Ci sono artisti che si collocano in uno spazio a metà tra la terra e il cielo, sono un diaframma tra la realtà tangibile e tutto il resto, ciò che esiste anche se è invisibile agli occhi.
Gabriele Gasparotti é un autore di musica elettroacustica composta con strumentazione analogica nato a Carrara.
Ha studiato composizione e musica elettronica al Conservatorio Verdi di Milano con Riccardo Sinigaglia e Giuseppe Gluliano e sintesi West Coast con Todd Barton, pioniere della musica elettronica americana.
Negli ultimi anni ha tenuto i suoi live in luoghi inusuali come cimiteri, l’ex base NATO sul Monte Giogo e in riva al mare o nei pressi di fiumi.
Il suo primo album solista Istantanee vol.1 è stato accolto entusiasmo dal pubblico, dalla critica e da artisti come Iggor Cavalera dei Sepultura, che lo ha definito tra i progetti più interessanti della sperimentazione elettronica contemporanea.
Il suo ultimo album “Tropismi”, uscito nel 2024 con l’etichetta americana Important Records (Alessandro Cortini – Nine Inch Nails, Caterina Barbieri, Kali Malone) e con Dio Drone, nasce dalla collaborazione con la violoncellista e sound designer Benedetta Dazzi ed è stato masterizzato da Rashad Becker (Sakamoto, Alva Noto, Kali Malone) al Clunk Studio di Berlino.
Sono in tutto dieci composizioni elettroniche ed elettroacustiche fortemente emozionali in cui il sintetizzatore, gli strumenti acustici e la manipolazione delle registrazioni sonore diventano mezzi per la ricerca di nuove timbriche e di nuovi orizzonti tonali capaci di trascinare l’ascoltatore fuori dallo spazio e dal tempo.
Ecco la nostra intervista a Gabriele Gasparotti
Ciao Gabriele, il tuo ultimo disco si basa su alcuni studi sonori che hai definito “Istantanee”, riflessioni sul tempo e in particolare sul presente che i greci definivano “Kairos”. Si può dire che però proprio l’impossibilità di fermare, bloccare il momento, senza interferenze esterne, ti ha mandato in crisi e ha dato vita a “Tropismi”?
Direi che più che una crisi, intesa nel suo significato etimologico di krisis — decisione —, è stato un processo naturale avvenuto con l’osservazione dello sviluppo delle idee musicali che durante le registrazioni sembravano proliferare andando verso un di più. Quando ho registrato Istantanee vol.1 capivo che per quanto volessi rimanere fedele all’idea musicale primigenia, questa si modificava nel momento in cui era filtrata dal mio sé al momento dell’esecuzione, a seconda del mio stato emotivo, di come il suono riverberava nella stanza, di come gli strumenti interagivano con la corrente elettrica e di come il suono che producevano risuonava in me. Questo mi ha portato a voler sviluppare dei pezzi che partendo da un’idea sarebbero poi stati riscritti e riregistrati, su cui avrei effettuato sovraincisioni e che avrei talvolta tagliato e incollato fra loro. Se Istantanee vol.1 era un disco sul tempo cairologico, questo è un disco sul tempo cronologico, sull’espansione: dalla prima frequenza che visualizzavo dentro di me o che veniva emessa dagli strumenti, da quel primo vagito, ho osservato proliferare la vita di questi embrioni sonori e li ho cresciuti. Questo processo mi ha ricordato la nascita dell’universo manifesto che sia la scienza che le religioni fanno risalire a una vibrazione, pensa ad esempio al Big Bang e all’ En archè en o lògos biblico.
