Malattia, dolore, solitudine, sono tutte esperienze che ci spaventano e che cerchiamo, se possibile, di evitare. C’è chi però riesce a trasformare la totale oscurità in bellezza.
Nasce così “Ritual II Embrace The Darkness” l’ultimo disco della “Musa del Caos” Stefana Pedretti in arte Alos che ha attraversato la notte in un viaggio verso la luce e la speranza.
L’ultimo progetto musicale nasce infatti dopo un periodo difficile in cui l’artista ha dovuto attraversare una lunga malattia e poi una dura riabilitazione fisica e vocale, per poi rinascere.
Tutti i suoni nel disco, acustici ed elettronici, sono stati registrati dal vivo in vari luoghi sull’isola di Stromboli, come la Sciara del Fuoco e la Grotta di Eolo.
Il risultato è un’opera potente e profonda che genera atmosfere prima claustrofobiche, poi liberatorie, create dalla performance di Alos sull’isola in dialogo con il vulcano.
Alos eseguirà il suo “rito” sabato 23 marzo al Circolo Arci Il Progresso di Firenze.
Ecco la nostra intervista
Ciao Stefania, il tuo ultimo disco arriva dopo un periodo veramente difficile, penso che questo lavoro sia l’espressione di quello che hai passato, ti va di raccontarci cos’è successo?
Sì il disco è nato da due grossi problemi di salute che ho avuto. Uno in realtà sto continuando ad attraversarlo, perché ho avuto un tumore al seno, l’ho scoperto due anni fa. Mi sono operata e dall’inverno 2022 ho iniziato delle terapie. Però servono cinque anni per concludere. Proprio in questi giorni ho fatto il check-up e va tutto benissimo. Poi ho avuto un altro problema, è importante parlarne perché è una malattia che non tutti conoscono che si chiama encefalite. Solo un mese dopo l’operazione al tumore ho contratto questa malattia che mi ha distrutto e mi ha fatto entrare nel “Darkness”.
I miei riti servono per riequilibrare le parti. Non c’è luce senza ombra, se accogliamo l’ombra possiamo tornare a vivere in pace la luce
È simile alla meningite, sono stata in coma indotto per una settimana e in Ospedale per un mese. Ho avuto attacchi epilettici e ho dovuto prendere farmaci molto pesanti che mi hanno dato effetti collaterali veramente tosti. Ho dovuto anche saltare la chemio a causa di questa nuova malattia, ma ho fatto terapie monoclonali che mi hanno aiutata. Anche la mia voce ne ha risentito, per tre mesi non sono riuscita a parlare. Ho fatto una lunga riabilitazione con una logopedista e ho ancora qualche problema alle corde vocali anche se va molto meglio. Inoltre sono stata in ospedale nel periodo del Covid, quindi per un mese non ho potuto vedere nessuno, nessuno è potuto venire a trovarmi, ero sola.
Un periodo di darkness totale
Ho passato un momento in cui ho raso tutto al suolo e poi sono rinata. Sto finendo adesso la riabilitazione, il mio fisico ora è in uno stato di benessere. Mi sento come la Fenice che brucia completamente per rinascere come qualcosa di diverso e trasformato. Questo è quello che sento adesso, sento il processo in corso e che sono passata alla fase successiva. Il disco è stato un mezzo bellissimo per elaborare il dolore che stavo vivendo.
Mi affascina moltissimo come è stato registrato il disco, in presa diretta sull’isola di Stromboli, in dialogo con il vulcano. Deve essere stata un’esperienza incredibile, cos’hai provato?
Sono stata male tra novembre e gennaio, sull’isola sono andata a giugno del 2022, era la prima volta che muovevo dei passi così lunghi. A Stromboli è stato come un salto nel vuoto. L’idea di registrare il disco così era un’esperienza che nè io nè il fonico avevamo mai vissuto prima. In più non sapevamo neanche se io ero in grado di portare a termine questo sogno che avevo cominciato ad elaborare un anno prima. Andare a Stromboli è stato il primo step della rinascita. Avevo la mia compagna Francesca che mi ha sempre supportato e un bellissimo team composto dal fonico Marcello Batelli e Giulio Di Mauro che curava la parte fotografica e video. Sono stata invitata dalla curatrice del festival Marosi Giulia Ferrato che mi ha dato la possibilità di sperimentare. Siamo andati all’avanscoperta sull’isola, con lo zaino in spalla. Era buffo, eravamo quattro personaggi che si aggiravano sull’isola, carichi di strumenti, in balia degli elementi.
Come avete realizzato il disco?
