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Clima, la posidonia riduce l’acidificazione del mare e difende i ricci

La pianta oceanica come rifugio secondo lo studio condotto dall’Università di Pisa nell’ambito del progetto europeo FutureMares

Foreste marine - © Viviana Delidaki

Le praterie di Posidonia possono ridurre in modo significativo gli effetti dell’acidificazione dei mari e la prova arriva da una specie sentinella come i ricci di mare. Lo rivelano alcuni studi condotti dall’Università di Pisa nei ‘mesocosmi’ dell’Acquario di Livorno.

Lo studio rientra nell’ambito del progetto europeo FutureMares e i risultati sono pubblicati sulle riviste Science of the Total Environment e Environmental Research.

I ricercatori hanno dimostrato che la posidonia oceanica, la principale pianta marina del Mediterraneo, contribuisce a difendere lo sviluppo delle larve del riccio di mare. Questa specie, che ha anche un interesse commerciale, è minacciata dall’acidificazione delle acque marine che ostacola lo sviluppo dello scheletro composto da carbonato di calcio.

La posidonia alza il Ph dell’acqua

Grazie alla propria attività fotosintetica, la posidonia è stata in grado di alzare il Ph dell’acqua di 0.15 unità consentendo, laddove è presente, alle larve di riccio di sviluppare meno malformazioni e raggiunto una grandezza maggiore nella fase finale dello sviluppo.

Lo studio dell’università di Pisa sulle praterie di posidonia nei ‘mesocosmi’ dell’Acquario di Livorno

Tuttavia, secondo altri studi dell’ateneo pisano, “se l’acidificazione è associata a un innalzamento della temperatura dell’acqua, possono subentrare alterazioni fisiologiche e molecolari, specialmente nelle piante più in profondità, che potrebbero ridurre la funzione protettiva”.

Gli studi dell’università di Pisa

Le nostre ricerche – aggiunge Fabio Bulleri docente di biologia del Centro Interdipartimentale di Ricerca per lo Studio degli Effetti del Cambiamento Climatico (Cirsec) dell’ateneo pisano – dimostrano che le praterie di piante marine come la Posidonia oceanica possano mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici su altre specie, con importanti ricadute in termini sia di biodiversità che economici e questa ma questa capacità può essere compromessa da un ulteriore riscaldamento del mare ed è quindi necessario individuare popolazioni di piante più tolleranti allo stress termico e siti caratterizzati da un minore tasso di riscaldamento che possano funzionare da rifugi in scenari futuri”.

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