Il 9 maggio 1978 il corpo di Aldo Moro assassinato dalle Brigate Rosse fu ritrovato nel portabagagli di una Renault rossa parcheggiata a Roma in via Caetani.
Furono 55 i giorni del sequestro Moro, una vicenda ancora oggi con molti punti poco chiari che tenne l’Italia con il fiato sospeso.
A distanza di quasi 50 da questo evento doloroso l’attore Fabrizio Gifuni evoca il corpo di Aldo Moro, uno spettro che ancora oggi occupa il palcoscenico della nostra storia di ombre.
Debutta al Teatro della Pergola dal 18 al 23 gennaio, lo spettacolo “Con il vostro irridente silenzio. Studio sulle lettere dalla prigionia e sul memoriale di Aldo Moro”.
Lo spettacolo si basa sul volume filologicamente aggiornato nel 2019 del carteggio dell’allora presidente della Democrazia Cristiana, barbaramente assassinato.
Aldo Moro durante la prigionia parla, ricorda, scrive, risponde, interroga, confessa, accusa, si congeda. Moltiplica le parole sulla carta, appunta a mano, su fogli di block-notes forniti dai suoi carcerieri: lettere scritte e recapitate e lettere censurate dai brigatisti, si rivolge ai familiari, agli amici, ai colleghi di partito, ai rappresentanti delle istituzioni; annota brevi disposizioni testamentarie.
E insieme alle lettere, nella sua prigione del popolo, compone un lungo testo politico, storico, personale: il cosiddetto Memoriale, con le risposte e le considerazioni alle domande poste dai rapitori.
Le lettere e il memoriale sono le ultime parole di Moro e raccontano tutti i 55 giorni della sua terribile prigionia. Si tratta di un fiume di parole inarrestabile, che si cercò subito di arginare, silenziare, mistificare, irridere.
Ma attorno a queste carte regna ancora un silenzio assordante. Soltanto alcuni storici non smettono di studiarle; insieme a loro pochi giornalisti e alcuni appassionati del caso Moro hanno cercato lì dentro la filigrana della più grande crisi della Repubblica.