Viene “dall’altra parte del mondo” e dal 2018 ha trovato casa a Firenze in piazza della Signoria. Colta e amante dell’arte al punto da sognare di vivere nella Primavera del Botticelli, Karime Lopez nata a Città del Messico, classe 1992 è l’executive chef di Gucci Osteria by Massimo Bottura insieme a Takahiko Kondo, ‘Taka’. I due, condividono menu e vita privata (hanno una figlia) e hanno dato la loro impronta cosmopolita al ristorante stellato all’ombra di Palazzo Vecchio.
Studi artistici alle spalle, esperienze professionali in alcuni dei migliori ristoranti del mondo tra cui il Central di Lima, in terra toscana Karime Lopez ha trovato la sua dimensione conquistando la prima stella Michelin nel 2020 e soprattutto mettendo su famiglia.
Come sei arrivata a Firenze? Eri già stata in città prima del progetto Gucci Osteria da Massimo Bottura?
Gucci Osteria ha aperto a inizio 2018 e io sono stata head chef del progetto dall’inizio. La prima e unica volta in cui c’ero stata era per vedere la mostra di Ai Weiwei a Palazzo Strozzi.
Hai un piatto tipico fiorentino preferito? Ci sono contaminazioni toscane nella tua cucina? E nel menu di Gucci Osteria?
L’ispirazione toscana nel menu viene principalmente dai prodotti che usiamo, di cui buona parte è dei produttori del nostro territorio, artigiani con cui ormai abbiamo costruito un rapporto stretto e di grande fiducia. Ma nel nostro menu ci sono anche veri e propri omaggi alla cucina fiorentina, come la nostra rivisitazione della pappa al pomodoro – il mio piatto fiorentino preferito! – o del lampredotto, un involtino farcito di baccalà chiamato “Quello di Piazza della Signoria”, chiamato così proprio perché quando chiedi a un fiorentino qual è il suo lampredotto preferito ti risponde sempre “Quello di via… , quello di piazza… “.
Si parla spesso di territorio come sinonimo di cucina identitaria. Cos’è per te questa parola? Che significato ha?
Per me territorio è comprendere quello che ci sta intorno, non solo i luoghi fisici ma anche le persone. La mia cucina è identitaria, rappresentativa del territorio in cui vivo, nella misura in cui l’ho conosciuto e vi ho creato delle connessioni significative.
Secondo te quale è il piatto che meglio rappresenta la cucina toscana/italiana nel mondo?
La pasta, in tutta la sua magnificente versatilità!
Il tuo piatto preferito? O il cibo che non può mancare mai nella tua cucina di casa?
Fagioli. In tutti i modi.
Gucci è un marchio che esprime di eleganza, ricerca, artigianalità e inclusività. Cosa provi nel lavorare per una maison di questo genere? E quanto pensi siano importanti i valori che esprime Gucci per cambiare la società?
Provo sicuramente un immenso senso di responsabilità! La nostra cucina condivide molti dei valori portati avanti da Gucci, come la cura, il rispetto e la valorizzazione dell’artigianalità italiana. E poi il menu cambia a ogni stagione, proprio come le collezioni nella moda! Inoltre nel nostro ristorante portiamo avanti lo stesso impegno alla parità di genere dell’azienda.
L’arte ha avuto un ruolo fondamentale nella tua formazione. Com’è avvenuto il passaggio al mondo della cucina?
Ero andata a Parigi per studiare scultura. Lì ho iniziato ad avvicinarmi al mondo della cucina – giravo per la città e vedevo tutte queste pasticcerie con in vetrina delle creazioni bellissime, incredibili… ho capito che forse potevo trovare un altro modo per esprimermi, che mi desse uguale soddisfazione dal punto di vista estetico.
Quale è il tuo rapporto con Firenze? Sei vittima anche tu della Sindrome di Stendhal? Qual è il monumento, la chiesa, l’opera d’arte o il museo che ami di più o che per te ha un significato speciale?
Come non essere vittima della Sindrome di Stendhal in questa città? Dovunque ti volti c’è dell’arte. La mia opera preferita è sicuramente La Primavera del Botticelli: io dentro quel quadro vorrei poterci entrare.
Pensi che Firenze sia una città cosmopolita o comunque abbia un approccio aperto nell’accogliere turisti da tutto il mondo?
Non proprio, no, ma in questo è simile alla maggior parte delle città italiane. Mi piace pensare che invece nella nostra cucina ci sia un grande senso di accoglienza per tutte le nazionalità e le culture.
Che ruolo ha avuto Massimo Bottura nel tuo percorso? E cosa ti hanno lasciato gli altri grandi chef con cui hai lavorato prima di lui?
Ho avuto la fortuna di lavorare con grandissimi chef. Ognuno di loro mi ha insegnato qualcosa, ma sicuramente Bottura è stato il mio maestro indiscusso, a cui devo tutto.
In Italia si parla molto di conciliare lavoro e famiglia. Cosa è cambiato per te, se è cambiato, dopo che sei diventata mamma? Pensi che l’esperienza della maternità abbia avuto un influsso positivo nella tua evoluzione personale e professionale?
Diventare madre mi ha reso una cuoca, e una persona, migliore. Mi organizzo meglio, perdo meno tempo e sono più diretta e decisa. Ho la fortuna di lavorare in un’azienda che mi permette di essere flessibile e raggiungere una sorta di equilibrio tra casa e lavoro.
Da un anno tu e Taka siete diventati co-executive chef di Gucci Osteria. Come si è evoluta la proposta del ristorante in questo arco di tempo?
Il nostro menu è improntato sul concetto di Nuove memorie: io e Taka proponiamo un percorso attraverso le memorie che abbiamo collezionato nei nostri viaggi e nelle nostre esperienze lavorative intorno al mondo. Uno sguardo sulla tradizione italiana leggero e cosmopolita.