Dall’abolizione della pena di morte al contrasto del linguaggio d’odio: il Consiglio regionale nel giorno in cui il Granduca Pietro Leopoldo firmò la riforma che porta il suo nome ha lanciato un messaggio, rivolto soprattutto ai giovani per ribadire che la Toscana è terra di diritti. “Non siate mai indifferenti. La Toscana ha scelto sempre di stare dalla parte giusta della storia, e noi dobbiamo continuare a fare lo stesso, portando con forza il tema dei diritti al centro della nostra azione. La Toscana vuole essere all’avanguardia anche nella lotta ai linguaggi d’odio“: così si è rivolto ai ragazzi il presidente del Consiglio regionale della Toscana Antonio Mazzeo, in occasione della seduta solenne del Consiglio per la Festa della Toscana, al cinema ‘La compagnia’ a Firenze.
Mazzeo, una sfida culturale per i giovani
Mazzeo ha spiegato che si tratta di “una sfida culturale, oggi è l’inizio, noi vogliamo andare nelle scuole, portare avanti questa battaglia culturale che non ha colori politici ed è di tutta l’assemblea legislativa. Lo vogliamo fare dicendo che la Toscana è una terra che non odia, è una terra che sui diritti vuole essere all’avanguardia, ed è una terra che guarda con speranza al futuro“. “Oggi non viviamo questo giorno come una ricorrenza – ha detto ancora – ma come un momento in cui guardiamo con speranza al futuro ed in cui tramandiamo i nostri valori alle generazioni più giovani“. “Oggi le violenze che vediamo a poche centinaia di km da noi, quello che sta accadendo sul confine fra Polonia e la Bielorussia, danno il senso dell’impegno che noi dobbiamo prenderci” ha concluso.
Giani e l’impegno contro la pena di morte
Nell’intervento conclusivo, il presidente della Regione Eugenio Giani, partendo dalla “identità della terra di Toscana”, ha voluto sottolineare come l’ordinamento della nostra Regione rispecchi 450 anni di storia, che “ci vede poi protagonisti, come primo stato al mondo, nella abolizione della pena di morte, della tortura e della confisca dei beni ai condannati”. A venti anni della legge istitutiva della Festa ha ribadito il messaggio che ogni 30 novembre viene lanciato al mondo, “dove sono più gli abitanti che vivono sotto la pena capitale rispetto agli altri”. Giani ha annunciato che invierà un messaggio al Governatore dell’Ohio, per incoraggiarlo sulla strada dell’abolizione della pena capitale.
“Il passo di civiltà di Pietro Leopoldo non riguarda solo l’abolizione della pena di morte – ha continuato il presidente – ma le tante riforme che caratterizzarono il suo operato: scuola, sanità, commercio, comuni; è grazie a lui se in Toscana, oggi, ci sono 273 comuni, a differenza di altre regioni, come la Lombardia, che a sostanziale parità di dimensione territoriale, ne conta circa 1500”. “Questo processo di riforme è un messaggio forte per il nostro tempo, è un monito a guardare avanti, nella consapevolezza della nostra storia – ha sottolineato – per un futuro di civiltà, guardando a quei sentimenti e a quei valori ben rappresentati dalla nostra bandiera, che oggi verrà consegnata ai Sindaci, come ha voluto il presidente e l’Ufficio di presidenza del Consiglio regionale”.
Giani ha poi concluso annunciato che “Il 21 dicembre, in Toscana, faremo la prima festa della Bandiera”.
La Segre contro hate speech e pena di morte
Atteso l’intervento della senatrice a vita Liliana Segre che ha rivolto un messaggio al Consiglio regionale: “La Festa della Toscana è un appuntamento importante. Ma soprattutto importante direi è il tema del vostro appuntamento, tracciare una linea dall’abolizione della pena di morte alla lotta ai linguaggi d’odio significa infatti porre nella giusta prospettiva, storica, giuridica e culturale un tema decisivo come quello dei diritti umani. La linea che va dall’abolizione della pena di morte agli hate speech è una linea lunga, ma dobbiamo tenere la mano ferma e continuare a tracciarla, se necessario all’infinito perché è la linea stessa della nostra libertà, della nostra civiltà, direi della nostra vita“.
“La Toscana vanta una grande tradizione in fatto di tutela dei diritti – ha aggiunto -, sia sul piano della elaborazione teorica e giuridica, sia delle pratiche dei suoi governanti più illuminati. Peraltro tutela non solo dei diritti civili e di libertà, ma anche dei diritti sociali, perché come stabilisce l’articolo 3 della nostra Costituzione solo se la Repubblica, cioè solo se ciascuno di noi, si impegna a ‘rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale’ che limitano ‘di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini’, solo allora si potrà avere il ‘pieno sviluppo della persona umana‘”.
Per Segre “il fenomeno hate speech implica tante cose, questioni sociali e culturali, investe il sistema dell’informazione e le politiche della formazione, la scuola soprattutto, ma poi l’università, direi la qualità stessa delle nostre relazioni interpersonali. Poi certo c’è il problema delle nuove tecnologie, dell’uso e abuso dei socia-media, del ricorso a sempre più sofisticati ed insidiosi algoritmi programmati per tutelare più gli interessi delle piattaforme“.
Amnesty, l’odio esploso in rete per colpa dei social
Il discorso d’odio “è esploso negli ultimi anni perché i social hanno permesso questo. I social sono strutturati per far proliferare il discorso d’odio. Se non riusciremo a costruire un sistema che trovi una soluzione all’utilizzo del discorso d’odio in qualsiasi ambito della società noi diventeremo incapaci di affrontare anche i problemi più semplici. Ci mancherà il linguaggio per farlo” ha commentato Emanuele Russo, presidente di Amnesty International Italia.
Russo ha parlato proprio del collegamento tra hate speech e il percorso per l’abolizione della pena di morte: “Così come la pena di morte è l’esempio di uno stato che nega i diritti umani nella sua essenza – ha spiegato -, così il proliferare incontrollato del discorso d’odio nelle nostre relazioni rappresenta un rischio mortale per la convivenza pacifica, armonica, per una vita condotta nel rispetto dei diritti umani“.
“È sempre più difficile – ha concluso – trovare una giustificazione per uno stato che decide di uccidere una persona, non importa quale sia il reato commesso. Amnesty dice che non si ha giustizia attraverso l’esecuzione della pena capitale: anzi, dire che una persona è stata giustiziata significa usare in modo improprio il termine giustizia“.
L’intervento di Gaetana Morgante della Scuola S. Anna
L’abolizione della pena di morte “è una scelta di civiltà che molti Stati devono compiere, la Toscana è stata una apripista importantissima” ha detto Gaetana Morgante, direttrice dell’Istituto Dirpolis della Scuola Sant’Anna di Pisa. “La scelta che venne fatta dalla Toscana – ha aggiunto – fu coraggiosa, ancora oggi i Paesi la mantengono convintamente ed è giusto che sia così“.
Al termine della seduta solenne, i sindaci in platea hanno mostrato le bandiere della Regione ricevute a inizio mattinata per poi sfilare insieme ai gonfaloni fino all’arengario di Palazzo Vecchio.