Martedì 27 dicembre il Festival d’Autunno del Maggio Musicale Fiorentino inaugurerà il rinnovato palcoscenico della Sala Grande del Teatro con il capolavoro di Giuseppe Verdi: il Don Carlo, nella versione italiana in 4 atti che vide la luce alla Scala il 10 gennaio 1884.
Sul podio, alla testa del Coro e dell’Orchestra del Maggio il direttore principale Daniele Gatti, al suo secondo appuntamento lirico dopo le recite del Barbiere di Siviglia dello scorso settembre, la regia è di Roberto Andò.
L’opera verdiana è la quarta basata su un soggetto di Friedrich Schiller dopo i successi di Giovanna d’Arco, I masnadieri e Luisa Miller, con il libretto scritto da François-Joseph Méry e Camille du Locle e tradotto poi in italiano da Achille de Lauzières e Angelo Zanardini.
“Siamo orgogliosi di poter presentare al pubblico un Teatro che si avvia al definitivo completamento” ha dichiarato il sindaco di Firenze Dario Nardella “la nostra grande Sala Lirica cambia e si rinnova con una veste tecnologica avveniristica e lo spettacolo è impressionante: sarà come avere un moltiplicatore di palcoscenici, quinte, effetti, dimensioni che cambieranno considerevolmente qualità e quantità delle opere rappresentate.”
Continuano, prima di ogni recita, le presentazioni al pubblico degli spettacoli tenute da Katiuscia Manetta, Maddalena Bonechi e Marco Cosci: le guide si tengono nel Foyer della Sala Zubin Mehta e nel Foyer di Galleria della Sala Grande 45 minuti circa prima l’inizio della spettacolo.
Per la recita di domenica 8 gennaio, alle ore 15, continua l’iniziativa “Crescendo: teatro in gioco, giocare in teatro”: i grandi assistono all’opera mentre i bambini sono accolti in una grande sala prove del teatro e sono intrattenuti da educatori fino alla fine della recita con giochi, musiche e storie legate all’opera in programma.
Altre quattro sono le recite previste in cartellone: il 30 dicembre, il 3 e 5 gennaio 2023 alle ore 19 e l’8 gennaio 2023 alle ore 15:30.
Gli interpreti
In scena ci sarà una sfolgorante compagnia di canto formata da Francesco Meli come l’infante di Spagna Don Carlo che ama senza speranza Elisabetta di Valois, interpretata da Eleonora Buratto, Mikhail Petrenko nel ruolo del sovrano “severo e terribile” Filippo II.
Il ruolo di Rodrigo, Marchese di Posa amico prediletto di Carlo, è interpretato da Roman Burdenko e da Massimo Cavalletti (nella recita dell’8 gennaio), Ekaterina Semenchuck interpreta la gelosa e impetuosa Principessa Eboli, Alexander Vinogradov è Il Grande Inquisitore.
Evgeny Stavinsky è Un Monaco, Nikoletta Hertsak e Aleksandra Meteleva (nelle recite del 5 e 8 gennaio) interpretano il paggio di Elisabetta Tebaldo; Joseph Dahdah nel doppio ruolo de Il Conte di Lerma/Un araldo reale; Benedetta Torre è Una voce dal cielo, mentre un gruppo nutrito di artisti ed ex artisti dell’Accademia del Maggio interpreta i Deputati fiamminghi: Matteo Mancini, Volodymyr Morosov, Matteo Torcaso, Eduardo Martínez Flores, Davide Piva, William Hernandez, Lodovico Filippo Ravizza e Roman Lyulkin.
Il sovrintendente del Maggio Alexander Pereira ha espresso la sua soddisfazione: “La Sala Grande del nostro Teatro diventa finalmente un luogo fra i più attrezzati ed efficienti al mondo. Sono particolarmente fiero che ciò avvenga con la proposta di Don Carlo, quello che per me è uno dei massimi capolavori verdiani, diretto dal nostro direttore principale Daniele Gatti per la regia di un uomo di teatro e di cinema apprezzatissimo come Roberto Andò, e con un meraviglioso cast di interpreti fra i migliori artisti della scena internazionale. Il nuovo palcoscenico consentirà, con la sua tecnologia d’avanguardia, di mettere in scena spettacoli d’opera assai complessi con risultati artistici al livello della grande tradizione del Maggio; il Teatro diventa così non solo un vero ‘Parco della musica’, ma contribuisce a rendere Firenze la Città del Festival.”
