Un diario collettivo di come questo 2020 segnato dalla pandemia di Covid-19 ha colpito l’Italia che lavora, di come l’emergenza sanitaria ha stravolto l’economia e le vite di moltissimi italiani, che ora devono rialzarsi e spesso reinventarsi da zero. È questo il cuore del nuovo libro di Edoardo Nesi “Economia sentimentale”, appena uscito per La Nave di Teseo, dove l’autore pratese raccoglie le voci e le testimonianze di imprenditori, liberi professionisti e disoccupati, tutti alle prese con le macerie lasciate dalla pandemia e la paura del virus.
Dieci anni dopo “Storie della mia gente”, in cui raccontava l’impatto della globalizzazione sulla sua azienda familiare e sull’intera manifattura italiana, Nesi torna così a tracciare un affresco sfaccettato di un complicato momento storico.
Il tuo libro è come un diario personale e allo stesso tempo collettivo di quello che abbiamo vissuto in questi mesi, come nasce l’idea di scriverlo?
È nata durante il lockdown proprio dall’impossibilità di raccontare il lockdown, che era continuamente ogni giorno narrato da tutti noi, dalla televisione, da Internet. Ho capito che per me era importante raccontarne le conseguenze economiche, concentrarmi su quello che sarebbe successo dopo, quando le persone sarebbero di nuovo uscite di casa e rientrate in un mondo che era cambiato. Per far questo ci voleva l’umiltà di andare a chiederlo in giro, senza avere idee preconcette. Oggi ci sono tante Italie diverse da raccontare, i destini si sono separati, quindi ho pensato di cercare le persone che mi sembravano portatrici di storie più interessanti, dall’economista Enrico Giovannini al mio amico Magelli che fa i tessuti a Prato, fino a Elisa Martelli che fa il vino sempre in toscana o Luciano Cimmino, imprenditore dell’intimo.
Un libro fatto di interviste, che mette insieme tante voci diverse, imprenditori, freelance, ma anche il tuo macellaio, che quadro dell’Italia ne viene fuori?
Viene fuori un quadro molto frammentato, non possiamo più parlare come facevano prima di Italia come una comunità economica unica, ci sono aziende che vanno male e altre che vanno bene, aziende che hanno continuato a lavorare durante il lockdown e altre che hanno chiuso e sono in difficoltà, c’è un’asimmetria nel futuro dell’Italia.
Nell’intervista all’economista Enrico Giovannini emerge la possibilità della sostenibilità come nuove motore di uno sviluppo economico, è forse l’unico possibile oggi?
Credo di sì, è anche l’unico in grado di suscitare un po’ di entusiasmo ed energia, che sono necessarie per aprire e condurre le imprese. L’idea che il mondo debba essere un po’ ripulito fa molta presa sui giovani e da dovere da compiere per forza può diventare qualcosa che è giusto fare e che potrebbe portare alla ripresa economica. La riconversione di tutto quello che oggi inquina in Italia ad esempio non può essere delocalizzata, va fatta qui e questo è già il primo vantaggio, senza contare le tecnologie nuove, che propongono modelli migliori, dal riscaldamento degli ambienti alle automobili: si può fare tantissimo, c’è tanto da guadagnare per le persone e tanto benessere per il paese.
Al centro di questo libro c’è anche tuo padre: che idea di economia ti ha insegnato?
Lui mi ha insegnato tutto. Quando si entra in un’azienda a Prato si devono capire un sacco di cose, non è come ti hanno spiegato a scuola. Dal fatto che la fornitura possa essere fatta da tante piccole aziende ai dipendenti, che vogliono e devono guadagnare anche loro. Ma soprattutto mi ha insegnato che è importante che ci siano guadagni su tutta la filiera, altrimenti se guadagna uno solo non va bene.