La cosa bella di questo lavoro è che ero in dialogo sia con la natura sia col tempo inteso come condizione atmosferica e come tempi da seguire. Stromboli è un’isola in mezzo al mare, ha le sue dinamiche, quindi a volte facevamo dei programmi ma poi dovevamo cambiare tutto all’improvviso. È stato veramente magico. Una mattina abbiamo fatto l’escursione sul vulcano che si può fare solo con una guida. È stata una grossa sfida con me stessa, non sapevo se sarei riuscita a camminare così tanto. Ci siamo svegliati prima dell’alba, per evitare il calore e avere il silenzio. Siamo arrivati a 400 metri appena è sorto il sole, abbiamo visto l’alba ed è stato spettacolare. Stromboli regala dei colori inimmaginabili, non ho mai visto dei colori così potenti.
La fragilità è un dono, il grande cambiamento a livello universale sarebbe proprio amare la fragilità e accettare le fragilità che ci sono in ognuno di noi. Il mondo sarebbe un posto migliore
Un’altra cosa incredibile è che sull’isola non ho registrato su una base. Era la prima volta che registravo la voce pura, c’era solo la mia voce insieme al vento e alle onde del mare. Per me è stata un’esperienza incredibile sia come musicista che a livello personale. Riuscire a fare tutto è stato un rito di passaggio. Aggiungo che Stromboli solitamente è un’isola verde, ma noi siamo andati poco dopo il terribile incendio che ha distrutto gran parte della vegetazione dell’isola. Era un paesaggio completamente arso, era tutto nero, tutta cenere e fuliggine. È stato potente, abbiamo vissuto un paesaggio atipico, una Stromboli a sua volta sofferente. Abbiamo registrato in take di 20 minuti circa, solo voce e sassi, nelle grotte. Si potrebbe pensare che una grotta sia un luogo molto reverberato, invece il suolo era di sabbia, quindi il suono era super asciutto, era come essere in una stanza di registrazione, eravamo stupiti noi stessi. Il suono era molto bello. Il disco è frutto della natura, la natura c’era, era presente. Il paesaggio è coprotagonista con me.
Ti faccio un’ultima domanda, cosa consiglieresti a una persona che sta affrontando un periodo oscuro, una “darkness”?
Bella domanda, non me l’aveva ancora fatta nessuno. È difficile dare una risposta perché quando sei nell’oscurità è difficile ascoltare consigli. Spesso ci si chiude nel proprio dolore e si pensa che nessuno può veramente capirti. La prima cosa che mi viene da dire è di abbracciare il dolore, che non vuol dire accettarlo in maniera passiva. Quando si prova dolore, si provano anche tanta rabbia e tanta frustrazione, si provano sentimenti contrastanti che coesistono. Possiamo accettare il dolore come se fosse un compagno di viaggio, che a volte può essere piacevole, a volte no, come succede quando si intraprende un viaggio con una persona che non si conosce bene. Mantenere un dialogo con il dolore, per capire come vivere questa esperienza insieme.
Può aiutare compiere piccoli “riti”, momenti solo per se stessi, anche una piccola cosa che aiuti a concentrarci e a farci stare meglio. Per esempio io che sono una persona molto solare, a causa delle terapie non potevo espormi al sole, così ho riscoperto la notte. Ci hanno insegnato che la notte fa paura, la darkness appunto. Io invece uscivo al buio, nel silenzio che io trovo accogliente. Ho percepito che la notte è come l’utero materno. L’oscurità sembra una cosa brutta, invece la notte mi ha aiutato, sentivo la pace, il silenzio, l’aria che ha un odore differente sulla pelle. Il nero mi avvolgeva e mi coccolava. Il nero non imprigiona, è una cosa che abbraccia. Aggiungo che quando si soffre bisogna imparare a chiedere, fa fatica soprattutto alle donne che come me sono molto indipendenti perché si ha paura di mostrarsi fragili. Una parola che ho imparato che bisogna rispettare e amare è fragilità. La fragilità è un dono, il grande cambiamento a livello universale sarebbe proprio amare e accettare le fragilità che ci sono in ognuno di noi. Il mondo sarebbe un posto migliore.
Parole bellissime Stefania, ti aspettiamo a Firenze
Embrace The Darkness è un passaggio per arrivare alla luce, ci tengo molto a dirlo, dobbiamo innamorarci dell’oscurità che è bella e fa parte della vita. Tutto è connesso e tutto serve per tornare alla serenità. I miei riti servono per riequilibrare le parti. Non c’è luce senza ombra, se accogliamo l’ombra possiamo tornare a vivere in pace la luce.
Tutte le date del tour di Alos
23 marzo, Firenze, Circolo Arci Progresso with Naresh Ran
20 aprile, Rimini, Supernova Festival
17 maggio, Catania, Teatro Coppola
19 luglio, Sant’Antioco, Inaudito Errante