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Emanuela Ligarò da Pisa a Il Cairo per insegnare musica elettronica alle studentesse egiziane

Emanuela Ligarò è stata contattata dall’Università Americana al Cairo per partecipare al Festival “She Arts” che riunisce contributi artistici di artiste donne provenienti da ogni parte del mondo

Emanuela Ligarò è una musicista elettronica di base a Pisa, conosciuta per il suo progetto Gold Mass. Laureata in fisica si occupa di acustica nel reparto ricerca e sviluppo di una multinazionale tedesca.

Nasce come musicista classica ma poi si innamora della musica elettronica e da questo colpo di fulmine è nato “Transitions” il suo disco di debutto prodotto da Paul Savage che ha lavorato con artisti del calibro di Mogwai, Arab Strap, Franz Ferdinand, Delgados. Mentre il suo ultimo disco “Flare” è uscito nel 2024.

A fine settembre 2024 Ligarò è stata invitata dall’Università Americana de Il Cairo per partecipare a un festival che si chiama She Arts in cui si esibiscono artiste da tutto il mondo. È un festival che cerca contribuiti femminili da diverse nazioni, inoltre l’organizzazione è gestita principalmente da donne nei ruoli apicali.

Oltre ai live a Emanuela Ligarò è stato anche chiesto di tenere un corso per insegnare produzione elettronica ad alcune giovani studentesse, un’occasione unica che l’ha messa in contatto con una realtà completamente diversa da quella italiana.

“Mi hanno contattata per uno show nel cuore de Il Cairo e un’altra data al Jesuit Cultural Center di Alessandria. – ci ha raccontato Emanuela – Mi hanno anche chiesto di tenere un corso per le studentesse egiziane di produzione di musica elettronica nei tre giorni precedenti. Per me è stata un’esperienza bellissima e difficile perché ogni studentessa aveva un livello diverso di competenze e andava seguita.

È stata veramente un’esperienza emozionante perché alla fine mi sono resa conto che potevo dare una mano ad altre persone, ed essere per loro un punto di riferimento che si mantiene nel tempo anche dopo che il corso è finito. È una cosa che a me è mancata, io ho sempre avuto riferimenti maschili nel mio percorso di formazione nella musica elettronica. Pensare di farlo in un paese come l’Egitto che ha delle contraddizioni forti, nel tentativo di evolvere ed essere al passo con i tempi, conciliando una tradizione culturale che sulla condizione della donna è molto restrittiva, credo che abbia un valore molto più grande. Durante il corso ci siamo spesso emozionate, il saluto finale è stato un momento commovente per tutte.”

Che cosa hai insegnato a queste studentesse?

Ho insegnato produzione elettronica partendo dalle basi: come si sviluppa una linea di basso, sintesi sonora, tecniche di layer e manipolazione del suono, costruzione e stesura di un pezzo. La cosa che capita spesso è di bloccarsi, ci sono delle tecniche per non rimanere bloccate. Ognuna alla fine è stata in grado di produrre una sua composizione, un’idea. Avere chiari in testa gli strumenti per svilupparla è già tanto per un corso di tre giorni.

Hai percepito che le ragazze a cui insegnavi avessero un’estrazione sociale alta? Godono di una condizione di privilegio?

Io penso proprio di sì, me ne sono accorta per il fatto che ho vissuto una settimana intera a Il Cairo con un’ottica non da turista. Avevo tutti i giorni pieni di lavoro, ho vissuto nel quartiere vicino all’università che è un sunto schietto della cultura egiziana. Nell’università l’ambiente era diverso, le ragazze erano vestite all’occidentale e possedevano un laptop. Appena mettevo il naso fuori mi rendevo conto della disparità della società, come accade in tantissime grandi città nel mondo. Le grandi metropoli sono un’occasione per vedere la forbice sociale senza filtri. Il Cairo è la città più grande dell’Africa, ma ho visto situazioni di povertà piuttosto evidenti, è una società che vive dei contrasti forti.

ho capito che i popoli si parlano al di là di quello che decidono i loro governi

C’è qualcosa che ti ha stupito in questo viaggio, che non ti saresti aspettata?

Mi ha stupito tantissimo l’accoglienza della gente. Non avevo nessuna idea di cosa potevo aspettarmi, perché era la mia prima volta in Africa. Sono state persone affettuose con me, siamo ancora in contatto, ci scriviamo. Il concerto de Il Cairo è stato molto bello, c’è stata una piccola folla con cui ho dovuto parlare alla fine, ho abbracciato non so quanti sconosciuti, c’erano tantissime donne. Anche per questo mi viene da sottolineare che alla fine il corso era aperto a tutti ma le persone che lo hanno potuto raggiungere erano sicuramente upper class, venivano cioè da famiglie benestanti. I concerti però erano gratuiti e lì la presenza è stata massiccia. Ad Alessandria la sala era sold out e non so quante persone sono rimaste fuori ad aspettare, è stato veramente qualcosa che in Italia non tutte le città ti riservano. Sono persone che non avevano nessuna idea di me e del mio progetto prima di vedermi sul palco. Mi ha stupito tanto questo.

Sicuramente c’era tanto curiosità per un tipo di musica che magari in Egitto non arriva così spesso

Devo dire che esistono club techno in Egitto. Ma in realtà neanche in Italia ci sono tante donne che fanno musica techno proprio a livello di produzione, da sole.

Qual è il ricordo più bello che ti porterai a casa da questo viaggio?

Sono giorni tesi in Medio Oriente, io sono molto vicina alla causa palestinese, ho un’amica palestinese che al momento è tra gli sfollati in Libano, a Beirut. Uno dei miei pezzi “There should be sky above you” ha un video nel quale ho voluto inserire alcune immagini filmate direttamente dai cellulari dei palestinesi sotto le bombe. Mentre preparavo il live non ero sicura di inserirlo, perché come si dice “walls have ears” cioè le mura hanno orecchie. L’Egitto è militarizzato, ci sono telecamere ovunque, militari spesso in borghese. L’Egitto non è un paese ostile alla causa palestinese, anzi, però il governo è qualcosa di diverso rispetto alla popolazione. Si pone come interlocutore, moderatore, cerca di mantenere il suo ruolo neutrale.  Non sapevo quale sarebbe potuta essere la reazione del pubblico nei confronti di questo video,.

Quando poi è arrivato il giorno dell’esibizione ho deciso di farlo, perché non posso modificare il mio pensiero a seconda di dove mi esibisco. Con questo grande dubbio ho cominciato a suonare e quando sono arrivata a questo pezzo in sala c’è stato un boato. Si sono alzati tutti in piedi e molte delle persone che sono venute a parlarmi dopo il live mi hanno ringraziata e mi hanno detto che non si aspettavano che un artista europeo forse così esplicitamente a favore della causa, perché vedono che i governi europei non agiscono politicamente. È stato commovente, ho capito che i popoli si parlano al di là di quello che decidono i loro governi, è stato bellissimo.

Cairo She Arts Festival

 

 

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