Non potevano che svolgersi a Livorno, a distanza di pochi giorni una dall’altra, le presentazioni dei due volumi usciti su Carlo Coccioli nelle scorse settimane, nel centenario della nascita dello “scrittore assente”, come ebbe a definirlo Pier Vittorio Tondelli.
Nel bellissimo scenario di Palazzo Huigens, nell’ambito di Effetto Venezia, l’assessore alla Cultura del Comune di Livorno ha presentato l’ebook Ricordi diversi di Marco Ceccarini e Paola Ricci, il primo giornalista livornese di Toscana Notizie e la seconda scrittrice lucchese che lo scorso anno in autoedizione ha dato alle stampe Carlo Coccioli e la strega fatata.
L’ebook Ricordi diversi, edito da Articolo 21 di Livorno e scaricabile gratuitamente dal portale Epubeditor, riporta le testimonianze che i due autori, amici personali dello scrittore, hanno portato all’esterno facendo conoscere un Coccioli inedito, differente da come lo si immagina, alle prese con le sue ricerche esistenziali e le sue passioni, certo, ma anche con il tentativo di recuperare le proprie radici quando, assieme al figlio adottivo Javier, tornò a vivere a Livorno alla metà degli anni Novanta.
Qualche giorno dopo, nell’ombrosa Villa Fabbricotti, per la rassegna Leggermente, il critico letterario Antonio Celano ha invece presentato il romanzo Grande karma dello scrittore e saggista fiorentino Alessandro Raveggi, docente presso l’università Ca’ Foscari di Venezia, ispirato “alle vite” di Coccioli. Il volume, edito da Bompiani di Milano, riprende il titolo di un romanzo, rimasto incompiuto, a cui avrebbe lavorato, in vita, lo stesso scrittore livornese.
Nato a Livorno il 15 maggio 1920, laureato in lingue e religioni orientali, grande conoscitore delle letterature camitico-semitiche, Coccioli si impegnò nella Resistenza italiana, tanto da essere insignito, a fine guerra, della medaglia d’argento al valor militare. Avrebbe potuto dedicarsi alla politica o alla carriera militare. Lui, invece, volse lo sguardo alla letteratura, tormentato da quell’angoscia metafisica, come diceva lui, che lo spinse, omosessuale, prima verso il cattolicesimo, poi verso l’ebraismo, infine verso l’induismo e il buddismo, in una sorta di costante ricerca intellettuale verso una sintesi panreligiosa in grado di dare risposta alla paura dell’ignoto e ai misteri della sessualità.
I lavori di Ceccarini e della Ricci da una parte, di Raveggi dall’altra, arrivano nel centenario della nascita a dare il giusto rilievo a un uomo, uno scrittore, di cui Livorno e la Toscana dovrebbero riappropriarsi definitivamente. Lo scorso 15 maggio, giorno in cui è caduto l’anniversario, l’emittente televisiva Telecentro di Livorno ha dedicato allo scrittore una Serata Coccioli, ben condotta proprio da Ceccarini, con in collegamento da Milano il nipote Marco Coccioli e da Torino il direttore editoriale Ezio Quarantelli della casa torinese Lindau, l’editrice che, in accordo con il nipote dello scrittore, ha dato il via alla ripubblicazione dell’opera omnia del grande autore toscano.
Coccioli scriveva in tre differenti lingue, ossia italiano, spagnolo e francese, ed era il traduttore di sé stesso. Ha pubblicato una quarantina di titoli tradotti in quasi venti differenti lingue del mondo. Gli anni Settanta ed Ottanta sono stati, per lui, i più prolifici. In quel periodo sono usciti, tra gli altri, i romanzi Uomini in fuga nel 1970, Davide nel 1976, La casa di Tacubaya nel 1981, Rapato a zero nel 1986, Piccolo Karma nel 1987 e Budda nel 1990 che però venne tradotto in italiano solo nel 1994. Al libro di memorie Tutta la verità, uscito nel 1995 durante il suo periodo livornese, consegnò la “messa a nudo” del suo modo di essere e la sua anima, come ebbe a dire, tra l’altro, in una intervista rilasciata proprio a Ceccarini, che negli anni livornesi lo intervistò a più riprese.
Iniziative come quelle che ultimamente si sono svolte, comprese le uscite di Ricordi diversi e di Grande karma, sono importanti perché aiutano a riavvicinare Coccioli, che da parte di madre apparteneva alla famiglia ebraico sefardita dei Duranti imparentata con i Modigliani, alla sua città natale, a Firenze e alla Toscana, in altre parole alle sue origini, nella speranza che un giorno, dopo avergli dedicato una strada non distante da dove nacque ed avergli conferito la Livornina d’oro alla memoria, la città di Livorno possa esaudire anche quello che era un reale desiderio personale dello scrittore: avere una lapide al Famedio di Montenero.