Il vecchio mondo sta morendo. Quello nuovo tarda a comparire e in questo chiaroscuro nascono i mostri… a volte anche musica, ottima musica.
È questo il caso di Diego Cignitti in arte CIGNO cantautore romano che sarà in concerto sabato 16 novembre all’ExFila di Firenze per presentare il suo ultimo disco “Buonanotte Berlinguer” che chiude la così detta “Trilogia sul Nulla”.
Il suo è un amalgama sonoro composto da musica liturgica ed elettronica, tra new wave e post-punk, un ectoplasma da cui emergono i fantasmi politici di un passato impossibile da dimenticare, evocati per esorcizzare un presente che ci atterrisce.
Ciao Diego! Avevi pensato fin dall’inizio a una trilogia?
Assolutamente no, all’inizio lo avevo visto come un unicum. Poi ho sentito la necessità di concludere un discorso che era iniziato con “Morte e pianto rituale” e proseguito con “Nada! Nada! Nada!”. Buonanotte Berlinguer è stato il momento in cui ho capito che il cerchio si era chiuso. Un discorso aveva trovato il compimento, ero arrivato alla fine.
Possiamo tranquillamente dire che sei un anarchico e quindi contro ogni tipo di istituzione: lo Stato, il lavoro, il Capitalismo, le religioni, eppure la tua musica è intrisa di religiosità, sembra quasi di assistere a un rito
Certo perché bisogna distinguere la religione dalla spiritualità o dal senso del sacro. La religione è controllo sociale, controllo delle menti degli esseri umani. Il sacro, il misticismo, la spiritualità sono cose diverse, sono insite nelle persone. Nei miei dischi ho trovato molta vicinanza alla sacralità e alla cultura antiumanistica della Lucania, agli studi sulla magia di Ernesto De Martino.
Dobbiamo farci un autoprocesso volontario, è inutile che conitnuiamo ad indignarci alle elezioni. L’indignazione è uno scudo in cui nascondiamo il nulla degli argomenti
Il tuo disco si intitola Buonanotte Berlinguer che è anche il titolo di una canzone in cui tu racconti una sorta di sogno in cui Berlinguer risorge e poi viene immediatamente ucciso di nuovo. Qual è stata per te l’importanza di quest’uomo?
Volevo andare a toccare una questione, la necessità di riesumare politici antichi, di altre epoche, quasi a dire che adesso avremmo bisogno di un Berlinguer, di un leader. Mi piaceva toccare questo nervo perché se ipotizzassimo per assurdo che tornasse Berlinguer, si troverebbe nella situazione in cui i neofascisti sono tornati, quindi immaginavo questa conclusione. La cosa che mi faceva triggerare è che se tornasse secondo me verrebbe subito rimandato da dove viene, perché si troverebbe in una società completamente consumistica, le elezioni di Trump sono il termometro di come va il mondo adesso.
Ti faccio una domanda un po’ difficile, come abbiamo visto nelle ultime elezioni americane, ma anche come vediamo in Italia e in Europa il proletariato vota a destra, si è cioè allontanato dalla sinistra, che storicamente è sempre stata dalla parte dei lavoratori. Come te lo spieghi?
Tu hai parlato sia di America che di Italia. La sinistra italiana ha distrutto i vecchi valori del Partito Comunista perché ha cominciato a parlare alla borghesia, quindi si è perso il contatto con il popolo, con i lavoratori e anche con il sotto proletariato. I partiti politici invece di presentare i programmi andavano a soddisfare le esigenze di un ipotetico elettorato che man mano è andato ad evaporare. La sinistra non ha più un contatto con la gente comune ed è normale che poi possano attecchire Trump, e chi più ne ha più ne metta. Va fatto un auto-processo volontario, questo è anche il sottotitolo che ho dato alle cassette di Buonanotte Berlinguer. Quello che facevano le Brigate Rosse ad Aldo Moro dobbiamo farlo a noi stessi, metaforicamente ovviamente. È inutile che continuiamo ad indignarci alle elezioni. L’indignazione è uno scudo in cui nascondiamo il nulla degli argomenti.
In una tua canzone ha scelto di fare un omaggio a un anarchico italiano Errico Malatesta che tu definisci un uomo libero
Da qualche tempo frequento un circolo anarchico presso la Libreria Anomalia di Roma, è uno degli ultimi baluardi, centro studi della storia dell’anarchia in Italia. Il personaggio di Errico Malatesta è uno dei più conosciuti e carismatici, quello che mi piaceva di lui è questa sorta di diserzione da lui attuata. Se ne andò all’estero in esilio, con l’idea di tornare in futuro a sovvertire l’ordine. È interessante il fatto che lui sia morto durante l’ascesa del Fascismo, chissà cosa gli è passato per la mente. La storia ha fatto tanti giri e adesso ci troviamo a vivere in un mondo che va verso quella direzione, con il fascismo dei consumi. Dalla battaglia di Seattle in poi ci troviamo ad essere sempre sconfitti e questa è una riflessione che porto nel disco.
