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“Fendevo l’aria” la storia di emancipazione di Albertina Castellazzi vince il Premio Pieve 2024

Domenica 15 settembre nel corso della manifestazione conclusiva il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani ha consegnato il Premio Città del diario al regista Giorgio Diritti. Menzione speciale a “Ricordi di un nomade” di Giovanni Stefanolo

Premio Pieve 2024

Domenica 15 settembre si è tenuta a Pieve Santo Stefano la cerimonia di premiazione, condotta da Guido Barbieri, della 40esima edizione del Premio Pieve Saverio Tutino.

La vincitrice per l’edizione 2024 è Albertina Castellazzi con il diario “Fendevo l’aria 1937-1972”, ha ritirato il premio la figlia Irene Rubin.

Nel corso della manifestazione  il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani ha consegnato il Premio Città del diario al regista Giorgio Diritti.

Il governatore della Toscana ha dichiarato: “Sono onorato di aver partecipato alla 40esima edizione del Premio Pieve Saverio Tutino a Pieve Santo Stefano. Un’importante celebrazione della memoria e della testimonianza, che da quarant’anni ci ricorda l’importanza di custodire le storie delle nostre comunità. Pieve Santo Stefano si conferma ancora una volta ‘Città del Diario’, un luogo dove la memoria collettiva e personale diventa patrimonio culturale inestimabile”.

Eugenio Giani premia il regista Giorgio Diritti

Fendevo l’aria di Albertina Castellazzi: una storia di emancipazione

Nata a Milano nel 1937, la vita di Albertina Castellazzi inizia in salita. Nel 1941, quando ha solo quattro anni, muore la madre e Albertina resta con il padre e tre sorelle a far fronte al difficile periodo della Seconda guerra mondiale. Il padre è un sottufficiale e non può occuparsi da solo delle figlie, che vengono così mandate in collegio, dalle Orsoline a Modena e poi a Ligorzano, in uno stabile che dovranno condividere con gli occupanti tedeschi.

Albertina racconta la guerra civile con uno stile assolutamente personale, di una precisione chirurgica, fatto di flash fulminei e dettagli ad alta definizione. Memorabile la pagina che descrive senza eufemismi l’uccisione degli zii dopo l’armistizio perché ritenuti collaboratori dei nazisti.

La fine della guerra vede il ritorno delle figlie in una Milano dove mancava la luce, il cibo, la stoffa per i vestiti, ma è anche una città alle soglie di una grandissima trasformazione.

In questa straordinaria memoria, che ha lo stesso passo di un romanzo di formazione, lo sguardo di Albertina sul padre è di particolare interesse. Lui è volitivo, perentorio, un uomo forte che impone regole ferree ma non riesce a tenere unita la famiglia, che piano piano si sgretola. La sorella maggiore, Elisabetta, scappa, mentre Piera, malata di depressione, si suicida nel 1956.

Albertina, che soffre di episodi di epilessia, stenta negli studi e sembra destinata a un ruolo marginale, a lasciare la scuola per custodire la casa. Ma a quella gabbia si ribella: ama leggere e scrivere, e anche grazie alla forza che trae dall’amore per i libri, lotta per ottenere un diploma magistrale per insegnare alla materna.

Questo impiego sarà il primo passo di un’emancipazione che passa anche per la morte del padre, nel 1958, e che tesse un legame strettissimo con la sorella che le rimane accanto. “Cominciammo così la nostra vita di donne libere, io avevo 21 anni, Anna 24.”

Albertina Castellazzi

Menzione speciale a “Ricordi di un nomade” di Giovanni Stefanolo

La giuria ha deciso di assegnare una menzione speciale a un’altra autobiografia, Ricordi di un nomade, di Giovanni Stefanolo (San Marzano Oliveto, Asti, 1880-1940), il racconto picaresco di una vita sempre in movimento.

Primogenito di quattro figli, sembra portato allo studio e il padre decide di mandarlo in collegio ad Asti. Ma Giovanni è un personaggio a metà tra Pinocchio e Giamburrasca e naturalmente non riesce a stare alle regole di disciplina del collegio.

Dalla prima fuga, inizia un movimento continuo tra luoghi e lavori che lo porterà a fare il calzolaio, il pasticcere, il muratore, il cameriere, il contabile, l’ufficiale dell’esercito, l’imprenditore. Da Asti si sposta a Nizza, poi in Argentina e in Brasile, in un vortice di tentativi, spesso fallimentari, di trovare un impiego soddisfacente e redditizio.

Intanto si sposa, ha due figli, risponde alla chiamata della Patria quando scoppia la Prima guerra mondiale. Ma riesce a tornare anche dalle trincee per ricominciare quella “vita battagliata” che racconta con tanta vivezza.

I finalisti del Premio Pieve 2024
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