Che sia una discarica o un termovalorizzatore, il coro dei no si solleva a gran voce, ancora peggio quando si parla di rifiuti radioattivi e di individuare un luogo idoneo dove stoccarli. Ed è questa la situazione attuale in cui ci troviamo dopo che il 5 gennaio la Sogin, società pubblica incaricata del decommissioning degli impianti nucleari e della messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi, ha pubblicato l’elenco delle aree d’Italia idonee, di cui due anche in Toscana (Trequanda e Campagnatico) a ospitare il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, che dovrà essere costruito per rispondere ad un problema che si trascina da anni. Per capire meglio di cosa si tratta e quali sono le opportunità e i rischi per la salute abbiamo intervistato Massimo Della Schiava, geologo specializzato in attività di bonifica ed analisi di rischio ambientale e borsista di ricerca presso il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Firenze.
Che cos’è il deposito nazionale?
Il Deposito Nazionale sarà una infrastruttura che verrà adibita a deposito definitivo unico per i rifiuti radioattivi prodotti in Italia. Occuperà un’area di 150 ettari adibita sia al deposito dei rifiuti radioattivi a bassa e molto bassa attività (come le sostante utilizzate per le TAC e le radiografie), che allo stoccaggio temporaneo di rifiuti radioattivi a media ed alta attività mentre una parte ospiterà un centro di ricerca sullo smantellamento e gestione di questi tipi di rifiuti.
Quanti e dove sono i rifiuti radioattivi nel nostro Paese?
Attualmente in Italia ci sono circa 50000 metri cubi di rifiuti radioattivi da molto bassa a alta attività. Sono tutti stoccati in siti non idonei e quindi NON in sicurezza. In particolare: è stato calcolato che attualmente i rifiuti radioattivi a molto bassa e bassa attività sono pari a circa 33000 mc e nei prossimi 40 anni ne è prevista una produzione di circa 45000 mc per un totale di circa 78000 mc che dovranno essere sistemati definitivamente nel Deposito nazionale. I restanti 17000 a media ed alta intensità sono stoccati all’interno di una struttura sempre temporanea e denominata Complesso Stoccaggio Alta attività (CSA). In totale, si prevede che nel Deposito Nazionale vengano gestiti circa 95000 metri cubi di rifiuti radioattivi.
Quali vantaggi porterà il deposito nazionale?
Il Deposito Nazionale, a differenza delle strutture di stoccaggio attuali, garantirà un isolamento dall’ambiente circostante per un periodo di circa 350 anni, il periodo massimo per il decadimento della radioattività dei rifiuti a molto bassa e bassa attività a un livello tale da non essere più un rischio per la salute dell’uomo e per l’ambiente. Questo sarà possibile grazie a 4 barriere ingegneristiche: la prima rappresentata dai “manufatti”, contenitori metallici cilindrici con all’interno i rifiuti radioattivi (condizionati ed in forma solida), la seconda barriera fatta dai “moduli” grandi contenitori cilindrici in calcestruzzo con una resistenza superiore a 350 anni all’interno dei quali saranno cementati i manufatti. Gli spazi tra i moduli saranno riempiti con materiale inerte (come sabbia o ghiaia). La terza composta dalle “celle di deposito”, struttura scatolare parzialmente interrata sempre in calcestruzzo armato. La quarta e ultima barriera è una copertura multistrato per impedire l’ingresso di acqua nel deposito, drenare le acque piovane, isolare i rifiuti dall’ambiente e migliorare l’impatto visivo della struttura.
Quali rischi ci sono per la popolazione?
Premesso che il rischio “zero” non esiste, dobbiamo fare alcune considerazioni: il sito del Deposito Nazionale verrà scelto sulla base di 28 criteri: 15 Criteri di Esclusione, allo scopo di escludere le aree le cui caratteristiche non rispondo ai requisiti di sicurezza, 13 Criteri di Approfondimento, ovvero una volta applicati i criteri di esclusione, per verificare che le aree rispondono ancora ai criteri di sicurezza, vengono valutati ulteriori 13 parametri. Il Deposito Nazionale è poi un deposito passivo e non prevede attività produttive. Non c’è quindi il rischio di incendi o esplosioni, e di emissioni in atmosfera.
Considerando tutto questo a dispetto dell’esposizione della popolazione, la vulnerabilità, intesa come persone o infrastrutture che possono essere danneggiate in seguito ad un evento, viene drasticamente ridotta in quanto l’ubicazione del deposito nazionale sarà in aree relativamente sicure; la tipologia costruttiva dell’infrastruttura è adeguata allo scopo protettivo e per la durata necessaria al completo decadimento dei rifiuti nucleari a molto bassa e bassa attività.
Per la Toscana sono state inserite nella lista Trequanda in provincia di Siena e Campagnatico, in provincia di Grosseto. Che criteri sono alla base di questa scelta? Molte delle proteste che si sono sollevate dopo la pubblicazione della lista è che non è stato tenuto conto che la Val d’Orcia è patrimonio Unesco e che la provincia di Grosseto ha importanti attività di allevamento e agricoltura, è corretto?
