“Le carte sono piene di reati consumati in rete che coinvolgono i minori” , Antonio Sangermano è un magistrato illustre, una lunga carriera di prestigio alle spalle, dal 2017 è procuratore al tribunale dei minori di Firenze e tutti i giorni, sotto i suoi occhi, passano le carte dei processi più delicati, quelli dove i minori sono vittime di abusi e violenze. Negli anni queste violenze e abusi avvengono sempre di più con la complicità e nel buio della rete.
Internet, il web, i social network e gli strumenti ad essi strettamente correlati, come i pc, i tablet e – su tutti – gli smartphone sono una risorsa incredibile, ci hanno permesso di continuare a lavorare, a studiare, ad avere relazioni nonostante il lockdown, nonostante la pandemia. Ma creano anche il contesto perfetto per il proliferare di fenomeni di adescamento e bullismo che dalla rete traggono linfa per accrescere il loro potenziale di pericolosa efficacia perché le vittime, spesso adolescenti, in rete sono più soli.
“Quando ero piccola io non c’erano i social, si imparava a stare al mondo nelle piazze, ci si conosceva per nome, le nonne ti dicevano di non accettare caramelle dagli sconosciuti. I bulli trovavano sempre un bullo più bullo di loro, e poi c’erano i fratelli maggiori o i cugini al bar del paese pronti a difenderti in caso di bisogno. Oggi, invece, è tutto dentro lo smartphone”, Gaia Nanni è la voce narrante del corto Sextinggroomingcyberbullying, scritto e diretto da Tobia Pescia e realizzato da Fondazione Sistema Toscana, in collaborazione con Regione Toscana, l’ufficio scolastico regionale e Fondazione Teatro della Toscana, è frutto di un lavoro portato avanti dal tavolo di coordinamento per le strategie di intervento e prevenzione sul tema dell’abuso e la violenza all’infanzia e all’adolescenza costituito in Prefettura del quale fanno parte numerosi soggetti istituzionali e accademici che si occupano di tutela dei minori.
Sexting, grooming, cyberbulling
Il sexting è un fenomeno che viene dall’America e consiste nello scambio via web o in chat di foto o video di carattere sessuale. Il grooming è invece l’adescamento via web, spesso per fini sessuali. Po c’è il cyberbulling, il bullismo. Tutti questi fenomeni hanno in comune che le principali vittime sono i giovani, spesso minori e nascono e si annidano in rete, su internet, nelle chat, nei gruppi web. Il fatto che siano virtuali non deve far pensare che siano meno gravi. Sono reati e sono fenomeni pericolosi che i giovani devono imparare a riconoscere e a denunciare.
Proprio questo infatti è lo scopo del corto: rendere i giovani consapevoli della fitta rete di supporto cui possono rivolgersi se finissero vittima della rete . “Se vi sentite sopraffatti sappiate che le vostre famiglie, la vostra scuola, le istituzioni, la comunità nella quale vivete ci sono, possono aiutarvi. Basta uscire dall’isolamento della rete e chiedere aiuto. Fatelo, fatelo per voi e fatelo perché altri possano trarre insegnamento dalla vostra esperienza”, così Stefano Ciuoffo, assessore regionale alla Legalità nel corso della mattina di studio che si è svolta al cinema La Compagnia alla presenza delle istituzioni e delle autorità ma anche degli studenti cui è stato mostrato, per alcuni di loro per la prima volta, il corto di Tobia Pescia che sarà diffuso nelle scuole proprio per avviare un’educazione, tramite l’audiovisivo, ai nuovi reati che si nascondono dietro la rete.
L’assessore regionale ha anche ribadito l’importanza di iniziative che vedono lavorare in sinergia i giovani la scuola, le istituzioni e le famiglie per avviare un’educazione all’uso corretto di internet e degli strumenti digitali: “Non dobbiamo demonizzare lo smartphone – ha aggiunto – sarebbe sbagliato, piuttosto occorre indurre i ragazzi ad un suo uso informato e dar loro la consapevolezza che c’è sempre una via d’uscita”.
Ne è uscita Maria una delle protagoniste del corto. Maria credeva che la sua vita fosse finita quando ha visto girare sulla chat Whatsapp della scuola i video e le foto che, per ingenuità e perché di lui si fidava, aveva mandato ad un compagno che le aveva dedicato attenzione. Ne è uscita Elena, quattordicenne adescata su Instagram da un uomo molto più grande di lei che l’ha plagiata per poi abbandonarla, facendola sentire sola e inadeguata. Ne è uscito anche Piero, alle prese con la propria identità sessuale, arrivato addirittura a tentare di togliersi la vita a causa delle offese, degli insulti e delle intimidazioni ricevuti in rete. Ne sono usciti perché hanno trovato il coraggio di chiedere aiuto, alla loro famiglia, ad un amico, alla professoressa. La rete di sostegno è ampia.
L’educazione alla rete
“Da questi fenomeni ci si difende confidandosi, nascondere è il modo migliore per rimanere vittime”, ha detto il prefetto di Firenze, Valerio Valenti, presente alla giornata di studio.
Se parlarne è il primo passo da fare, ed è la vittima che deve farlo. Il secondo, altrettanto importante, è educare: educare alla rete. “In Italia abbiamo un’ottima polizia postale che opera e che assiste i giovani ma occorre una corretta educazione alla rete. Evitare i rischi significa essere attrezzati ad affrontare la rete, i suoi mille risvolti, essere in qualche modo addestrati . È un percorso culturale che purtroppo è lento ma va seguito e portato avanti”, ha detto a tal proposito Nunzia Ciardi, vicedirettore generale dell’agenzia per la cybersicurezza nazionale.
Anche il corto di Tobia Pescia ha questo intento:le storie di Maria, di Elena e di Piero sono esperienze forti, toccanti, che possono essere da monito ma anche d’esempio: sono storie di tenacia, di coraggio e dignità.