Imparare ad ascoltare e parlare con i pazienti, creando empatia in situazioni dolorose e difficili. Medici si diventa anche lontano dai laboratori e dalle corsie degli ospedali, attraverso attività che guardano al “saper essere” un medico invece che solo al saperlo fare. Dopo la sperimentazione avviata lo scorso anno, entrano ufficialmente nel corso di laurea in Medicina e Chirurgia dell’Università di Firenze una serie di attività integrative che allargano l’orizzonte formativo degli studenti e creando una maggiore consapevolezza del ruolo che andranno a svolgere nella società.
Si chiama “didattica professionalizzante immersiva” e coivolge gli studenti sin dal primo anno di corso. I futuri dottori saranno chiamati ad affinare le proprie capacità di ascolto, comunicazione e di empatia con il paziente, anche attraverso esperienze formative che includono il teatro, il cinema, la letteratura e l’arte.
Le attività anno dopo anno
Le matricole così, all’interno di un ambulatorio dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi, parteciperanno nell’esperienza di rispondere al telefono e fornire le prime informazioni ai pazienti. Al secondo anno, si confronteranno, grazie alla collaborazione con l’Associazione Toscana Tumori (ATT) e la Fondazione Italiana Leniterapia (FILE), con i malati oncologici, avvicinandosi al tema delle cure palliative.
Più avanti, l’esperienza si trasferirà sul palco del teatro e servirà a comprendere meglio il lavoro in team e il rispetto dei ruoli. Ma non solo: visitando la Galleria degli Uffizi gli studenti del quinto anno potranno osservare le opere della collezione di Ars Medica ed esercitare la propria capacità di osservazione. Al sesto anno è prevista invece l’esperienza in hospice, dove, anche se non si può guarire, si può curare.