Dalle poltrone di velluto rosso del Teatro Verdi di Firenze la vita sembra così chiara e a certi tratti lampante. Alessandro Siani arriva sul palco in una sala piena fino all’ultimo ordine dei palchi e subito scende in mezzo alla gente, come un convinto trascinatore di speranza in un mondo con troppa omologazione e misero di fascino.
Incalza il pubblico che per la data in Toscana arriva da ogni parte d’Italia: c’è chi è partito da Formia, chi dalla Basilicata, chi ancora da Caserta o dalla Puglia. C’è un’Italia che si è incamminata per arrivare fino in teatro in una piovosa domenica di marzo e già questo testimonia il fatto che c’è una fame che va sanata di arte, di cultura, di un’esistenza da vivere nella sua interezza, nei colori e nelle sfumature. Una vita che va oltre lo schermo dello smartphone.
“Spegnete i cellulari e accendete la vita”, dice il comico. E per un’ora e mezzo l’unica luce in sala è quella dei riflettori. Finalmente direbbe qualcuno.E Siani ha voglia di farla riscoprire quella voglia di vita, quel desiderio di uscire, alzare lo sguardo, ridere delle cose che ci fanno arrabbiare. Ridere anche di noi stessi, affabulati da meravigliosi venditori di fumo di generi “indispensabili” per vivere.
Il telefono, (ormai prolungamento del nostro corpo) gli integratori (per ogni bene e ogni male), la perfezione (da ricercare ad ogni costo e oltre ogni limite). Una vita che corre (o scorre) verso la ricerca della praticità della tecnologia, della velocità delle connessioni, del benessere da comprare in farmacia o di quella bellezza da ricercare nello studio di un chirurgo estetico.
Ma chi siamo noi oltre questo? Cosa siamo diventati? Siani per raccontarcelo ci porta in un esilarante salto indietro nel tempo, in quegli anni Settanta e Ottanta che sembrano ormai lontanissime ere geologiche eppure così piene di vita, di aneddoti e anche di certezze che nemmeno sapevamo di avere.
Siani invita a cercare il mondo passeggiando per strada, in un teatro, infilandosi curiosi nella sala di un cinema
Il comico napoletano esorta il suo pubblico a riprendersi in mano la vita, a uscire, a cercare le emozioni, l’amore, le persone, fuori da casa. E ci rappresenta sul divano, con il telecomando in mano, indecisi su cosa scegliere tra miliardi di titoli di film presenti sulle piattaforme. E ci invita a cercare il mondo passeggiando per strada, entrando in un teatro, infilandosi curiosi nella sala di un cinema.
La ricerca di quella perfezione estetica così nemica della bellezza
Alessandro Siani rappresenta con lucida analisi i comportamenti della società, quelli in cui – in fondo – si ritrovano tutti. Ma ecco che quei comportamenti disegnati a pennello dal comico, scorrono adesso così chiari davanti agli occhi. Come la ricerca di quella perfezione estetica che è così nemica della bellezza, del senso più alto di questa parola che rappresenta prima di tutto personalità, fascino, identità, unicità.
Bellezza che è carisma, impeto travolgente, autostima. Anche con la pelle imperfetta, le rughe, la cellulite, il tempo che segna l’esteriore, in fondo il cambiamento fa parte di noi. Evolviamo dentro, mutiamo negli anni che passano. E il nostro aspetto esteriore segue quella linea mai piatta, assorbe ciò che abbiamo vissuto e sentito. Ci rappresenta.
Al Verdi un inno alla libertà di essere se stessi
Al Verdi si ride e si riflette in un’ora e mezzo di spettacolo che diventa un inno alla libertà di essere se stessi. Grazie ad Alessandro Siani per aver fatto brillare una bellezza che non si vende e non si compra ma che va piuttosto risvegliata dentro l’animo di ognuno di noi. La libertà di opporsi ai modelli, all’omologazione, la libertà di scegliere e di scegliersi. Come in una sera di marzo quando oltre mille e duecento persone hanno deciso di spegnere il cellulare e accendere la vita dentro un teatro, nel cuore di una città, in una domenica nella quale l’arte, ancora una volta, è diventata una meravigliosa e sorprendente ancora di salvezza.