La strage del treno Italicus fu un attentato di estrema destra che il 4 agosto del 1974 provocò 12 vittime e 44 feriti lungo la linea Firenze-Bologna. La Regione Toscana ha scelto di ricordate 50 anni dopo per “conoscere, ricordare e trasmetterne la memoria” di un evento che racconta la tragica stagione stragista del paese a metà degli anni Settanta. L’appuntamento è martedì 12 novembre, nella sala Pegaso della Giunta regionale in piazza Duomo a Firenze.
E’ prevista la diretta streaming.
La mattinata di confronto partirà con la presentazione del libro “La ragnatela nera. L’eversione di destra e la strage dell’Italicus” di Alessio Ceccherini.
Sarà soprattutto una riflessione e un approfondimenti sui fatti del tempo, sulla loro attualità. Studiosi, giuristi parlerano a una platea di studenti. Previste le testimonianze di sopravvissuti e familiari delle vittime. Sono previsti gli interventi del presidente della Regione Toscana Eugenio Giani, poi di Ernesto Pellecchia, direttore Generale Ufficio Scolastico regionale per la Toscana. Parteciperà Leonello Toccafondi, del Centro di documentazione “Cultura della Legalità Democratica” della Regione, Monica Galfré, Università degli Studi di Firenze, Vito Zincani, ex giudice istruttore presso il Tribunale di Bologna, Andrea Speranzoni, avvocato parte civile nei processi per la strage del 2 agosto 1980, Danilo Ammannato, avvocato parte civile nei processi degli attentati ai treni in Toscana degli anni 1974-1975.
Porteranno la loro testimonianza Franco Sirotti, Mauro Russo e Ilaria Caldarelli. Le conclusioni sono affidate a Stefano Ciuoffo, assessore Infrastrutture digitali, rapporti con gli enti locali e sicurezza della Regione Toscana.
La strage dell’Italicus
Il 4 agosto 1974 una bomba a orologeria esplose sulla quinta carrozza del treno Italicus, partito da Roma e diretto a Monaco di Baviera. La deflagrazione avvenne una sessantina di metri prima che il convoglio uscisse dalla Grande Galleria dell’Appennino e raggiungesse la stazione appenninica di San Benedetto Val di Sambro. L’ordigno, con grande probabilità collocato nella stazione di passaggio di Santa Maria Novella, avrebbe potuto causare un disastro di dimensioni ancora maggiori se il treno – dopo la ripartenza da Firenze – non avesse recuperato parte del ritardo accumulato.
Gli attentatori avevano infatti mescolato all’esplosivo una sostanza incendiaria denominata “termite”, capace di raggiungere in breve tempo il punto di fusione dell’acciaio. Lo scopo era quello di causare l’esplosione in mezzo alla galleria, per amplificarne gli effetti tramite l’incendio e l’asfissia dei passeggeri. Il bilancio fu comunque drammatico: 12 morti e 44 feriti.
Tra le vittime dell’attentato ci furono tre dei cinque membri della famiglia Russo di Merano (il padre Nunzio, la madre Mari Santina e il figlio Marco); l’ingegnere perugino Antidio Medaglia; due fiorentini, i colleghi di lavoro Elena Donatini e Nicola Buffi; la pensionata di Roma Elena Celli; la studentessa di Grosseto Raffaella Garosi e tre stranieri: l’austriaco Herbert Kontriner, l’olandese Wilhelmus Hanema e il
giapponese Tsugufumi Fukuda.
Il giovane ferroviere Silver Sirotti morì tra le fiamme nel soccorso dei passeggeri e fu poi decorato medaglia d’oro al valore di civile. La strage arrivava a soli due mesi da quella di piazza della Loggia a Brescia e rappresentò il culmine del terrorismo di destra alla metà degli anni Settanta.