Attualmente è stata redatta solamente la Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee a ospitare il Deposito Nazionale e Parco Tecnologico (CNAPI), e le aree “potenzialmente idonee” della Toscana sono state scelte sulla base dei 28 criteri citati. Relativamente al fatto che la Val d’Orcia è patrimonio Unesco e che la provincia di Grosseto ha importanti attività di allevamento e agricoltura, ricordo che dal 5 gennaio è partita la consultazione popolare e dei territori interessati che quindi potranno fare le osservazioni del caso, che potranno essere recepite con la prossima fase del Seminario Nazionale
Nella lista le due località hanno come ordine di idoneità A2, non hanno ricevuto il punteggio massimo, che probabilità ci sono che possa essere scelta una delle due località toscane individuate nell’elenco da Sogin?
Le aree potenzialmente idonee della Toscana hanno ricevuto un buon punteggio per la localizzazione del Deposito Nazionale ma decisamente meno interessanti di quelle in Provincia di Torino (n.2), in Provincia di Alessandria (n.5) e in Provincia di Viterbo (n.5). Comunque è ancora presto e ricordo che sono aree solo potenzialmente idonee, il percorso è ancora lungo e dobbiamo attendere la consultazione popolare e dei territori con le varie Amministrazioni con la Carta Nazionale delle Aree Idonee (CNAI) che verrà prodotta dopo la fase del Seminario Nazionale.
A Pisa è presente un deposito temporaneo per i rifiuti radioattivi. Qui sono ospitati gli stessi rifiuti che andranno nel deposito nazionale?
I rifiuti radioattivi stoccati nel sito militare di San Pietro a Grado (PI) sono a molto bassa e bassa attività e a media attività e provengono dalle attività del CISAM (Centro Interforze Studi per le Applicazioni Militari), tra le quali quelle del Reattore Nucleare RTS-1 “Galileo Galilei”, ed è previsto che vengano trasferiti nel Deposito Nazionale quando questo entrerà in funzione. Questi rifiuti risultano attualmente, secondo la cartografia del Autorità di Bacino del Fiume Arno, in un’area a rischio idraulico (anche se basso) e un eventuale alluvione assieme ad un deterioramento delle strutture (ricordo che sono progettate e realizzate per una vita di 50 anni) potrebbe veicolare la radioattività nelle matrici ambientali sottostanti (suolo, sottosuolo e falda acquifera) contaminandole e, arrivando al mare, comprometterebbe la catena alimentare umana su un’area molto vasta.
La storia del deposito nazionale è lunga e lenta, che tempistiche ci sono per la scelta del luogo più idoneo e la realizzazione del deposito nazionale? Dopo la pubblicazione della lista, quali saranno i prossimi step? I cittadini possono partecipare a questo procedimento?
La Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee a ospitare il Deposito Nazionale e Parco Tecnologico (CNAPI) è stata sviluppata nel 2015 da SOGIN con il supporto di vari atenei universitari e centri di ricerca. Questa cartografia è stata poi secretata e solo il 30 dicembre 2020 SOGIN ha ricevuto l’autorizzazione dal Governo Italiano alla pubblicazione, che è avvenuta il 5 gennaio 2020 con il sito www.depositonazionale.it.
Relativamente alle tempistiche attualmente è prevista una prima fase di consultazione popolare dove le Amministrazioni Comunali e Regionali, i cittadini potranno e soprattutto dovranno esercitare il loro diritto democratico di porre osservazioni alla cartografia CNAPI. Successivamente verrà avviato il Seminario Nazionale dove saranno valutati/recepiti i risultati della consultazione pubblica successivamente verrà redatta la Carta Nazionale delle Aree Idonee (CNAI). Una volta redatta la cartografia definitiva CNAI verranno valutate eventuali manifestazioni di interesse da parte delle varie Amministrazioni Comunali per la costruzione del Deposito Nazionale sul proprio territorio. In caso di assenza di manifestazioni di interesse, la scelta sarà effettuata d’imperio da parte del Ministero delle Infrastrutture e dello Sviluppo Economico (MISE). Scelto il sito, partirà la progettazione definitiva e poi esecutiva del Deposito Nazionale ed infine passare alla cantierizzazione ed alla realizzazione del Deposito. La tempistica sono 5 anni per arrivare alla scelta del sito e 4 anni per la realizzazione, pertanto serviranno 9 anni per arrivare alla messa in esercizio dell’impianto. Questa durerà 40 anni, il deposito sarà poi ricoperto ed inizierà il monitoraggio per 300 anni (ovvero il tempo di decadimento radioattivo dei rifiuti fino alla loro innocuità per la salute e l’ambiente). Una volta terminato in monitoraggio i rifiuti saranno completamente inerti e l’area potrà essere utilizzata per altri scopi.
C’è la possibilità che venga ulteriormente rimandata la sua costruzione? Che conseguenze, soprattutto per le nuove generazioni, ci potrebbero essere?
Personalmente, da tecnico, da cittadino e da padre spero che la costruzione non sia ulteriormente rimandata, un eventuale rinvio sarà una scelta prettamente politica, dettata più da una sindrome NIMBY (Not In My Back Yard – Non nel mio giardino) che per una valutazione oggettiva. Il Deposito Nazionale per i rifiuti radioattivi a molto bassa e bassa attività è necessario e deve essere costruito sul nostro territorio nazionale come prevede la normativa europea e nazionale. Tutti i paesi europei ne sono dotati o se ne stanno dotando. Un rinvio della sua costruzione, avrebbe un impatto disastroso per le prossime generazioni perché, oltre ai rifiuti radioattivi che già abbiamo, ne produrremo ulteriori 45mila metri cubi e le strutture dove attualmente sono stoccati non sono idonee perché vetuste e ubicate in aree in assenza di valutazione di rischio geomorfologico, idraulico o sismico.