Don Danilo Cubattoli, noto come ‘don Cuba’, torna nella sua San Frediano, a Firenze, a 16 anni dalla morte. Al sacerdote, pilastro della chiesa fiorentina del ‘900 e decano dei cappellani delle carceri d’Italia, è stata infatti intitolata una strada del rione popolare dove ha vissuto e portato avanti il suo apostolato.
Alla cerimonia erano presenti, tra gli altri, l’assessore alla Toponomastica Maria Federica Giuliani, il presidente dell’associazione Don Cuba Franco Lucchesi, monsignor Vasco Giuliani e il presidente della Rondinella del Torrino Roberto Ciulli.
Il tratto tra piazza Verzaia e borgo San Frediano, in pratica la continuazione di via lungo le Mura di Santa Rosa, porterà il nome di don Danilo Cubattoli, morto a 84 anni la sera del 2 dicembre 2006.
Un ricordo a 100 anni dalla nascita
“Vogliamo celebrare il centenario della sua nascita – ha sottolineato Giuliani – don Cuba era un prete, ruvido e diretto, amico di barboni e carcerati ma anche dei grandi registi un personaggio di grande spessore, apprezzato da tutti, dalla gente più semplice fino ai teologi. Ha dedicato tutta la vita e la sua grande intelligenza alla sua vocazione“.
“Ringraziamo l’amministrazione comunale per aver accolto la nostra proposta, avanzata attraverso una raccolta firme due anni fa, di dedicare un angolo di Firenze a don Cuba – ha dichiarato Lucchesi – un luogo che porta il nome di don Danilo Cubattoli non poteva che essere in San Frediano“.
“Il Cuba, come veniva chiamato da tutti, è stato il prete del popolo, vicino ai poveri, ai carcerati, agli ultimi. Sempre pronto ad ascoltare ed aiutare chi aveva bisogno, fin da quando in Seminario ogni giorno raccoglieva il pane avanzato in refettorio. Lo distribuiva, con la complicità di due compagni, Renzo Rossi e Lorenzo Milani, ai ragazzi del rione che soffrivano in quel tempo la fame. Lo calava con un cestino dalla finestra della sua camera perché allora era vietato ai seminaristi incontrare i ragazzi del rione” ha concluso.
Quella messa sul Kilimangiaro
Don Danilo Cubattoli (1922-2006), nato nel Chianti a San Donato in Poggio, è stato motore di tante iniziative. Fioretta Mazzei e Ghita Vogel aiutò i giovani del rione e fondò una casa famiglia per avviare al lavoro i ragazzi ‘difficili’. Fu pioniere dei cineforum e li portò perfino nelle carceri delle Murate e di Santa Verdiana, inoltre, grande appassionato di sport e ciclista, era amico inseparabile di Gino Bartali, di Fiorenzo Magni e più tardi di Gastone Nencini.
Per trent’anni fu cappellano delle carceri, Murate, Santa Verdiana, Sollicciano. Memorabile fu nel 1954 il suo viaggio in Africa, fece 19.000 chilometri in moto per dire messa sul Kilimangiaro per i lavoratori di tutto il mondo.