Il maestro Daniele Gatti ha dichiarato: “Torno a dirigere il Don Carlo dopo 14 anni, dopo lo spettacolo del 7 dicembre 2008 alla Scala: è un’opera che ho sempre amato nel profondo, ricca di contrasti drammaturgici fra ciò che è il concetto di potere e ciò che è l’aspetto più intimo dei personaggi. Tornare su una partitura simile dopo anni, mi ha affascinato. Ho la fortuna di averlo potuto fare insieme a un cast decisamente sensibile, dotato di una grande capacità di condividere un’idea o un percorso drammaturgico e musicale.
Leggere quest’opera facendo capire che chi gestisce il potere è anche colui che è permeato da questa solitudine abissale è davvero uno dei motivi per cui so che un’opera come il Don Carlo non si smette mai di scoprirla
Chi conosce il mio approccio alla direzione sa che non amo forzare vocalmente gli artisti con cui lavoro, cercando così di sfruttare al meglio i ‘colori’ delle loro voci e, con gli spazi notevoli della Sala Grande, temevo di non poter sfruttare queste esigenze drammaturgiche. Poi ho pensato che questo potesse essere idealmente spunto quasi per una ‘collaborazione’ fra noi e il pubblico, che può spingersi in avanti sulle poltroncine, venendoci ‘letteralmente incontro’ per poter godere di queste mille sfumature vocali che caratterizzano la costruzione musicale dell’opera. Un modo, questo, per poter ricreare quell’intimità che sussiste fra palcoscenico e platea”.
Il maestro Gatti si è concentrato poi sul personaggio di Filippo II, uno dei cardini dell’opera: “A livello narrativo una grande attenzione è stata data a Filippo II, la cui figura è stata letteralmente ‘scarnificata’, anche dalla sua forza esteriore: dentro, nel suo cuore, c’è solo un mare di malinconica solitudine. Forse il personaggio che più cambia e si trasforma nel corso narrativo dell’opera. Leggere quest’opera facendo capire che chi gestisce il potere è anche colui che è permeato da questa solitudine abissale è davvero uno dei motivi per cui so che un’opera come il Don Carlo non si smette mai di scoprirla e non smette mai di insegnare. Splendido inoltre è stato lavorare con Roberto Andò per la prima volta: è un partner ideale, grande sintonia durante le prove.”
Il Don Carlo di Giuseppe Verdi
Don Carlo, versione italiana del Don Carlos, è la quarta e ultima opera di Verdi su soggetto schilleriano. La fonte del libretto, scritto a quattro mani da François-Joseph Méry e Camille Du Locle, era Don Carlos, Infant von Spanien, una tragedia in cinque atti di Friedrich Schiller ispirata a fatti storici accaduti in Spagna a metà Cinquecento.
Tema dell’opera è lo scontro tra un sistema politico oppressivo e l’aspirazione alla libertà individuale, nonché il contrasto padre-figlio, che corre sul doppio binario della sfera politica e di quella privata.
Articolato inizialmente in cinque atti, con balli e scene di massa grandiose, in linea con le esigenze spettacolari del tempio della lirica francese, Don Carlos non ottenne il successo sperato e l’autore, insoddisfatto, decise di rimettervi mano qualche anno dopo per una ripresa al Teatro alla Scala il 10 gennaio 1884.
In tale occasione Verdi ridusse gli atti da cinque a quattro – eliminando tutto il primo atto ad eccezione dell’aria del protagonista “Io la vidi e il suo sorriso”- e tagliò i ballabili.
La critica italiana, tuttavia, tacciò l’opera di ‘wagnerismo’ per l’importanza assunta dall’orchestra e per la scrittura flessibile e fluida adottata da Verdi in cui è sempre meno netta la scansione tra numeri chiusi.