Cosa fare degli scarti delle lavorazioni industriali del metallo duro? I ricercatori dell’Università di Pisa hanno messo a punto un metodo green per recuperare materie prime critiche strategiche come il tungsteno e il cobalto.
Lo studio, svolto in collaborazione con l’azienda Cumdi srl (Germignaga VA), è stato appena pubblicato sulla rivista Materials.
“Lo scarto – spiega il professore Michele Lanzetta del Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale – deriva dal processo di rettifica di barre di “metallo duro” ed è composto principalmente da carburo di tungsteno (WC) e cobalto (Co)”.
Normalmente per trattare questo tipo scarto vengono utilizzati metodi chimici aggressivi che richiedono impianti specializzati e costosi, tempi lunghi e l’utilizzo di reagenti ad elevato impatto ambientale.
La metodologia messa a punto dai ricercatori del Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale dell’Ateneo pisano, si basa su un minor numero di operazioni che richiedono attrezzature più semplici ed economiche.
Grazie a questo metodo è possibile ridurre fino al 30% il materiale vergine necessario per la produzione di nuovi manufatti, riducendo la dipendenza dalle importazioni e compensando l’assenza di giacimenti di cobalto e tungsteno in Europa, che rappresentano meno del 3% dei giacimenti globali.
“In particolare – continua Lanzetta – il costituente principale, ovvero il carburo di tungsteno, costituisce una risorsa fondamentale nell’industria moderna. Grazie alle proprietà di durezza e tenacità, viene utilizzato per realizzare elementi soggetti ad usura e utensili da taglio con settori di applicazione molteplici: automobilistico e trasporti, petrolchimico e minerario, aerospaziale ed elettronico”.
L’importanza del tungsteno e del cobalto (secondo costituente degli scarti) è testimoniata dai rapporti UE ed extra UE, che definiscono entrambe le risorse “critiche”. A titolo di esempio, basti pensare che la catena di approvvigionamento del tungsteno è dominata dalla produzione dalla Cina (l’82% della produzione globale) e che quasi il 50% del cobalto, fondamentale per la produzione di batterie per veicoli elettrici, proviene dalla Repubblica Democratica del Congo.
“Questi sono solo alcuni dei motivi per cui il riciclo costituisce una risorsa fondamentale – dice Lanzetta – La CUMDI aveva intuito da tempo l’enorme valore degli scarti delle lavorazioni di precisione che svolge per conto di aziende di tutto il mondo, senza però avere un metodo efficace che ne permettesse il recupero.”
La ricerca dell’Università di Pisa è stata condotta grazie all’utilizzo della rete capillare di laboratori dell’Ateneo pisano con competenze del personale ricercatore e tecnico dei Dipartimenti di Ingegneria Civile e Industriale, Scienze della Terra e Chimica e Chimica Industriale e le attrezzature del Center for Instrument Sharing (CISUP) in aggiunta al supporto di strutture e laboratori esterni.