Quando le luci si spengono si accendono quelle del tricolore sui monumenti simbolo dello stivale e del resto del mondo: dalle Cascate del Niagara, al muro di Gerusalemme, al Burj Khalif di Dubai fino a Toronto passando per la torre radio di Tbilisi, nel frattempo, in Germania cantano “Bella ciao”. Le immagini dei medici cubani pronti a mettersi al servizio del nostro Paese e, prima di loro, di quelli cinesi, ci commuovono, scriviamo grazie su Facebook, un grazie lanciato nell’etere. L’Italia è il principale campo di battaglia in questa guerra globale al Covid-19.
Tutto il mondo si tiene informato su quanto accade da noi perché dalle nostre mosse dipenderanno quelle di tutti gli altri. Oltre confine c’è fame di notizie, di aggiornamenti e spesso il primo punto di contatto sono i tanti italiani che risiedono all’estero.
Lucas del Chierico, vive a Rosario, in Argentina, toscano di origini a Lucca si sente a casa. Era la città del nonno e dopo averla visitata la prima volta, quando era un ragazzino, se la sente nel sangue: le strade, le vie, anche gli alberi gli sembrano familiari. Giornalista e presidente del Centro toscano di Rosario, una comunità che conta circa duecento soci, da quanto l’emergenza è scoppiata ha iniziato ad utilizzare i gruppi Whatsapp e Facebook per condividere link, articoli e video e tenere informata la comunità argentina su quanto stava accadendo in Italia.
Giulia Galardi invece è avvocato, da undici anni vive a Siviglia, e anche lei come Lucas informa, racconta, riporta ad amici e conoscenti spagnoli testimonianze dirette di amici e familiari che le arrivavano dall’Italia, anche perché la verità è che oltre i confini fino a pochi giorni fa l’emergenza era sottostimata: “Mi è capitato più volte di parlare con persone che minimizzavano la situazione, che ridevano della mia preoccupazione o che consideravano esagerato l’allarme – racconta Giulia – Cercavo di riportare loro le testimonianze di amici, di medici, le percezioni captate dalle telefonate con la mia famiglia, ma fino a quando il virus non si è espanso in Spagna non si sono resi davvero conto della gravità della situazione”.
Lucas, Giulia e poi Stella, Annachiara e Leandro. Italiani, toscani, che vivono e lavorano all’estero.
Stella è di Poggio a Caiano, dal 2013 vive a Charlottesville in Virginia (USA) dova fa l’insegnante. Annachiara ha lasciato Firenze qualche anno fa per ricongiungersi con il suo compagno a Parigi. Leandro è della Valdisieve, da quindici anni la sua casa è il mondo: si occupa di cooperazione internazionale, in questo momento di trova ad Algeri dove lavora per la diplomazia dell’Unione Europea. Ognuno di loro sta vivendo quello che viviamo noi ma oltre i confini, con un orecchio all’Italia e l’altro alle misure che i rispettivi capi di Governo stanno adottando o potrebbero adottare da un momento all’altro.
Rispetto a quando il contagio interessava solo la Cina, una volta coinvolta anche l’Italia il pericolo è diventato più reale anche da voi?
Annachiara (Francia): “Fino a qualche giorno fa la situazione italiana qui non preoccupava, anzi, chi sosteneva che era necessario restare a casa o prendere delle misure di protezione veniva guardato un po’ male, come se fosse paranoico. Ora la situazione sta cambiando. Ci sono code infinite ai supermercati, alcuni prodotti (pasta, riso, scatolame) scarseggiano, le farmacie sono prese d’assalto. E c’è silenzio. È una situazione irreale e viverla è molto diverso che sentire i racconti dei nostri cari in Italia”.
Lucas (Argentina): “Guardavamo la situazione in Cina ma solo quando il contagio è arrivato in Italia è iniziata la vera paura, perché abbiamo capito che era vicino e che era probabile arrivasse qui anche per via della forte connettività tra Spagna, Italia e Argentina”.
Stella (USA): “Tutti hanno paura adesso che la situazione diventi grave allo stesso modo (dell’Italia, ndr)”.
Qual è il clima che si respira nella tua città?
Stella (USA): “Le persone si sono organizzate da sole, anche in assenza di precauzioni ufficiali. Per esempio, i ristoranti si sono attivati per organizzare la consegna a casa o il “curb pick up” (praticamente, ordini sul sito, ti arriva un messaggio e vai a ritirare il cibo che viene disposto su un banco fuori dal ristorante). Anche altri negozi si sono attivati con iniziative di questo tipo. Ci sono anche iniziative di quartiere: per esempio, in una strada non lontana dalla mia, gli abitanti si sono messi d’accordo e hanno tutti messo un foglio verde alle finestre, visibile dalla strada. Se qualcuno avesse bisogno il foglio sarebbe cambiato da verde a rosso: in questo modo i vicini sanno che devono andare a vedere cosa succede”.
