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Cavriglia ricorda Francesco Nuti: qui nacque l’ispirazione per il film “Madonna che silenzio c’è stasera”

L’ex sindaco e amico di Nuti di lunga data, Enzo Brogi, ricorda il loro legame: nel paese in provincia di Arezzo una statua dedicata all’attore

Francesco Nuti

A più di un anno dalla morte di Francesco Nuti non si spengono l’affetto del pubblico e le manifestazioni in ricordo del poliedrico artista pratese. Questa sera il Comune di Cavriglia, in provincia di Arezzo, inaugurerà nel Giardino Ardenza una statua dedicata a Nuti, che lo ritrae seduto su una panchina come in una delle scene più celebri del suo film “Caruso Pascoski”: nell’occasione sarà anche proiettato “Madonna che silenzio c’è stasera”, che l’attore concepì proprio nell’atmosfera fuori dal tempo di Cavriglia, come racconta l’ex sindaco Enzo Brogi, amico di lunga data di Nuti.

Enzo come diventò amico di Francesco Nuti?

La mia amicizia con Francesco nacque nel 1978, eravamo entrambi molto giovani, lui faceva uno spettacolo da solista, “Pollo d’allevamento”, che raccontava la storia di un ragazzo che abitava in un paese industriale, la stessa che poi avrebbe ripreso nel suo film “Madonna che silenzio che c’è stasera”. Io all’epoca mi occupavo di cultura a Cavriglia e mi venne proposto il suo spettacolo che poi andò in scena il 1° maggio 1978 e ci conoscemmo così, entrambi avevamo fatto l’istituto tecnico e ci fu subito simpatia tra noi, iniziammo a frequentarci.

Poi lui incontrò i Giancattivi, che erano stati contattati da Enzo Trapani per il programma sulla Rai “Non Stop”, dove poi venne lanciato anche Carlo Verdone. I Giancattivi in quel momento erano solo in due ma i loro testi un po’ surreali erano costruiti per essere in tre e così Alessandro Benvenuti, che io conoscevo per altri motivi, scelse Francesco Nuti per completare il trio con Athina Cenci. Quando Francesco me lo raccontò era entusiasta, iniziò questa esperienza che fu un successo, poi i loro rapporti si incrinarono pesantemente purtroppo mentre giravano il film “Ad ovest di Paperino”, soprattutto quelli tra Francesco e Alessandro, tanto che l’ultima settimana di lavorazione non si parlavano neanche più e quando andavano a presentare le anteprime del film lo fecero sempre separatamente.

Francesco Nuti con Enzo Brogi – © Enzo Brogi

Come nacque a Cavriglia il titolo di uno dei più celebri film di Nuti, “Madonna che silenzio c’è stasera”?

In quel periodo a volte stava da me, a Cavriglia, dove avevo una casa molto spaziosa, e la sera andavamo a giocare a biliardo alla Casa del Popolo. Proprio una di quelle sere dopo il biliardo ci mettemmo a sedere su una panchina, fumando: c’era un enorme silenzio, il paese era anche diverso da ora, molto più piccolo, e giocavamo su questa cosa, ci ridevamo sopra. “Madonna che silenzio che c’è a Cavriglia, zitti zitti!” E allora Francesco mi disse: “Vai ho trovato il titolo del film! Ora ci costruisco intorno la scena.” In quel periodo infatti, era il 1982, stava riscrivendo “Pollo d’allevamento” sotto forma di sceneggiatura per un film, gli avevano proposto di fare un film come solista, come “Ricomincio da tre” di Troisi, era un momento interessante per la comicità.
Quindi il titolo all’inizio doveva essere “Madonna che silenzio c’è a Cavriglia”, poi fu la produzione a dire di no perché dopo “Ad ovest di Paperino” non volevano un altro titolo con il nome di un paese toscano dentro, così divenne “Madonna che silenzio c’è stasera”, anche se Francesco nella sua biografia ha ricordato la sua idea originale e come era nata.

Il successo lo cambiò?

Il successo sicuramente ha creato in Francesco più di un trauma, lui era molto bravo nella scrittura, aveva una faccia cinematografica e una comicità innata, era un piccolo grande genio, ma forse non aveva la struttura necessaria per reggere il successo, qualcuno dice che ci è arrivato troppo presto, non so… È stato anche molto sfortunato, perché poi ebbe quel drammatico incidente cadendo dalle scale e non ha avuto più la possibilità di recuperare. Negli anni ci eravamo allontanati, lui faceva una vita completamente diversa dalla mia, il periodo in cui ha girato “Donne con le gonne” e viaggiava con la Ferrari era un Francesco diverso da quello che aveva la Volkswagen verde quando arrivava a casa mia. Ci siamo ritrovati dopo che è stato male, io sono stato tante volte a trovarlo a Prato e a Roma, mi ricordo che gli portai mio figlio che non aveva mai conosciuto e si commosse molto.

Che persona era nella vita privata? 

Era simpatico, aveva l’ironia e la sagacia toscana che gli veniva dal padre, Renzo, e la possessività della madre calabrese Anna, una figura molto forte che poi è stata di ispirazione per molti suoi film. Era un amico piacevolissimo con cui stare insieme, le racconto una storia che ha dell’incredibile.
Era il 1983, io ero a Roma per lavoro e la sera come altre volte mi fermai a casa di Francesco: mi chiese di venire presto perché saremmo andati a cena da amici, ma non specificò chi fossero. Ci avviammo in macchina verso Porta Portese, parcheggiammo e entrammo in un portone verde; al terzo piano ci aprì una ragazza che lì per lì non riconobbi: era Nicoletta Braschi. Eravamo a casa di Roberto Benigni e con lui c’era anche Massimo Troisi, con cui stava scrivendo la sceneggiatura di “Non ci resta che piangere”. E in cucina c’era Carlo Monni che preparava una matriciana. Dopo cena si misero a giocare a poker, una partita esagerata tra mille ilarità, a cui assistetti conversando sul divano con Nicoletta. E tutto il tempo pensavo: quando lo racconterò a Cavriglia nessuno ci crederà.

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