Proprio alcuni recenti fatti ci hanno ricordato come le sneakers sono un vero e proprio oggetto di culto con dietro importanti strategie di marketing. Un paio di scarpe però può racchiudere anche messaggi positivi ed essere simbolo dell’economia circolare, della lotta quotidiana ai cambiamenti climatici e al fast fashion. Questo è certamente l’obiettivo di ID.Eight sneakers dal design ricercato e allo stesso tempo sostenibili, made in Italy e vegane. ID.Eight, dove Id sta per identità, coerenza, visione chiara del mondo ed Eight come otto, il numero della circolarità e del ritorno, è una startup fiorentina fondata dalla product manager napoletana Giuliana Borzillo e lo stilista coreano Dong Seon Lee, duo creativo nella vita e nel lavoro. Ad alcuni mesi dal lancio, ripercorriamo con Giuliana Borzillo la nascita dell’idea alla base di questa startup e l’impatto che l’emergenza sanitaria sta avendo sul lavoro quotidiano.
Come nasce ID.Eight?
Io e mio marito lavoriamo nel mondo della moda e delle calzature ed entrambi eravamo un po’ provati dalle dinamiche sempre più veloci dove le collezioni diventano subito obsolete, dagli sprechi, dall’inquinamento di questo settore perchè tutti e due siamo molto sensibili al tema della sostenibilità e dei cambiamenti climatici. Abbiamo iniziato a parlare di questo sogno: di creare insieme un progetto di calzature sostenibili ma anche di design.
Che materiali avete scelto per realizzare le scarpe?
Volendo dare vita ad un progetto sostenibile non volevamo usare la pelle. Questo perché la pelle è un materiale molto inquinante sia per gli scarti e le acque reflue del processo di conciatura sia perché è un prodotto degli allevamenti intensivi, filiera riconosciuta come causa numero uno delle emissioni che stanno generando i cambiamenti climatici. Dall’altra parte non volevamo utilizzare solo dei poliuretani ovvero della plastica, andando così ad immettere nuove plastiche sul mercato provenienti dal petrolio. Abbiamo fatto una lunga ricerca e siamo arrivati alla risposta definitiva ovvero che volevamo utilizzare dei materiali di recupero in un’ottica di economia circolare. Quasi in automatico abbiamo trovato startup come la nostra che creano materiali tessili dagli scarti dell’industria alimentare: bucce di mele, foglie di ananas e raspi di uva. Questi vengono essiccati e trasformati in un biopolimero che viene spalmato su cotone organico, così diventano una sorta di pelle ma vegana. Questi materiali si vanno poi a mixare con altri di poliestere riciclato e cotone organico, tutto in un imballaggio di cartone riciclato e plastic free.
Oltre ad essere ecofriendly, le vostre sneakers sono anche belle
Sì, abbiamo deciso di premiare e di dare importanza anche alla parte di design ed estetica perché in questo modo il progetto diventa più inclusiva. Parlando chiaro, se una azienda produce una scarpa sostenibile ma un po’ in stile “frate indovino” si rivolge solo a quella nicchia di persone già molto sensibili al tema e che rinunciano anche serenamente alla parte estetica pur di avere un prodotto sostenibile. Noi vogliamo sensibilizzare più persone possibili su questo tema, per questo abbiamo realizzato un prodotto con un design bello, attuale e di tendenza ma comunque evergreen, unisex e che abbia un lato divertente e positivo.
Però non vi fermate qui, invitate anche la persona che ha acquistato un vostro paio di scarpe ad un gesto concreto per l’ambiente.
In ogni scatola abbiamo inserito una bomba di semi, una pallina di terra e semi di fiori ricoperta di argilla. Volevamo fare un gesto in linea con il nostro progetto, che contribuisse alla riforestazione del pianeta ma che contemporaneamente fosse concreto e responsabilizzasse il cliente. Per questo siamo andati oltre al semplice regalare un albero, gesto un po’ freddo e che non puoi seguire. Con la bomba di semi hai la responsabilità di piantarla, è un gesto che in qualche maniera responsabilizza i consumatori ed è una cosa che puoi vedere e seguire da vicino, perchè se la pianti in un vaso o in giardino puoi vedere quando sbocciano i fiori e la puoi curare quotidianamente.
In più le vostre scarpe sono etiche e made in Italy
Tutta la produzione è in Italia e quasi tutti i materiali che utilizziamo sono prodotti in Italia, tranne le foglie di ananas che sono fatte nelle Filippine. Questo perché in Italia la manodopera e tutto il ciclo produttivo sono più controllati e tutelati e c’è una chiara legislazione che tutela l’ambiente e il corretto smaltimento dei rifiuti.
Quanto è stato difficile creare una startup nel settore della moda sostenibile?
Difficilissimo, noi non siamo imprenditori e non ci siamo fatti finanziare o accelerare da nessuno. Ci siamo autofinanziamenti con un crowdfunding su Kickstarter e facciamo tutto noi, dalle spedizioni, alle stories su Instagram fino ai disegni, al controllo della produzione e alla scelta dei materiali. Abbiamo imparato tutto da zero e in diretta.
Nonostante le difficoltà avete avuto un riscontro positivo dalle persone
Non ci aspettavamo questo entusiasmo ed interesse, per noi è stata una sorpresa ma ci ha dato una grande spinta a continuare. In più, la cosa che ha premiato, è stato l’approccio trasparente che abbiamo dato al progetto. Ci abbiamo sempre messo la faccia, siamo presenti sui social network, ci mostriamo nel dipingere le scarpe per le personalizzazioni ma anche nelle riunioni o quando andiamo in fabbrica a seguire la produzione. Credo che questo abbia trasmesso l’idea di una realtà giovane, limpida, accessibile con cui andiamo anche a sdoganare l’idea della moda fatta da grandi aziende multinazionali e impersonali.
Che impatto ha avuto il Covid-19 sulla vostra realtà e sui progetti futuri?
Noi siamo nati già quando l’emergenza sanitaria era iniziata per questo non possiamo dire quanto ha impattato sui volumi delle vendite. È certo che ci ha rallentato come ha rallentato tutti. Tra i progetti futuri c’era certamente la volontà di realizzare nuovi modelli e creare una nostra suola personalizzata, oltre alla ricerca di nuovi materiali con biopolimeri. È tutto rimandato e intanto lavoriamo giorno per giorno.