Una “colla” da utilizzare in caso di fratture non scomposte, una “rete” connettiva ad espansione da iniettare per riparare bacino e vertebre e delle “impalcature” in 3D per far rigenerare le ossa nei casi ancora più gravi.
Sono questi i tre approcci innovativo contro l’osteoporosi, basati su biomateriali e tecnologie avanzate, al centro di Giotto, un progetto europeo del programma Horizon 2020 appena finanziato con oltre 5 milioni di euro per i prossimi quattro anni, che coinvolge anche l’Università di Pisa, con il gruppo ricerca del professore Giovanni Vozzi e dall’ingegnere Carmelo De Maria del dipartimento di Ingegneria dell’Informazione e del Centro di ricerca “E. Piaggio”.
“Si tratterà di costruire sistemi intelligenti ritagliati sui singoli pazienti capaci di stimolare la rigenerazione ossea – spiega il professor Giovanni Vozzi – e di rallentare il processo osteoporotico attraverso il rilascio di molecole bioattive che naturalmente prodotte dal nostro organismo diminuiscono però con l’età.”
L’osteoporosi è una malattia ossea molto comune e più frequente dopo la menopausa e con l’invecchiamento. È stato calcolato che una frattura osteoporotica si verifica ogni 3 secondi nel mondo, più comunemente nell’anca, nella colonna vertebrale o nel polso.
“Nell’ambito di Giotto, il nostro compito – conclude Giovanni Vozzi – sarà quello di sviluppare un nuovo sistema di stampa 3D capace di processare i nanomateriali messi a punto nel progetto in modo per creare impianti multiscala e multimateriale da utilizzare nel caso di fratture con grossa perdita ossea. Questi impianti o impalcature saranno principalmente costituiti da collagene e idrossiapatite, presenti naturalmente nelle nostre ossa, più un materiale microplastico che si riassorbirà una volta rigenerato l’osso”.