questo è un disco sul tempo cronologico, sull’espansione: dalla prima frequenza che visualizzavo dentro di me o che veniva emessa dagli strumenti, da quel primo vagito, ho osservato proliferare la vita di questi embrioni sonori e li ho cresciuti
Ho letto che mentre componevi spesso camminavi registrando i suoni della tua città e scattando anche fotografie. Frammenti sonori e visivi che una volta riascoltati e sviluppati ti apparivano estranei, da cosa proviene questo sentimento di estraneità secondo te? Forse è la realtà stessa che quando cerchiamo di decifrarla, ci sfugge, come nella poesia Corrispondenze di Baudelaire, è una foresta di simboli indecifrabili…
In quel passaggio dell’opuscolo contenuto nell’LP di Tropismi mi riferisco al fatto che la Natura — per dirla con Baudelaire che citi e col quale mi trovi d’accordo su quell’affermazione— la Natura intesa come il vivo mutevole e le sue tropomodificazioni, vengono catturate dall’obiettivo e dal registratore e trasformata in un’altra cosa, in oggetto, rappresentazione e simbolo. In fotografia l’individuo è spogliato della sua umanità, dei suoi sentimenti, del suo vissuto, delle sue speranze, delle gioie e dei dolori, diventando così un simulacro, un elemento compositivo di un’immagine — un elemento di una geometria. In un’ immagine non sono importanti il vissuto o i movimenti interiori dell’uomo fotografato al suo interno ma la composizione, così le immagini che catturavo nella realtà che mi circondava diventavano su pellicola qualcosa di staccato dal reale. Allo stesso modo i suoni che registravo nelle strade, una volta riascoltati apparivano estranei al contesto in cui erano stati prodotti: erano istanti di tempo catturati e che potevano essere riascoltati ma le parole e i suoni che contenevano avevano perso la loro funzione di significato diventando significante.
La tua musica viene realizzata sin dal tuo primo disco in collaborazione con la violoncellista Benedetta Dazzi, come vi siete conosciuti e poi avete deciso di collaborare insieme? Benedetta interviene anche in fase compositiva o è solo esecutrice?
Con Benedetta ci conosciamo da circa venti anni, lei è anche un’affermata traduttrice letteraria, abbiamo iniziato a collaborare artisticamente in campo musicale, performativo e video negli ultimi sei anni, nel periodo in cui avevo iniziato a lavorare a Istantanee vol.1. In Tropismi il suo contributo è stato fondamentale alla stesura dei brani perché partivo sempre da un’idea che teneva presente il suo stile e gusto così che lei potesse muoversi agilmente e sviluppare la parte a suo estro donandoci i suoi colori, modificando la parte originale portandola verso un di più — un tropismo appunto. Inoltre ha partecipato alle sessioni di missaggio di vari brani. Quando il mare le fa oscillare nasce da una composizione che avevo scritto per lei intitolata Istantanea n.38 — di cui è contenuta la partitura nell’opuscolo interno all’LP — quando Benedetta ha interpretato il brano, ho chiuso gli occhi e nel buio in cui mi ero immerso il suono si trasformava in un’immagine in movimento: puntini luminosi opalescenti galleggiavano sull’acqua — capii che erano le stelle che riflesse sul mare ondeggiavano con lui.
So che utilizzi un sintetizzatore particolare il Buchla, come sei entrato in possesso di questo strumento e cos’ha di particolare rispetto ad altri sintetizzatori?
Il Buchla Music Easel è uno strumento che condensa in una valigetta le fondamenta della sintesi west cost. La prima versione fu prodotta in una quindicina di esemplari negli anni 70, poi Don Buchla riprese in mano il progetto e ne rilasciò una nuova versione a metà degli anni 10, il mio è uno di questi modelli, fui tra i primi ad acquistarne uno in Italia. È uno strumento elettronico imprevedibile e difficile da suonare ma ha timbriche e capacità ritmiche straordinarie a differenza di altri sintetizzatori. È straordinario perché come uno strumento acustico richiede di essere suonato in modo fisico e interattivo e suona diversamente sotto le mani di ogni musicista.
Ascoltando la tua musica mi chiedo se componi pensando all’effetto che la tua musica può produrre nello stato d’animo di chi si pone in ascolto, oppure questo aspetto non ti interessa?
