Gli Uffizi di Firenze celebrano la giornata dell’amore, il prossimo 2 febbraio, proponendo ingressi a metà prezzo per le coppie, in due si pagherà un solo biglietto. Torna per la terza edizione l’iniziativa della Festa dei Doni, organizzato per l’anniversario delle fastose nozze celebrate il 31 gennaio nel 1503 tra Agnolo Doni e Maddalena Strozzi a Firenze, coloro che commissionarono a Michelangelo Buonarroti il Tondo Doni.
Gli Uffizi celebrano l’amore in ogni sua forma
Per ricordare la ricorrenza della loro unione, oltre allo ‘sconto coppie’, gli Uffizi hanno programmato anche una serie di iniziative online a tema “amoroso” dal 31 gennaio fino al giorno di San Valentino. L’amore sarà celebrato in ogni sua forma (carnale, coniugale, filiale, fraterno, eccetera) con liriche di poeti, scrittori, drammaturghi e artisti dall’antichità ad oggi: tra questi, Saffo, Ovidio, Tasso, Shakespeare, D’Annunzio, Emily Dickinson, Hermann Hesse, Walt Whitman, Alda Merini, Sylvia Plath, Baudelaire.
Chi erano i coniugi Doni
Agnolo Doni e Maddalena Strozzi ricchissimi collezionisti e mecenati fiorentini furono tra i protagonisti indiscussi del mercato dell’arte a cavallo tra ‘400 e ‘500: solo loro, oltre al Papa, ebbero la possibilità di commissionare opere sia di Raffaello che di Michelangelo.
In base a quanto testimoniato da Giorgio Vasari ne Le Vite le opere vennero commissionate a Raffaello dallo stesso Agnolo: “Dimorando adunque in Fiorenza, Agnolo Doni, il quale quanto era assegnato nell’altre cose, tanto spendeva volentieri – ma con più risparmio che poteva – nelle cose di pittura e di scultura, delle quali si dilettava molto, gli [a Raffaello] fece fare il ritratto di sé e della sua donna in quella maniera che si veggiono appresso Giovan Battista suo figliuolo nella casa che detto Agnolo edificò bella e comodissima in Firenze nel corso de’ Tintori, appresso al Canto degl’Alberti”. Sempre Agnolo commissionò a Michelangelo Buonarroti il tondo con la Sacra famiglia comunemente noto, appunto, come Tondo Doni.
Il sonetto d’amore di Raffaello
Amor, che m’envocasti con doi lumi
de doi beli occhi dov’io me strugo e (s)face,
da bianca neve e da rosa vivace,
da un bel parlar in donnessi costumi.
Tal che tanto ardo, ch(e) né mar né fiumi
spegnar potrian quel foco; ma non mi spiace,
poiché ’l mio ardor tanto di ben mi face,
ch’ardendo onior piud’arder me consu(mi).
Quanto fu dolce el giogo e la catena
de’ tuoi candidi braci al col mio vòl(ti)
che, sogliendomi, io sento mortal pen(a).