Rischiavano l’estinzione, ma oggi queste preziose varietà di semi sono state recuperate: si tratta del fagiolo borlotto del minatore e del granturco di Castell’Azzara, che insieme ad altre due specie tipiche dell’isola del Giglio, il pomodoro di scasso e il cavolo torso, sono iscritte nel Repertorio regionale delle varietà a rischio estinzione e andranno custoditi dai cosiddetti “salvatori di semi”
“L’attività di recupero delle vecchie e dimenticate specie nostrane di interesse agricolo – ha detto la vicepresidente e assessora all’agroalimentare Stefania Saccardi – diventa fondamentale per la conservazione di un patrimonio genetico unico e prezioso dal punto di vista agronomico, alimentare e culturale. Sosteniamo le comunità del cibo e le associazioni che si prendono in carico di salvarlo dall’estinzione nell’ottica di una valorizzazione dell’agrobiodiversità e nell’incremento della ricerca per aumentare la qualità dei frutti, ridurre l’impiego dei prodotti chimici in frutticoltura, contenere i costi di produzione e tutelare la biodiversità vegetale”.
Semi salvati dalla passione degli agricoltori
La Comunità del cibo e dell’agrobiodiversità dell’Amiata, grazie a un progetto realizzato con l’Università di Pisa, è riuscita così a salvare queste due sue specialità accertando il legame di questa varietà locale con il territorio amiatino. Il fagiolo in questione è stato conservato e da sempre coltivato da un agricoltore di Castell’Azzara, Alberto Lazzeri – oggi deceduto – e dalla sua famiglia alla quale il seme è stato tramandato dalle generazioni precedenti. Grazie alla costanza della famiglia Lazzeri, che lo ha riprodotto e custodito nel tempo, alcuni agricoltori della Comunità del Cibo dell’Amiata, hanno ripreso a coltivare questo fagiolo e ad apprezzarne sempre di più le caratteristiche qualitative.
Il fagiolo borlotto del minatore veniva coltivato nei “granturcai” in consociazione con il granturco locale che fungeva da tutore alla pianta di fagiolo ed entrambe venivano raccolte a mano.
Per il granturco di Castell’Azzara, da quanto è dato sapere, emerge che, insieme alla castagna, è stato dalla metà del 1700 la principale fonte di sostentamento degli abitanti dell’area dell’Amiata. Fino alla prima metà del 1900, quando poi venne quasi completamente sostituito da altri cereali, principalmente dal grano. La coltivazione del granturco venne così quasi del tutto interrotta a seguito anche della dismissione dell’attività mineraria con conseguente spopolamento delle aree montane e sub-montane del territorio amiatino. Grazie alla tenacia e lungimiranza di un agricoltore di Castell’Azzara, Silvio Papalini, i semi di questa varietà autoctona sono stati mantenuti nel tempo fino ad oggi.