Combattere la pesca a strascico illegale nei fondali delle aree protette della Toscana. È questo lo scopo della collaborazione tra Greenpeace e l’Università di Pisa, in particolare il team di robotica subacquea dell’ateneo. Nei giorni scorsi, i ricercatori hanno effettuato un primo test con il robot Zeno nei fondali di Castiglione della Pescaia e le attività proseguiranno nei prossimi mesi nella zona foce dell’Ombrone e nel Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano.
Tutelare i fondali delle aree protette
“La pesca a strascico – spiega Alessandro Giannì di Greenpeace – è consentita solo lontano dalla costa e ovviamente è vietata nelle aree protette. Controllare le attività illegali è molto difficile e la pesca artigianale ha più volte denunciato simili comportamenti di cui è però difficile avere evidenze. La pesca a strascico illegale causa danni gravissimi alla biodiversità, perché le reti vengono trainate “grattando” il fondale e lasciando solchi che hanno effetti significativi ad esempio sulle praterie di posidonia, i fondali coralligeni e la fauna ittica. Proprio per questo, per migliorare le nostre capacità di verifica, e per meglio raccontare e difendere il mare, ci siamo rivolti al mondo della ricerca”.
Grazie alla collaborazione con il team di robotica subacquea del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione, il monitoraggio viene effettuato tramite un drone subacqueo autonomo, in grado di rilevare i solchi lasciati dalle reti sui fondali, e quindi individuare avvenute attività illecite in aree protette.
Il monitoraggio con un drone subacqueo: il robot Zeno
“Il robot che usiamo si chiama Zeno – spiega Riccardo Costanzi, docente di robotica dell’Ateneo pisano – si tratta di un drone subacqueo dotato di telecamere e sonar. Da Zeno partiranno segnali acustici diretti al fondale, per stabilire in modo preciso la conformazione e la presenza di solchi grazie all’analisi dell’eco riflessa. Inoltre, il robot è dotato di telecamera, e dopo il suo monitoraggio potremo quindi unire le informazioni visive e quelle acustiche, ed avere una mappatura precisa del fondale marino a profondità superiori a 50 metri, profondità di solito molto difficili da monitorare”.
Zeno fa parte dei laboratori CrossLab ed è il frutto di una strategia del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione che vuole mettere le tecnologie avanzate a disposizione di associazioni, ONG, imprese e pubbliche amministrazioni. “Crediamo fortemente che la ricerca debba fare la sua parte per portare miglioramenti concreti alla società e all’ambiente, e per questo siamo particolarmente felici di questa collaborazione” conclude Costanzi.