Sabato 23 novembre saranno in concerto al Glue Alternative Concept Space di Firenze i Non voglio che Clara.
La band bellunese, nota per il suo stile raffinato e le atmosfere malinconiche, porta in scena i brani più amati dal disco “Dei Cani” di cui si celebrano i 15 anni, oltre a le nuove tracce dall’ultimo album MacKaye, acclamato dalla critica per la profondità dei testi e la ricercatezza musicale.
Una una serata tra indie, pop e cantautorato, per un concerto che promette di emozionare.
Ecco la nostra intervista al cantante Fabio De Min
Ciao Fabio quest’anno sono 15 anni dal disco “Dei Cani” uscito nel 2010, cosa ti ricordi del periodo in cui avete realizzato questo album?
In realtà è stato un periodo abbastanza caotico perché durante la realizzazione di quel disco abbiamo cambiato completamente la formazione. Quindi non fu divertente registrare quel disco. Però diciamo che uno dei motivi per cui siamo particolarmente legati a quel disco è il fatto che festeggiamo non solo i 15 anni del disco, ma i 15 anni della band. Con la formazione che nacque con quel gruppo stiamo andando avanti ancora oggi.
Quindici anni per una band sono tantissimi, qual è il segreto per durare così a lungo, avete trovato una vostra armonia?
Viviamo in città diverse, lavoriamo spesso a distanza, ci troviamo soltanto quando dobbiamo registrare o fare sessioni di prove in studio. Quindi credo che, come vale poi per le coppie, il fatto di stare distanti a volte aiuta. Poi dall’inizio la scrittura è diventata molto più corale, si lavora tutti insieme. È una bella sorpresa comunque, ogni volta che ci troviamo a suonare e vediamo che ci stiamo divertendo, perché come dici te 15 anni con la stessa formazione non è così scontato che i rapporti poi possano proseguire, in realtà si sono cementificati.
“Dei Cani” è un disco iconico nella musica italiana, ci sono canzoni come “La mareggiata del ’66” che sono dei classici. Sentite il peso del vostro ruolo oppure vi sentite liberi di fare quello che volete?
Ci sentiamo assolutamente liberi anche perché l’attenzione verso quel tipo di cose sia abbastanza bassa, questo fa sì che tu non abbia proprio gli occhi puntati addosso. Facciamo musica perché ci divertiamo a farla, ci fa star bene farla e ci piace farla, senza pensare ai risvolti o ipotetiche scene o ad appartenere a qualcosa. Credo che quanto meno entro i primi tre lavori ci fosse un certo interesse che abbiamo anche contribuito a creare, fare un certo tipo di musica che riprendeva qualcosa del passato. Secondo me non siamo mai stati un gruppo cantautorale, siamo stati più una band, nel concetto più anglosassone del termine. Credo che a partire dal disco successivo l’attenzione si sia focalizzata in Italia proprio sui cantautori e meno sulle band. Ricordo che “L’amore finchè dura” uscì in un periodo in cui c’era la riscoperta dei cantautori come Brunori, Colapesce, e lo spazio per le band iniziava a essere più ristretto.
Facciamo musica perché ci divertiamo a farla, ci fa star bene farla e ci piace farla
Il vostro ultimo disco “MacKaye” è del 2023, state lavorando a qualcosa di nuovo?
Sì, ci piacerebbe uscire nel 2025 con un disco nuovo, al momento non sembrano esserci ostacoli. Noi siamo abbastanza lenti nel produrre le cose, ultimamente ci siamo dati parecchio da fare tra dischi, ristampe, inediti e cose di questo tipo. Speriamo a riuscire a mantenere il trend proprio perché è un periodo che ci stiamo divertendo molto.
Sul palco del Glue a Firenze che scaletta proporrete?
L’idea è di riproporre “Dei Cani” nella sua interezza e poi lasciare spazio ad altre cose, probabilmente “MacKaye”.
Si fa musica per tanti motivi che possono cambiare nel corso della vita. Negli ultimi 20 anni com’è cambiato il tuo modo di fare musica o di vedere la musica?
Non ti nascondo che il processo compositivo diventa più faticoso con l’andare degli anni. Una cosa a cui un autore tiene è quella di non ripetersi, per cui diciamo che i paletti diventano sempre più stretti o l’asticella sempre un po’ più alta. Sicuramente cambia la visione, alcune cose adesso non le scriverei più. Ci sono dei pezzi su “Dei Cani” che non suonavamo da molto tempo, quando li riprendi in mano ti rendi conto che è una cosa che hai scritto 15 anni fa e che adesso non scriverei più. Però l’associo a quel periodo e a quei momenti, è quasi come se stessi facendo le cover dei tuoi brani. Sicuramente si matura e si cambia come persone quindi per forza vuoi esprimere cose diverse.