Fino al 28 luglio Castiglioncello rende omaggio al coreografo, artista e danzatore Miche van Hoecke, con una mostra per celebrare gli 80 anni di un pioniere che, tra i primi, credette in un teatro totale, dove la danza si fondeva con la musica, col canto, con la recitazione.
Le sale di Castello Pasquini, dov’è ospitata l’esposizione, furono per Micha come Itaca per Ulisse, un posto dove tornare per poi ripartire, dove nascevano i suoi spettacoli, dove si incontrava con Marcello Mastroianni, dove provava per poi andarsene in tournée giro per il mondo,
Proprio in queste sale è allestito a cura di Fondazione Armunia, con la direzione di Angela Fumarola, un itinerario che partirà dalle radici culturali di van Hoecke, dall’infanzia e dalla storia della famiglia – con scatti recentemente tornati alla luce dal ramo materno, quello russo, della famiglia, dipinti a firma del padre pittore belga e disegni del nonno allontanatosi da Charkiv dopo la rivoluzione –, per giungere agli anni con Maurice Béjart a Bruxelles e alla sua produzione autoriale prima in Belgio e poi in Italia.
Micha van Hoeke: una vita per la danza
Nato da una famiglia di artisti – oltre al padre pittore la madre è una cantante – Micha van Hoecke studia a Parigi con Olga Preobrajenskaya e nel 1960 inizia la carriera nella compagnia di Roland Petit.
Entra poi a far parte del Ballet du XXe siècle di Maurice Béjart, di cui diventerà il fidato braccio destro, e sarà lo stesso Béjart a nominarlo direttore artistico della Scuola Mudra, il prestigioso centro di formazione per artisti a Bruxelles. Con i migliori elementi del Mudra van Hoecke fonderà prima il Ballet-Théatre L’Ensemble e nel 1981 l’Ensemble di Micha van Hoecke.
Dal Belgio poi si stabilirà con i suoi artisti definitivamente in Italia nel 1986, dove tra i vari incarichi riveste quello di direttore del corpo di ballo del Teatro dell’Opera di Roma e del Teatro Massimo di Palermo, oltre a portare avanti collaborazioni con interpreti straordinarie quali Carla Fracci, Ute Lemper, Luciana Savignano, con grande registi come Luca Ronconi, Liliana Cavani, Roberto De Simone, e con prestigiosi direttori d’orchestra; ma è soprattutto con Riccardo Muti che si è creato il sodalizio che ha dato vita a tanti capolavori.
Il progetto della mostra nasce dalla volontà della moglie Miki Matsuse che di Micha van Hoecke è stata anche allieva e musa oltre che una delle danzatrici del suo Ensemble, con l’obiettivo di perpetrare il retaggio dell’artista e dell’uomo, di raccontare una vita donata alla cultura nel senso più ampio del termine.
Gran parte del materiale esposto proviene dall’archivio privato della stessa Matsuse, lascito di Micha e della sorella, oltre a un dipinto originale dell’artista Lily Salvo, costumista per alcuni degli spettacoli di van Hoecke, che lo ritrae nel 1988.
“Parlava spesso della nostra vocazione, del teatro. Vado in chiesa per cercare Dio, vado a teatro per cercare l’uomo ci ripeteva spesso, sempre convinto di quella luce che illuminava le nostre vie d’artiste”, racconta Miki Matsuse. E ripercorrendo la loro relazione, dall’incontro in Giappone durante uno stage di Yoko Wakabayashi, lei adolescente, lui già maestro: “Sono stati 35 anni di pura magia, di straordinaria gioia ed entusiasmi che il tempo non ha mai offuscato. Quando ci siamo messi insieme io avevo 20 anni, lui 42. Nessuno avrebbe mai creduto in questa storia. Troppo distanza (soprattutto di età), troppa distanza legata ai nostri rispettivi ruoli. Mi sono innamorata del suo talento, aveva una sensibilità fuori dal comune, era un creatore, un poeta, un regista, un danzatore, un coreografo, un narratore, un filosofo, ai miei occhi un uomo immenso che ha anche avuto la fortuna di vivere a contatto con personalità straordinarie. Parigi, Bruxelles, Madrid, l’après-guerre, Roland Petit, Maurice Béjart, Jean Babilée e poi più tardi Luciano Damiani, Roberto De Simone, Luis Bacalov, Carla Fracci e Beppe Menegatti, Lorca Massine, Luca Ronconi, Nicola Piovani, Cristina e Riccardo Muti… Uno scambio di culture, di esperienze, di passioni, di slanci e di ardore creativo. Impossibile non esserne contagiati e contaminati”.
“Quante volte i danzatori e le danzatrici dell’Ensemble hanno attraversato le stanze di Castello Pasquini”, ricorda Angela Fumarola, e prosegue: “Fu qui a Castiglioncello che Micha van Hoecke insieme a Miki Matsuse musa e moglie, aveva scelto di vivere, trasferendo da Bruxelles il nucleo artistico che dirigeva. Ogni estate Castello Pasquini ospitava le anteprime del suo Ensemble, perché Micha non partiva per tournée mondiali, senza incontrare il suo pubblico, i suoi amici. Un solo respiro, una metrica coreografica, che rispettava la singolarità di ogni interprete, questa era l’idea di danza del Maestro van Hoecke. Sequenze, ripetizioni e discese forsennate dalla gradinata della tensostruttura, che echeggiava metallica sotto i suoi passi, mentre interrompeva la coreografia con uno stop, che già prefigurava burrasca. Lo ricordo anche così Micha, quando iniziando questo lavoro, assistevo in teatro alle prove e le indicazioni arrivavano veloci, prima che le intuizioni svanissero per poi far ricominciare, con grazia e dolcezza il suo amato Ensemble. Tutto questo accadeva mente Donna Vittoria (Vittoria Ottolenghi, critica e giornalista tra le più celebri esperte di danza), guardava il palcoscenico prendendo appunti per la sera, quando quelle stesse gradinate sarebbero state gremite di persone che lei avrebbe accolto e con eleganza, guidato alla visione”.
La mostra a ingresso gratuito è realizzata con il contributo di MIC Progetti Speciali 2024, Comune di Rosignano Marittimo, Fondazione Armunia e Miki Matsuse van Hoecke.