© Cyro Rossi

Storie /L'INTERVISTA

Cyro Rossi si racconta. Dalla serie tv “Diavoli” alla regia teatrale: “Sogno uno spettacolo onesto sulle donne”

L’attore?  Deve essere vero anche se è un “bugiardo che racconta verità”. La nostra lunga chiacchierata con l’artista toscano, dall’ultimo film con Ricky Memphis fino alla scelta di tornare a Firenze

E’ una mattina di sole di febbraio quando incontro Cyro Rossi a Firenze. L’appuntamento è in Piazza Santa Trinita e gli chiedo se vogliamo sederci davanti ad un caffè per la nostra intervista. Lui invece preferisce passeggiare. “Parliamo lo stesso, no?”. Annuisco e lo invito a scegliere la strada. Passiamo da Piazza del Limbo e su un palazzo lungo Borgo Santi Apostoli giganteggia, impressa nella pietra serena la scritta “Bagni nelle antiche terme”. Alziamo lo sguardo all’insù.

  Avevo 19 anni quando sono partito da Firenze. Ero ancora inconsapevole dello splendore in cui ero cresciuto 

“Avevo 19 anni quando sono partito da Firenze. Volevo conoscere il mondo, studiare recitazione. Forse ancora ero inconsapevole dello splendore in cui sono cresciuto. Oggi sono tornato e voglio rivivere la mia città con uno spirito diverso, spero di poterle donare qualcosa della mia esperienza. Camminare per le strade di Firenze è stupendo, la qualità e la bellezza della città mi emozionano profondamente”.

Cyro Rossi – attualmente impegnato nel cast de “Il grande Boccia” al fianco di Ricky Memphis, opera seconda di Karen Di Porto, ancora in fase di riprese – ha partecipato anche alla serie tv Sky “Diavoli II” ed è stato nel cast de “Il talento del Calabrone”, dove ha recitato accanto ad Anna Foglietta e Sergio Castellitto.

Cyro Rossi in pausa con Ricky Memphis sul set de Il grande Boccia – © pagina Fb Cyro Rossi

Da regista ha affrontato temi ambientali, sociali dedicando anche un corto “Binario 4” ai minori dispersi. Opera, quest’ultima, vincitrice del Chelsea Film Festival a New York.  Durante la pandemia Rossi ha poi affrontato anche le conseguenze sociali, fisiche ed economiche causate dal virus nel cortometraggio in bianco e nero “Sono io”, un racconto e una riflessione corale, internazionale, con volti e voci da tutto il mondo. “Sono io” è risultato miglior corto sperimentale all’International Short Film Festival di Mosca.

 

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Partiamo dagli impegni cinematografici e del sodalizio artistico con la regista Karen Di Porto. E’ il tuo secondo film con lei.

Sì, il primo è stato “Maria per Roma”, film con cui Karen Di Porto ha vinto il Globo d’oro nel 2018 per la miglior opera prima. Sono sinceramente felice di tornare ad essere diretto da lei in questa nuova pellicola “Il grande Boccia” prodotta da Bella Film e Rai Cinema e dedicata al regista Tanio Boccia, interpretato da Ricky Memphis. E poi abbiamo con noi un grande direttore della fotografia: Fabio Cianchetti, che ha lavorato con il maestro Bertolucci e poi con Benigni, Veronesi, Archibugi, una lunghissima serie di grandi artisti.

 

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Ti abbiamo visto anche nella serie tv “Diavoli II” che vede protagonisti Alessandro Borghi e Patrick Dempsey. E’ stata la tua prima volta in una produzione internazionale?

  Ho girato per due giorni con una troupe internazionale. Alessandro Borghi? Un grandissimo attore

Ho avuto un piccolo ruolo nella serie (Rossi interpreta il ruolo di un assassino turco n.d.r.) ma è stata comunque un’esperienza importante e un motivo di orgoglio poter recitare in un questo financial thriller amatissimo. Abbiamo girato per due giorni con una troupe internazionale, a fianco di Alessandro Borghi. Un grandissimo attore, un professionista. E’ stato interessante osservarlo. Alessandro Borghi è uno che studia tutto, la preparazione è al primo posto. E’ quel che ripeto sempre ai miei allievi durante i corsi di recitazione: serve studiare, studiare e ancora studiare. Non si arriva per caso a raggiungere il successo. E servono costanza, determinazione. Alessandro Borghi ne è un esempio. Ma vale anche per un altro attore italiano che stimo moltissimo, Luca Marinelli. Due grandissimi professionisti, meticolosi. Oggi è raro trovare attori così.

