“La scuola è un progetto cardine nel carcere di Volterra“. La direttrice della casa circondariale Maria Grazia Giampiccolo pone l’accento sul ruolo svolto dalla formazione per i detenuti presenti all’interno della storica Fortezza Medicea che dall’alta di una collina domina la città dell’alabastro. Una casa circondariale dove i detenuti assegnati sono chiamati a scontare delle pene particolarmente lunghe. L’occasione per fare il punto è data dal primo appuntamento post pandemia per le Cene Galeotte.
“Le cene galeotte hanno sempre avuto questo valore forte di aprire le porte del carcere per farlo diventare un luogo di inclusione” sottolinea la direttrice ricordano le oltre 16mila persone negli scorsi anni sono entrate, dal 2006, nel Carcere di Volterra per partecipare al progetto ideato dalla direzione e realizzato in collaborazione con Unicoop Firenze e la Fondazione Il Cuore si scioglie.
“L’esperienza passata ha evidenziato l’importanza della formazione in ambito culinario per i detenuti: i percorsi di apprendimento in cucina, anche in collaborazione con il locale istituto alberghiero, hanno portato oltre 40 detenuti a trovare un impiego in ristoranti e strutture esterne, a pena terminata o attraverso l’art. 21 che regolamenta il lavoro al di fuori del carcere” sottolinea.
A Volterra i detenuti possono frequentare la scuola dell’obbligo e due corsi di scuola media superiore: il corso geometri e il corso alberghiero ad indirizzo enogastronomico. Tra le altre attività qualificanti il Teatro della Fortezza, la Scuola polivalente interna aperta anche ai ragazzi della zona, il laboratorio per la produzione di manufatti e tessuti artigianali.
“A queste attività si aggiungono l’alfabetizzazione degli stranieri e le 150 ore. In tanti di loro continuano all’università, anche quest’estate abbiamo avuto due laureati. La scuola fondamentale in questo percorso di recupero” conclude la direttrice.
Discorso a parte merita l’orto sociale del carcere di Volterra: “loro lo seguono in volontariato e quindi hanno portato lì la loro esperienza” ribadisce la direttrice. Un orto per coltivare ortaggi da consumare all’interno del carcere. Il progetto è stato finanziato con circa 40.000 euro (28.000 di finanziamento regionale) e ha coinvolto il Comune e la direzione del carcere.
Zucchine, pomodori, fagiolini, insalata sono poi destinati ai pasti mentre l’attività di volontariato è un’altra delle esperienze che aiutano a costruire il futuro fuori dal carcere.