Venerdì 22 settembre alla Palazzina Reale di Firenze, nell’ambito di Fabbrica Europa, arriva in concerto Daniela Pes, al suo debutto con il disco “Spira”.
Daniela Pes è una musicista e cantautrice sarda, classe 1992, che fin dall’inizio del suo percorso traccia la sua strada con forte autodeterminazione.
È una creatrice nel senso più profondo del termine, canta in una lingua che è stata lei ad inventare, padroneggia la musica e gli strumenti fin da piccolissima.
La sua voce e la sua musica sfuggono alle classificazioni e ai contenitori predeterminati, il suo è un talento naturale e multiforme.
Ad aprile è uscito il suo primo album “Spira”, prodotto da Iosonouncane, che ha subito racconto consensi di pubblico e critica e che si è recentemente aggiudicato la Targa Tenco 2023 come Miglior opera prima.
Ecco la nostra intervista a Daniela Pes
Ciao Daniela! Il tuo debutto si intitola “Spira”, come mai hai scelto proprio questa parola?
Dovevo necessariamente trovare una parola che in qualche modo inglobasse tutto il lavoro che avevo fatto negli ultimi tre anni sul suono. Le motivazioni che mi hanno portata a questa scelta sono le stesse che mi hanno portata alla scelta di ogni singolo fonema, di ogni singola sillaba, parola, radice di tutti i testi dell’album, infatti è stato molto difficile.
Il tuo disco è stato subito un grandissimo successo, concerto dopo concerto, ti aspettavi tutto questo?
Ho impiegato tre anni tra scrittura, arrangiamento e produzione per realizzare il disco e non mi aspettavo assolutamente una risposta così forte né così immediata, potevo solo sperarlo. Fin dalle prime date i concerti sono stati sempre molto popolati e sentiti, l’energia delle persone che veniva ad ascoltarmi era presente, forte ed è sempre stato un pubblico molto consapevole, una cosa che mi ha molto gratificata.
La musica per me è quotidianità, è parte dei giorni normali. Non vado a cercare la musica, costantemente nella mia testa canto linee melodiche, mi immagino dei suoni, vivo sempre con lei, ora dopo ora
Ho letto che per questo disco hai creato una lingua immaginaria, un po’ come ha fatto Tolkien nel Signore degli anelli…
Ho inseguito un suono per poter dar voce nella maniera più ampia e libera possibile alle mie idee musicali. Perchè ho sentito che mi serviva un materiale testuale che non andasse a mortificare la musica. Quindi ho trattato il testo in modo tale che conferisse la potenza che avevo in testa alle linee melodiche, senza chiedermi se fosse giusto o sbagliato, se avesse senso oppure no, sia per me che per gli altri. Mi sono concentrata prestando attenzione alla forza emotiva musicale. È stato un grandissimo lavoro prima di istinto e poi sul timbro, sul come pronunciare le parole in modo che avessero quanta più potenza espressiva possibile.
Nelle interviste citi spesso i grandi cantautori italiani come Dalla, Fossati, De Andrè. La tua musica però mi sembra vicina a esperienze internazionali come Bjork, Cocorosie. Quai sono gli o le artiste che sono tra i tuoi preferiti?
Sicuramente Bjork, Sigur Ros, una cantautrice che in questo momento mi sta molto affascinando è Marina Herlop. Il mio percorso è legato anche al jazz che ho sempre ascoltato molto, come Coltrane, Charlie Parker. Ma penso anche a Ella Fitzgerald, Sarah Vaughan, Billie Holiday cantanti che lavoravano tanto sulla timbrica e sulla performance vocale. Ascolto anche tantissima musica strumentale armena, israeliana come Tigran Hamasyan, Avishai Cohen, tutti musicisti super contaminati, provenienti sia da formazione classica che jazz che danno voce alle proprie radici culturali.
Per “Spira” è stata importantissima la collaborazione con Iosonouncane, come vi siete conosciuti?
Non è stato un caso, ho cercato proprio lui perchè nel panorama italiano contemporaneo è l’unico artista che mi abbia veramente stupita. Sapevo di potermi fidare della sua visione e sapevo di poter parlare con un musicista che ha una cura maniacale per la musica. Mi serviva una figura con cui potermi interfacciare nel momento in cui avevo tantissime idee tra le mani ma difficoltà a mettere ordine.
Cos’è per te la musica?
La musica è una via che mi permette di potermi esprimere appieno nel mondo, è una cosa naturalissima che ho sempre vissuto dai primi giorni della mia vita. Mio padre è un polistrumentista, i miei fratelli suonano, mio fratello più grande è un compositore che vive a Dublino. Abbiamo sempre suonato a casa, la musica per me è quotidianità, è parte dei giorni normali. Non vado a cercare la musica, costantemente nella mia testa canto linee melodiche, mi immagino dei suoni o dei giri armonici, vivo sempre con lei, ora dopo ora.
Come definiresti la tua musica?
Non potrei mai definirla, io scrivo, faccio, immagino, traduco. Quanto è riduttivo definire le cose. Ti posso dire che per me il lavoro su questo disco non è stata solo una ricerca musicale ma anche personale. Ho dovuto scavare dentro me stessa per poter condurre un lavoro così profondo, è stato molto intenso emotivamente. Ho scoperto lati della mia persona su cui devo lavorare tanto, come la pazienza, la diligenza, la calma. Sono troppo impulsiva e tendo a stancarmi presto. La grandezza a cui ambire è proprio quella del compositore strutturato che meticolosamente, con grande pazienza si siede e lavora, punto per punto, senza lasciare nulla al caso.