Tormentate vicende conservative, un lungo periodo di abbandono, erronei interventi di restauro e l’alluvione del ’66 hanno lasciato tracce indelebili sui modelli in gesso di Lorenzo Bartolini conservati nella Gipsoteca della Galleria dell’Accademia di Firenze.
Questo è quanto si è scoperto grazie a uno studio tecnico-scientifico che si è avvalso di sofisticate indagini diagnostiche, a cura della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Firenze e le province di Pistoia e Prato, in collaborazione con la Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana di Mendrisio.
Ma non solo questo. Dalle indagini, infatti, sono emerse anche l’estrema perizia e la grande varietà di soluzioni nell’assemblaggio di calchi e tasselli.
“Iniziata a gennaio 2024, questa ricerca è finalizzata a comprendere più dettagliatamente le modalità con cui lo scultore ha realizzato i suoi modelli in gesso – ha sottolineato Cecilie Hollberg, direttrice della Galleria dell’Accademia di Firenze – e a caratterizzare i materiali utilizzati nelle diverse fasi di lavorazione in modo da avere un quadro più chiaro e completo del suo processo creativo. Sono molto contenta di aver condiviso questo progetto, così innovativo e all’avanguardia con due partners come Sabap e Supsi, una collaborazione e uno scambio davvero importante che ci auguriamo di realizzare anche con altri musei internazionali.”
Le indagini diagnostiche
Il processo metodologico utilizzato ha seguito quello messo a punto nel progetto di ricerca sulla collezione di modelli dello scultore svizzero Vincenzo Vela (1820-1891) presso il Museo Vincenzo Vela di Ligornetto in Svizzera, che ha previsto inizialmente la raccolta di informazioni storiche e archivistiche, a cui sono seguite una serie di indagini diagnostiche non invasive.
Per prima cosa i tecnici hanno effettuato osservazioni visive sulla superficie dei modelli, cercando di individuare quei segni della lavorazione della materia che consentissero di capire le procedure utilizzate dallo scultore nella realizzazione del modellato e nelle tecniche di formatura.
Successivamente sono state fatte le indagini radiografiche, durante le ore notturne, per raccogliere informazioni sulla presenza di strutture di supporto lignee o metalliche e sulla forma e le dimensioni delle cavità interne.
Infine sono stati scansionati in 3D, quattro modelli in gesso e le corrispondenti opere in marmo. Dalla sovrapposizione delle scansioni è possibile verificare con millimetrica precisione il grado di finitezza del modello in relazione al marmo, potendo così valutare quali e quante differenze vi siano state nella trasposizione.
Tutte le informazioni raccolte sono determinanti per capire l’attuale stato di conservazione dei gessi, grazie a queste indagini l’eventuale movimentazione delle opere potrà essere svolta in modo più consapevole.
“La collezione della Gipsoteca – aggiunge Alberto Felici, funzionario restauratore della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Firenze e le province di Pistoia e Prato (Sabap) e curatore del progetto di ricerca – è molto vasta. Le indagini sono state condotte su una piccola ma rappresentativa selezione di modelli, scelta fatta insieme alla Direzione della Galleria dell’Accademia di Firenze. Si possono qui ricordare i monumenti sepolcrali a Leon Battista Alberti e a Vittorio Fossombroni, le cui opere in marmo sono conservate nella chiesa di Santa Croce. La speranza è che, nel tempo, possano essere estese a gran parte delle opere esposte. Sono stati individuati 10 modelli su cui le indagini sono state svolte in modo approfondito, mentre su un gruppo piu’ ampio di opere, circa una quindicina, la diagnostica si è limitata ad una investigazione piu’ circoscritta.”