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Il calamaio di Ledeltius, lo schiavo che conquistò la libertà: i tesori ritrovati negli scavi di Populonia

Nella grande domus aristocratica distrutta da un incendio riemergono reperti perfettamente conservati, che raccontano la vita quotidiana della Repubblica romana. Gli scavi, realizzati dall’Università di Siena in collaborazione con il Parco, sono visitabili per tutta l’estate: il 18 luglio presentazione al pubblico

Dagli scavi nel parco archeologico di Baratti Populonia, nella grande domus aristocratica distrutta da un incendio verso il 50 avanti Cristo, riemerge un calamaio in ceramica a vernice nera integro e firmato da chi lo usava: Ledeltius, lo schiavo che riuscì a riconquistare la libertà. Nel corso della campagna di scavo, che si concluderà il 19 luglio, è stato ritrovato anche un frammento di una bambola di ceramica di epoca romana. A darne notizia all’Ansa, Stefano Camporeale, docente del dipartimento di Scienze Classiche e Beni Culturali dell’Università di Siena e Marta Coccoluto, responsabile del Parco.

Ledeltius il liberto

Ledeltius fu uno schiavo che riconquistò la libertà, quindi un liberto. Fu uno scriba, quindi segretario, e un contabile di un personaggio politico di primo piano della Populonia di epoca romano-repubblicana.

Secondo gli archeologi fu probabilmente anche insegnante dei figli del padrone di casa, tra i quali c’era certamente la bambina a cui apparteneva la bambola. “Non sappiamo dove sia nato Ledeltius – dicono gli esperti – ma è molto probabile che sia passato dal grande mercato degli schiavi dell’Egeo, dove le persone cadute in schiavitù ricevevano un nuovo nome, greco, poi in qualche modo è arrivato in Italia e a Populonia, sempre in stato servile. Non abbiamo certezza che il nostro schiavo fu acquistato perché istruito e acculturato, ma è molto probabile, dato che una figura di contabile, nonché di maestro e precettore, era strettamente necessaria alla vita della casa, intesa come il luogo per l’esercizio del potere clientelare del suo proprietario”.

Diverse le ipotesi su chi fosse il proprietario della grande casa . “Potrebbe essere stato un magistrato – continuano i ricercatori – sicuramente il più importante di Populonia e anche tra i più eminenti dell’Etruria romana a giudicare dalla grande e lussuosa dimora dove risiedeva, dotata anche di una piccola terma privata”. Ancora non si sa con precisione quale fu la causa dell’incendio che ditrusse la casa, ma si sa che non fu più ricostruita e che il periodo coincideva con l’epoca delle guerre civili che caratterizzò il periodo finale della Repubblica romana.

I reperti

Dallo studio dei reperti si evince che la casa fu abbandonata in tutta fretta dal proprietario e dalla sua famiglia e, come accadde a Pompei o Ercolano, la vita si fermò improvvisamente lasciando le tracce di vita quotidiana quasi intatte. L’attività degli archeologi è concentrata ora nelle aree di servizio, dove si trovavano le cucine e le dispense e molti reperti sono conservati perfettamenti sotto la cenere.

Sono stati recuperati attrezzi per la cucina e il camino, porzioni di mobili come chiodi e cerniere, ceramiche per la tavola e per la dispensa, pezzi di giocattoli in terracotta, lampade in ceramica, pedine da gioco, chiavi e serrature, e tutto quello che era in uso in una casa. La parte più ricca della dimora, quella dove il padrone accoglieva i suoi ospiti, ha rivelato grandi stanze con pavimenti a mosaico, le terme private e le sale per il banchetto.

Lo scavo si trova lungo il percorso di visita del Parco, è aperto al pubblico e i reperti saranno mostrati in anteprima in occasione degli appuntamenti “Gli archeologi raccontano” in programma anche giovedì 18 luglio, alle ore 18 all’acropoli di Populonia. Il Parco, aperto tutti i giorni in luglio e agosto, è gestito dalla Parchi Val di Cornia grazie a un accordo di Valorizzazione fra Ministero della Cultura, Regione Toscana e Comune di Piombino.

 

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