Parlavi di insegnamento. Oggi cosa manca al nostro cinema, i maestri?

  Diventa ciò che sei, questo è fondamentale nel mestiere dell’attore

Non credo che manchino ma siamo forse deficitari dell’approccio giusto all’insegnamento: è determinante “cosa” riusciamo a trasmettere ai nostri allievi, sono necessari prima di tutto i valori del mestiere. Per la costruzione di un attore servono la passione, la tecnica, la perseveranza ma sopratutto lo studio: andare al cinema, andare a teatro, leggere, immergersi nella cultura. Oggi purtroppo vale la regola “studiare poco e apparire tanto”, tutto è basato sulla ricerca dell’applauso. Il poeta greco Pindaro diceva “Diventa ciò che sei”, questo è fondamentale anche nel mestiere dell’attore.

Qual è l’approccio con i tuoi allievi?

  L’attore deve essere vero anche se è un “bugiardo che racconta verità”

Credo alla connessione tra le arti: la recitazione, il canto, il ballo. E sono convinto anche che per raggiungere la più alta espressione artistica dobbiamo conoscere la nostra mente e il nostro corpo per farne scorrere l’energia. L’attore deve essere vero anche se è un “bugiardo che racconta verità” e liberare il proprio corpo significa riuscire a far emozionare, ridere, piangere, riflettere. Essere credibili in quel tempo che hai a disposizione durante uno spettacolo. Su questo lavoreremo durante alcuni workshop che ho in programma a Firenze il 25 e 26 febbraio, nella casa di produzione Tedavi di Alessandro Riccio e poi sarò l’11 e 12 marzo a Bologna, all’Accademia Policinema. Viaggeremo in tutta Italia per coinvolgere in ogni lezione al massimo dai dieci ai quindici allievi. Stiamo definendo anche delle date a Napoli e Torino anche se spero di prendere in gestione un piccolo teatro a Firenze e lì creare una scuola, insegnare recitazione e bioenergetica.

Cyro Rossi, il workshop di recitazione e bioenegetica a Firenze

Dunque il futuro lo vedi a Firenze.

E’ una certezza. Vorrei portare qua il mio bagaglio culturale e di esperienza che ho fatto all’estero. Ho lavorato in Inghilterra e in Germania. A Roma invece ho studiato al Duse International per dieci anni con il metodo Stanislavsky-Strasberg e poi sono conduttore di classi di bioenergetica di Alexander Lowen all’IIFAB, Istituto italiano di formazione in analisi bioenergetica a Monteverde.

  Abbiamo bisogno di giovani che abbiano viaggiato, che siano entrati in connessione con il mondo

Vorrei portare a Firenze il mio sguardo aperto, credo che potrebbe essere un valore aggiunto. Abbiamo bisogno di giovani, autori nuovi che abbiano viaggiato, che siano entrati in connessione con il mondo. Nell’ambiente artistico e culturale purtroppo ci sono troppe gelosie, circoli chiusi. Non dovrebbe essere così, la condivisione di un processo artistico e creativo, la collaborazione dovrebbero essere alla base di questo lavoro. Aprirsi a nuove menti e ad altri artisti servirebbe a regalare alla città un pensiero e una mentalità internazionali che possano entrare in contatto con il cuore puro di Firenze. Credo sia fondamentale condividere.

Roma è il cinema. Roma ti ha dato opportunità di esprimere la tua arte. Perché la decisione di non viverci più?

La capitale è bellissima ma è capace di esaltarti per poi farti crollare. Un giorno sei Dio e quello successivo non sei nessuno e rischi di crollare in una depressione feroce. Firenze è più a misura d’uomo.

Il cinema, l’insegnamento, la scelta di produrre arte nella tua città. Da dove vuoi partire?

Vorrei portare in scena un lavoro sulle donne. Ho appena terminato di scrivere due spettacoli. Il primo è dedicato ad Édith Piaf, il secondo si chiama invece “Giro di donne”. Sono spettacoli divisi a quadri, mi piace mescolare – come ti dicevo – le paradiscipline, dunque mettere  in relazione la recitazione con la danza classica o moderna. L’idea è di contaminare le arti. Ancora non abbiamo preso accordi con nessun teatro ma ho già il nome di una delle attrici che saliranno sul palco: Denny Mendez.

Cosa vuoi raccontare delle donne?

La vita di tutti i giorni. Un racconto onesto.

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