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Il cece, la veccia e gli altri legumi toscani da riscoprire: lo studio dell’Università di Pisa

Resistenti alla siccità e ai cambiamenti climatici, reitrodurli in agricoltura avrebbe effetti benefici: “Miglioramento della salute del suolo, aumento della biodiversità e riduzione di fertilizzanti sintetici”

veccia

La veccia e il cece sono dei legumi antichi, tipici della campagna toscana, ma poco conosciuti. L’Università di Pisa firma una ricerca che rimarca le loro virtù non solo per per la salute, ma anche per l’agricoltura e per l’ambiente: la loro coltivazione sarebbe infatti resistente ai cambiamenti climatici, alle condizioni avverse e garantirebbe la salute del suolo e la biodiversità. Un toccasana, dunque, la cui rintroduzione oggi rappresenta una sfida che l’ateneo porta avanti con Valereco, un nuovo progetto finanziato del programma Horizon Europe che riunisce 15 partner provenienti da 11 paesi.

“L’obiettivo principale – spiega il professore Daniele Antichi del dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e agro-ambientali dell’ateneo pisano – è di promuovere l’adozione delle leguminose in agricoltura, quantificando e valorizzando il loro valore ambientale ed economico”.

Coinvolgere gli agricoltori

Per promuovere questa coltura è necessario “coinvolgere agricoltori e consulenti agricoli – continua Antichi – e a questo scopo organizzeremo tre living lab insieme all’Università di Firenze e alla Scuola Superiore Sant’Anna”. Inserire le leguminose nei sistemi colturali offrirebbe infatti benefici significativi, “come il miglioramento della salute del suolo, l’aumento della biodiversità e la riduzione della necessità di fertilizzanti sintetici. Tuttavia, molti agricoltori tendono a sottovalutare o ignorare questi vantaggi a fronte di alcune difficoltà tecniche”.

Il progetto punterà su principali leguminose da granella (soia, pisello, ceci), cinque foraggi principali (veccia, trifoglio, trifoglio bianco, trifoglio violetto, erba medica), un foraggio secondario (sulla) e tre leguminose minori da granella (lupino, fava, lenticchia). Le prove in campo verranno realizzate nel  Centro Ricerche Agro-ambientali “Enrico Avanzi”.

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