Torna a nuova vita dopo decenni di degrado, il Museo Nazionale del Bargello grazie a un restauro totale durato 425 giorni del paramento lapideo esterno, una pelle di pietra forte molto delicata, friabile e sensibile agli agenti atmosferici che ha richiesto un intervento molto attento.
Per la prima volta in 156 anni si è intervenuti su tutto quello che era possibile raggiungere con i ponteggi percorrendo tutto il perimetro dell’edificio, 12 mila metri quadri di pietra, e dovendo superare anche problemi logistici relativi ai vari lockdown.
Giancarlo Lombardi direttore dei lavori ha dichiarato: “È stato un cantiere in tempo di Covid questo forse a chi non è addetto ai lavori può sembrare una cosa irrilevante invece per noi è stato molto rilevante perchè abbiamo dovuto riorganizzare una progressione operativa in base ai vari decreti. Vorrei precisare che tutto questo percorso è stato possibile con un eccezionale coordinamento tra le persone che lavoravano, una sinergia che non sempre si attua tra gli esecutori e chi dirige i lavori.”
In tutto sono stati 15 mesi di lavoro continuativo con una squadra di 24 tra restauratori e operai specializzati. Il restauro del palazzo fiorentino è partito nel 2020 dal cortile interno per proseguire poi all’esterno nell’estate del 2021, per ultima è stata lasciata la torre che presentava molti problemi di agibilità.
Giancarlo Lombardi direttore dei lavori ha detto: “L’intervento più difficile, che ha richiesto molta attenzione è stata la torre prima di tutto per la sua costituzione, poi abbiamo necessariamente dovuto programmare l’intervento in estate, perchè si lavora a 50-60 metri di altezza. Inoltre l’accesso alla torre non era agibile per un degrado degli accessi, quindi avevamo varie incognite. La abbiamo tenuta alla fine perchè era necessaria anche una gestione della parte economica, se si presentavano imprevisti dovevamo avere anche risorse per intervenire”.
Il restauro ha interessato anche particolari che magari non tutti notano ma che sono manufatti di pregio eccezionale: tutte le decorazioni, i merli, le mensole, gli stemmi policromi e le finestre messe in sicurezza grazie a un finanziamento del Ministero di un milione e 800 mila euro come il monumentale finestrone di Donatello alto più di 5 metri e con un’ampiezza per campata di quasi un metro e mezzo.
Paola D’Agostino direttrice dei Musei del Bargello ha dichiarato: “Chi è venuto a Firenze negli ultimi 15 mesi ha visto una camicia di forza che ha vestito l’edificio. È stato un intervento eccezionale perchè per la prima volta c’è stato un progetto di manutenzione unitaria con interventi straordinari che hanno interessati l’edifico esterno, il cortile e la torre con tante professionalità diverse che sono intervenute in momenti diversi.
È stato anche un lavoro di mappatura dell’edificio grazie al quale sono venuti fuori tanti dettagli inediti. Si è potuta ricostruire la presenza di diversi scalpellini e artigiani con cifre particolari nel repertorio ornamentale di ogni capitello. Sono venute fuori tracce di policromia, ed è stato raccolto tantissimo materiale per studi futuri da elaborare di uno dei più begli edifici di Firenze, un capolavoro dell’architettura mondiale.”
Storia del Palazzo del Bargello
Nel corso del Duecento, alla nascita del comune di Firenze, la città si dota di nuove figure politiche e luoghi di potere. È nel 1255 che inizia la costruzione del Palazzo. L’edificio è sede dei Podestà, i cui stemmi ancora ornano il cortile. Il palazzo è anche il luogo dove si giudicano i traditori del Comune, dove Dante nel 1302 viene condannato a morte e poi all’esilio. Il primo nucleo dell’edificio, che ingloba la torre Volognana, si evolve nel tempo.
Nel 1332 ci fu un gravissimo incendio e nel 1333 l’alluvione lo devastò, come riportato nelle cronache di Giovanni Villani. Subito dopo iniziarono restauri e nuove campagne decorative, anche sotto la supervisione di Giotto.
Una scala si dispone sul fianco ovest: costruita tra il 1347 e il 1365 è arricchita da un cinquecentesco cancello in ferro progettato da Giuliano da Sangallo. La scala porta al verone, impreziosito da volte con nervature. Bifore e monofore ornate da marmi si aprono sul cortile già alla metà del Trecento.
Nel 1574, con Cosimo I, l’edificio viene adibito a prigione e diventa la sede del Bargello, il capo della polizia. Gli ambienti vengono frazionati in celle, gli archi del cortile tamponati, gli affreschi imbiancati.
Si oscurano quelle sale testimoni di un passato glorioso, finché nel 1840 una nuova luce emerge dalla riscoperta degli affreschi della cappella della Maddalena, opera di Giotto e della sua bottega.
Il ritratto di Dante, affrescato tra gli eletti del Paradiso, diventa meta di studiosi, e decide il destino dell’edificio. Il palazzo torna così al suo antico splendore. Si abbattono le tamponature, si liberano gli affreschi, si ridecorano gli ambienti secondo il gusto neogotico. Con regio decreto del 22 giugno 1865, il Palazzo diveniva il primo Museo Nazionale italiano dedicato alle arti del Medioevo e del Rinascimento.