Arriva da Pisa un sistema innovativo per recuperare i suoli inquinati. Si chiama RoboNova ed è in grado di mettere in salvo gli ‘eroi’ sopravvissuti nel terreno dopo una devastante contaminazione o un forte degrado, farli riprodurre in laboratorio e poi rimetterli sotto terra.
Un sistema che può servire non solo a ricostituire un suolo danneggiato ma anche a rinforzare i terreni nella lotta contro il dissesto o a ridare vitalità fertile alle coltivazioni, in particolare ai vigneti.
RoboNova è la scoperta messa a punto da una start up innovativa tutta italiana, DNDBiotech, che l’ha presentata oggi a Pisa nel corso di un evento dal titolo ‘Il mondo ha bisogno di terra sana’, nell’ambito dell’ottava edizione della European Biotech Week 2020. La nuova tecnologia rientra nel progetto BioResNova co-finanziato dalla Fondazione Pisa e che ha il supporto scientifico del Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa.
RoboNova in campo per salvare i terreni contaminati
In Italia l’emergenza suolo parla di una cementificazione che è avanzata lo scorso anno di altri 57 km2, al ritmo di 2 metri quadrati al secondo, di terreni contaminati e di perdita di fertilità. Ed è lotta contro il tempo per salvare le terre ma anche i sedimenti marini, contro il dissesto e la perdita dei campi per l’agricoltura.
Attualmente i Siti di Interesse Nazionale (SIN) di bonifica interessano circa 1300 km quadrati di aree marine, lagunari e lacustri e circa 1600 km quadrati di aree terrestri.
I Sin sono in tutte le regioni italiane, tranne il Molise. Fra i più noti ci sono la Val Basento in Basilicata, Gela in Sicilia, Crotone in Calabria, Bagnoli in Campania, il fiume Sacco in Lazio, Porto Torres in Sardegna, Terni in Umbria, Porto Marghera in Veneto. Ma secondo dati Ispra dello scorso anno, le bonifiche sono solo su un quarto dei grandi siti inquinati.
Un quadro allarmante dove si inseriscono le biotecnologie al posto di tecniche chimiche e troppo invasive.
Un drone terrestre che salva i microrganismi viventi
I ricercatori con RoboNova hanno così messo a punto una sorta di ‘drone terrestre‘ che può operare in laboratorio o direttamente nei siti da trattare. Il sistema individua i microrganismi viventi ancora presenti nel sito contaminato e li isola. La resistenza e la vitalità di questi organismi nei confronti degli agenti inquinanti rappresentano la naturale capacità di sopravvivenza di quel suolo attraverso le sue stesse risorse.
“Il sistema è utilizzabile su siti industriali a terra ma anche a mare sui sedimenti, in aree commerciali, sulle discariche, in ambito agricolo per il ripristino soprattutto della sostanza organica” spiega l’amministratore delegato della start up DNDBiotech, Cosimo Maria Masini.
Le biotecnologie lavorano in tal senso anche per il riutilizzo degli scarti dei vigneti o agricoli a livello di riciclo, considerando che, secondo dati Coldiretti, la perdita in Italia della terra coltivata è di oltre 1/4 (-28%).