Leandro (Algeria): “Al momento in Algeria non ci sono tanti casi confermati e quindi la popolazione ha la tendenza a comportarsi normalmente. Le autorità hanno preso delle disposizioni simili a quelle adottate all’inizio dell’epidemia in Italia, come la chiusura delle scuole e impedire gli assembramenti pubblici. Inizialmente l’emergenza era percepita come un problema degli italiani (e dei cinesi prima). Poi come un problema degli stranieri. Piano piano si stanno accorgendo che è qualcosa che li riguarda da vicino. La quotazione dell’euro è crollata e il clima è molto più pesante nella comunità degli espatriati”.
In che senso “il clima è più pesante tra gli espatriati?”
Leandro (Algeria): “Quando il contagio è arrivato in Italia agli occhi degli algerini sono passato da uno status di espatriato privilegiato a quello di straniero, possibile untore da evitare”.
Cosa ne pensi delle azioni adottate dal Governo italiano per contenere il contagio?
Lucas (Argentina): “Quello che si vede da qui è che Italia non ha avuto tempo. La Spagna ha potuto osservare ed agire di conseguenza. L’Italia ha adottato misure forti, ha deciso di ‘jugarse todo por el todo’, di giocarsi il tutto per tutto, ma la situazione lo richiede”.
Annachiara (Francia): “Non è facile ‘imporre’ a tutti la quarantena da un giorno all’altro gestendo tutto ciò che questo comporta. Non ho le competenze per dire se le misure adottate siano adeguate o meno, credo nei numeri che ho letto sulla diffusione del virus e mi è chiaro che vadano abbassati. Il risultato dipende dalle disposizioni del Governo, ma soprattutto dall’impegno di ciascuno”.
Come credi che il tuo Paese riuscirà ad affrontare l’emergenza?
Annachiara (Francia): “Usciamo da un periodo di scioperi che ha paralizzato molte città francesi, soprattutto Parigi. Abbiamo iniziato da poco la quarantena, non so come andrà qui. Spero che (la Francia, ndr) tiri fuori solidarietà, senso di responsabilità e belle iniziative come ho sentito che accade in Italia”.
Lucas (Argentina): “Siamo molto preoccupati. Qui la gente vive giorno per giorno come può e con quello che ha, il 40 per cento dell’economia è ‘informale’. Ogni giorno vengono prese misure nuove: stop ai voli, vietato andare negli alberghi, chiuse le frontiere. Tutto cambia velocemente”.
Ti spaventa la situazione italiana?
Leandro: “Mi spaventa (anche a livello globale) perché probabilmente ci saranno delle enormi ripercussioni economiche dalle quali la ripresa sarà dura. Quello che mi preoccupa di più è il non sapere quando la situazione potrà tornare ad una parvenza di normalità (inclusa la ripresa dei voli)”.
Giulia: “Non siamo come la Cina, siamo più vulnerabili e meno disciplinati e di questo ho timore perché considero che molte persone ancora non sono coscienti della gravità della situazione. Ma non avrei paura a rientrare in Italia, anzi non vedo l’ora di poter riabbracciare tutti”.
Cosa credi cambierà quando l’emergenza sarà passata?
Stella: “Fino a questo momento c’erano lavori che sembrava non si potessero assolutamente fare da casa, adesso invece è diventato possibile. Spero che cambi in positivo la situazione del personale sanitario in generale, e che si capisca l’importanza di non fare tagli alla sanità”.
Giulia: “La reclusione e l’isolamento potrebbero servirci per farci invertire la scala delle priorità e capire che possiamo rallentare il ritmo, parlare e guardarci di più. In questo caso siamo davvero tutti uguali, colpiti trasversalmente, chi con più comodità chi con meno, ma davvero tutti uguali ed esposti allo stesso modo”
Credi che i tuoi connazionali torneranno a viaggiare in Italia, in Toscana?
Lucas: “L’Italia ripartirà. Gli argentini ce l’hanno nel sangue l’affetto per l’Italia, è un luogo del cuore per noi e continueremo a sceglierla. L’Italia è un Paese dove tutti tornano!”
Ti va di mandare un messaggio agli affetti che hai in Toscana (o in Italia)?
Annachiara: “I miei cari sono responsabili, non ho bisogno di raccomandarmi o di dire molto, so che rispetteranno le norme e io farò lo stesso. Non vedo l’ora di poterli riabbracciare e di poter respirare nuovamente l’aria toscana. Forza, ce la faremo!”
Giulia: “Ho voglia di ridere con loro senza guardare uno schermo, sentire il profumo della mia casa, il calore di un abbraccio”.
Leandro: “Ricordiamoci che non bisogna dare niente per acquisito e cerchiamo di non discriminare inutilmente”.
Il messaggio video di Lucas: