo, e in questo periodo abbiamo tutti bisogno di viaggiare con la fantasia.

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