Non penso mai all’ascoltatore quando compongo, perciò non mi preoccupo dell’emozione che può fargli scaturire, seguo l’idea e l’urgenza di svilupparla cercando ogni volta una nuova strada. Cerco piuttosto di renderla al meglio attraverso il mixaggio e il mastering così che l’ascoltatore possa coglierne tutti i dettagli o cerco di svilupparla in modo che lo strumentista che la realizzerà possa sentirsi a suo agio col pezzo e abbia la libertà di esprimersi, questo sì. Nel caso di Tropismi come ti dicevo prima, era importante che la musica risuonasse sia con me che con Benedetta.
far parte del tempo, di questo immenso imbroglio cosmico è per me un privilegio: la possibilità di sperimentare questa esistenza con i suoi dolori, le sue gioie, la possibilità di comunicare esprimendosi con i linguaggi, la capacità di comprendere e cambiare opinione, la capacità di amare e di ripetere il miracolo
Il tuo disco è anche una riflessione sul tempo, David Foster Wallace vedeva nel tempo un meccanismo che causa dolore, che spezza le persone in tutti i modi possibili. Qual è il tuo punto di vista?
Il tempo è solo tempo del non essere, dell’esistenza appunto: ex-istere cioè ex essere. Esistiamo in quanto separati dall’inesistente dio di cui siamo manifestazione, non per niente la parola tempo deriva proprio dalla radice greca e latina di separare. Il manifestarsi — la formazione dell’Io — è la caduta nel tempo, quello che il cristianesimo chiama peccato originale e individua come altre dottrine come causa del dolore dell’uomo. In Pie Jesu quando canto Domine Deus Libera Nos intendo proprio questo, di liberarci dal tempo e da tutte le illusioni in cui ci soggioga. Il punto di vista di Foster Wallace sembra molto simile a quello cristiano in cui il tempo è dolore e sofferenza e la liberazione arriva ricongiungendosi al Padre, con l’uscita dal tempo; credenti e atei sono convinti entrambi di conoscere la Verità, forse è questa la loro fonte di sofferenza. Personalmente far parte del tempo, di questo immenso imbroglio cosmico è per me un privilegio: la possibilità di sperimentare questa esistenza con i suoi dolori, le sue gioie, la possibilità di comunicare esprimendosi con i linguaggi, la capacità di comprendere e cambiare opinione, la capacità di amare e di ripetere il miracolo — di donare vita a ciò che ancora non è nel tempo e che solo la razza umana ha il privilegio di comprendere e di averne la consapevolezza. Immagina solo se fossimo nati animali, soggiogati dagli istinti o alberi incapaci di potersi spostare e comunicare, immagina se fossimo nati numeri…
In passato hai realizzato performance con live set in cimiteri, chiese, in una ex base Nato in Lunigiana e in riva al mare in una compenetrazione tra l’ambiente e i musicisti. Sono in programma altre performance in luoghi particolari per presentare il nuovo album? Pensi che un luogo abbia la capacità di restituire energie positive o negative?
Ho smesso di ragionare in termini di energie positive e negative, di certo ho incontrato luoghi dalle tonalità a me sconosciute che mi hanno dato sensazioni non piacevoli, aprendoci forse capiremmo che quello che di primo acchito sentiamo come negativo è solo qualcosa che non conosciamo e che chiede di andarci incontro. Sono gli esseri umani a fare i luoghi, ad avere il potere di donargli colore e portarci amore e positività. Alcuni giorni fa ho suonato sul letto del fiume Magra in un luogo dove negli anni sono stati compiuti molti crimini tra cui purtroppo due delitti, ma il concerto è stata un’esperienza estatica di gioia straordinaria sia per me che per il pubblico — luogo e luna piena nonostante. Con Benedetta suoneremo il 17 agosto nel tempio valdese a Biella per il Piedicavallo Festival.
I prossimi concerti di Gabriele Gasparotti:
17 agosto Piedicavallo Festival, Biella (BI)
29 agosto Parallelamente/ Festival della Mente, Sarzana (SP)