è il momento di ripensarsi e ricontestualizzarsi per creare una nuova controcultura, di quello manchiamo, di una voce diversa rispetto alla voce imperante del consumismo americano
Questo pezzo mi ha fatto tornare in mente le parole di Bobby Sands, che quando era in carcere in Irlanda diceva che non lo avrebbero mai potuto stroncare, perché lui la libertà ce l’aveva nel cuore. Che cos’è per te la libertà? Ti senti libero?
Non mi sento per niente libero. Quello che va contro la libertà è l’oppressione e l’oscurantismo e io credo che i primi oscurantisti siamo noi stessi. A volte oscuriamo delle nostre idee, dei nostri pensieri. Anchio mi sono chiesto “Faccio il brano su Malatesta? Forse sarebbe più prudente non farlo”. Proprio questo dobbiamo combattere l’autocensura del pensiero perché siamo i primi che ci auto-censuriamo per paura di avere ripercussioni al lavoro o tra la gente. Poi c’è l’oppressione dello Stato della società dei consumi in cui viviamo, e questa è una cosa ben più difficile da combattere. C’è chi diceva che è più facile che finisca l’uomo, piuttosto che finisca il Capitalismo.
Secondo te è realisticamente possibile pensare di potersi opporre al Capitalismo? In questo momento stiamo entrambi usando un cellulare, vuol dire che siamo immersi fino alla testa nel Capitalismo, non possiamo uscirne anche se volessimo, a meno di non fare gli eremiti
Allora ti dico due cose, una citando Slavoj Žižek è il fatto di lavorare sul micro, sicuramente non possiamo attecchire sul macro, ma per esempio sabato 16 novembre suoneremo in uno spazio affine a tutte queste idee, staremo insieme, ci sarà condivisione, si parlerà, è importante lasciare queste fiamme accese affinchè ne nascano altre. Un’altra cosa che mi viene da dire è la differenza tra lo strumento e l’etica. Il cellulare è uno strumento, non è che abbia in sè il Capitalismo e il Consumismo, se sto sei ore su Amazon, Facebook o Instagram forse lo sto usando male. Se con il cellulare organizzo un’attività forse lo sto usando nel modo giusto. Allo stesso modo le canzoni che parlano di amore e di coppia sono totalmente innocue, forse se cominciassimo a parlare un po’ di più di queste cose le canzoni potrebbero avere la potenza esplosiva che avevano un tempo, cambiare le idee delle persone, cambiare il mondo.
Mi colpisce questa tua ultima frase perché proprio in questi ultimi giorni si è sviluppato un dibattito sulle ultime elezioni americane, in cui si sottolinea come tutti gli endorsement fatti da musicisti da Bruce Springsteen a Taylor Swift a Kamala Harris non abbiano minimamente spostato il voto
Se parliamo di Taylor Swift non mi sembra un’attivista nelle sue canzoni, anzi è tutta estetica spicciola, non mi sembra l’artista adatta a cambiare le cose. Se parliamo di Bruce Springsteen forse ha fatto il suo tempo, è come riesumare un dinosauro, non mi sembra che parli a questa epoca. Forse è proprio il Partito Democratico americano che è arrivato al capolinea e deve ripensarsi. Bernie Sanders è stato fatto fuori, forse era uno dei pochi che aveva qualche idea innovativa. Mancano le nuove idee, non è in atto un ripensamento della politica e non sono i musicisti o le canzoni che possono cambiare le cose. Proprio ieri ragionavo sui Soundgarden, sui Pearl Jam, sui Nirvana, beh c’era un collegamento tra quello che succedeva nel mondo e quello che succedeva nella musica.
Tu parli del Grunge, era un tipo di musica che aveva dentro contenuti di un certo tipo, forse oggi la musica stessa è molto cambiata, sta andando in un’altra direzione
È così, per sapere come sta una nazione bisogna ascoltare la sua musica. Purtroppo questo abbassamento culturale dei contenuti lo trovi nella musica come nella politica, nel cinema, è tutto collegato. La musica è il primo termometro per capire come stanno andando le cose, se il Partito Democratico deve chiamare Taylor Swift per fare un endorsement siamo messi male e infatti poi abbiamo visto quali sono stati i risultati.
Ti faccio un’ultima domanda, il tuo disco si chiude con un minuto di silenzio alla “John Cage” a chi è dedicato?
Perché è finito tutto, la seconda morte di Berlinguer è la morte anche dei nostri valori sociali, politici, della nostra velleità a riesumare le sue idee. Quando ho scritto il disco non sapevo che ricorreva il quarantennale dalla morte, quindi mi sono ritrovato nel calderone della “Berlinguer mania”, in mezzo a tanti eventi, film, mostre. Voglio dire, io sapevo che quando qualcosa andava in un museo era morta. Quindi Buonanotte forse per sempre, è arrivato il momento di ripensarsi e ricontestualizzarsi per creare una nuova controcultura, di quello manchiamo, di una voce diversa rispetto alla voce imperante del consumismo americano.