Sabato 3 dicembre al Viper Theatre di Firenze in concomitanza con la finale del Rock Contest si esibirà una delle voci più straordinarie del panorama musicale italiano.
Stiamo parlando della giovanissima Emma Nolde che con soli due dischi (Toccaterra e Dormi) ha già sconvolto i nostri cuori e i critici musicali.
“Dormi” realizzato con il sostegno di Italia Music Lab, arriva a due anni di distanza da “Toccaterra”, acclamato dalla critica e finalista al Premio Tenco nella sezione Opera Prima, ed è stato anticipato dai singoli “Respiro” e “La stessa parte della luna”, entrambi co-prodotti dal cantautore Francesco Motta, che ha lavorato con Emma alla produzione di tutto il disco.
Il debutto di Emma Nolde, classe 2000, è stato acclamato dalla critica come uno degli esordi più sorprendenti ed importanti.
La scorsa estate Emma è tornata in tour che ha fatto tutto esaurito con uno nuovo spettacolo, con dei brani inediti e nuovi arrangiamenti.
Ecco la nostra intervista a Emma Nolde
Ciao Emma! Del tuo nuovo disco mi ha colpito molto la title track “Dormi”, in un mondo in cui ci viene chiesto di essere sempre più performativi tu canti “Dormi, non vale la pena restare svegli”, qual è il messaggio che volevi mandare?
Nel momento in cui l’ho scritta, aprile 2020, vivevamo tutti un momento particolarissimo. Per me era un invito a non stare male, un modo per dire: okay ora è tutto difficile non si può che dormire ma non come inibizione, come “posto sicuro”, come un luogo per immaginarsi qualcosa di diverso rispetto a quello che eravamo costretti a vivere in quel momento. Spero che abbia senso anche in altre occasioni non necessariamente così estreme. Io non mi sento assolutamente ‘performativa’, mi sento molto lenta in quello che faccio, in un momento storico in cui le canzoni vengono scritte in un giorno, io non sono così, a volte ci metto mesi per un solo pezzo.
Questa tua riflessione è evidente anche in un altro pezzo “Voci stonate”. Mi sembri molto consapevole del tuo “essere diversa” dagli altri e del fatto che va bene così e va rispettato
Nel caso di Voci stonate mi sento anche parte di qualcosa, nel senso che i miei amici e le persone che mi stanno vicine si sentono tutti un po’ “diversi”. A volte sentirsi diversi è bellissimo, ma non sempre, dipende dai contesti in cui vivi. Io ho raggiunto questa consapevolezza in alcuni casi, in altri no, è un lavoro che devi fare quotidianamente su te stesso. Quando hai persone accanto che ti dicono che vai bene così diventa più semplice essere spontaneo e naturalmente quello che sei.
Le tue canzoni sono come lettere che scrivi a qualcuno. In alcuni casi è facile capire a chi come nel caso della canzone scritta per tua sorella “Te ne sei andata per ballare”, in altri mi sono chiesta spesso che è questo “Tu” a cui ti rivolgi
Sia in questo disco che nell’altro c’è sempre un ‘Tu’ chiaro. L’unico pezzo in cui non c’è è “Storia di un bacio” una canzone in cui non mi stavo riferendo a nessuno in particolare nella mia testa. In tutti gli altri pezzi c’è un ‘Tu’ ben preciso, anzi fino ad ora questi due dischi mi sono serviti molto per parlare a questo ‘Tu’ che è rimasto lo stesso da Toccaterra a Dormi.
Non lo sveliamo?
No, non lo voglio svelare mai, perchè non importa a nessuno. Oltre a questo la cosa che mi piace tantissimo è quando ascoltando una canzone una persona sente che parla di se stessa. L’unica cosa che voglio è che chi ascolta pensi a se stesso. Quando ascoltiamo qualcosa che ci emoziona è perchè sentiamo che ci appartiene e vorrei che fosse così anche per i miei pezzi.
Per scrivere una canzone a volte ne scrivo cinque. Sono lenta. Quando una cosa davvero la voglio dire io porto rispetto a quella cosa così cerco il modo migliore per dirla
Ai miei occhi te e Motta siete molto simili, come vi siete conosciuti? Come avete deciso di collaborare?
Ci siamo conosciuti nel 2018 perchè io aprivo un suo concerto al festival Beat di Empoli. Lui mi disse che aveva ascoltato i provini di Toccaterra, che un giorno ci saremo rincontrati e che doveva continuare a scrivere e così è stato. Ci siamo conosciuti bene solo dopo che avevo iniziato a lavorare a Dormi. Sono andata a Roma e abbiamo deciso di lavorare insieme perchè io e lui abbiamo tantissime cose in comune effettivamente. Ti sembrerà buffo ma Francesco è toscano come me, e io sento che viene da un posto che è fatto delle stesse cose di cui è fatto il posto da cui vengo io. Abbiamo un approccio molto simile nel vivere.
Prosegue anche la collaborazione con la coreografa Marta Maestrelli con cui realizzi bellissimi video da Berlino a Voci stonate, in cui dimostri di essere anche una grande performer, mi incuriosisce questo lato di te
Si Marta Maestrelli è mia sorella, è bello collaborare con lei perchè mi fido totalmente di lei. Io vedo sempre una linea che collega la musica al ballo, per quanto io non sappia ballare. Ma se devo immaginarmi un video, mi immagino sempre dei movimenti. Mi sento sempre molto me stessa in quello che dico quindi mi piace più che recitarlo essere la faccia delle mie frasi.
Come nascono le tue canzoni?
In realtà è totalmente casuale, la notte forse è il momento in cui scrivo meno. La mia urgenza è capire di cosa voglio parlare, di cosa ho bisogno di parlare. A volte viene tutto spontaneo, altre invece devo scavarmi dentro e scrivere come sto, cosa sto vivendo. Anche solo rileggendo capisco che ho tantissimo da dire. Per me parte tutto da lì. In un momento storico in cui esce così tanta musica per me non avverrebbe senso fare in un altro modo. O ho qualcosa da dire o sennò non penso ne valga la pena. Poi il mio obiettivo è dirlo nel miglior modo possibile sia testualmente che musicalmente, quindi inizia un processo che a volte dura anche tre mesi in cui butto idee. Per scrivere una canzone a volte ne scrivo cinque. Sono lenta. Quando una cosa davvero la voglio dire io porto rispetto a quella cosa così cerco il modo migliore per dirla.
Il 3 dicembre sarai in concerto al Viper Theatre in occasione del Rock Contest un concorso da cui anche te sei passata, tante cose da allora sono cambiate. Ti senti cambiata?
Mi sembra che non sia cambiato niente e che sia cambiato tutto come dice Cristina Donà. Diciamo che tutto è più o meno uguale, alla fine non c’è stato né nella mia vita personale che nella mia vita professionale un momento che potrei definire spartiacque. Per adesso per fortuna mi sento in ascesa, va tutto bene. Però mi sento ancora attaccata a quella che ero. Le persone con cui lavoro sono le stesse. Mi sembra semplicemente che ero più “adolescente”, adesso ho 22 anni e questo mi mette nella condizione di pensarmi più adulta. Sono diventata grande mi sento più responsabile di quello che faccio e tutto quello che faccio ha un peso diverso.
Quando intervisto giovani musicisti si parla spesso di quanto il “successo” sia diverso dalla qualità. Il tuo mi sembra un caso eclatante perchè per me il tuo disco è un piccolo capolavoro e ti auguro tutto il successo possibile, ma non per forza accadrà
Quello che dici ha molto senso, spesso una cosa di qualità non è automaticamente una cosa di successo. Tolto il fatto che non saprei dire di chi è la colpa perchè il successo lo decidono le persone che poi siamo noi, forse ci sono poche persone che hanno la pazienza da ascoltare, ma questa è una vecchia storia. Quello che mi sento di dire a parte il fatto che no, non me ne frega un gran che, è che purtroppo si parla molto poco di musica nell’ambiente discografico. La cosa di cui mi sono accorta lavorando è che la musica, le canzoni sono l’ultima cosa di cui si parla. Non si ascolta più la musica. Anzi è più facile che si apprezzino canzoni qualitativamente molto alte e difficili di persone con cui non si lavora rispetto a quelle con cui si ha a che fare. Mettendo la punta del piede in questo ambiente, incolpo sempre di meno chi prende strade che non vanno dietro la musica, perchè purtroppo tutto quello che ti sta intorno non parla di musica, se se ne parlasse un po’ di più tutto sarebbe diverso.