Era il 22 luglio del 1944, durante la seconda guerra mondiale, quando cinquantacinque persone persero la vita nella cattedrale di San Miniato a causa dell’esplosione di una granata.
Questo tragico avvenimento, noto come la strage del Duomo, segnò drasticamente la storia del territorio. Anche i fratelli Paolo e Vittorio Taviani, nati proprio nel borgo delle terre di Pisa, ne hanno preso spunto per la realizzazione di un documentario (San Miniato luglio 44), e per uno dei loro film più famosi, La notte di San Lorenzo, girato in parte nella cittadina, nelle sue campagne e in parte ad Empoli.
Quel 22 luglio se lo ricorda bene anche Camillo Superbi, classe 1929, che quell’estate si trovava a San Miniato, sfollato dalla sua Firenze assediata dai bombardamenti: “Ero venuto con mia mamma e le mie sorelle per sfuggire ai cannoneggiamenti; dapprima andammo ad abitare in una abitazione in Piazza Buonaparte e successivamente in via Maioli, nella casa di donna Briccola“.
A distanza di tutti questi anni, Camillo, grazie all’aiuto dei figli Stefano e Francesca, è tornato tra le strade e i monumenti del paese accompagnato, tra gli altri, dal sindaco di San Miniato Simone Giglioli e l’assessore alla Cultura Loredano Arzilli.
La testimonianza
“La mattina del 22 luglio i tedeschi sono venuti a chiamarci nella casa di donna Briccola in via Maioli, dove stavamo, e ci hanno detto che dovevamo andare in Duomo – racconta Superbi –. Abbiamo raccolto un po’ di vettovaglie, del cibo e qualche indumento, con l’idea di dover stare su almeno per tutto il giorno, e ci siamo incamminati verso la piazza del Duomo.
Quando siamo arrivati su, ci hanno fatto entrare nella Cattedrale e subito siamo andati verso l’altare maggiore; ad un certo punto, però, i soldati ci hanno detto di uscire tutti di nuovo in piazza, non so il perché, e, dopo qualche tempo, ci hanno fatto rientrare. A quel punto c’erano troppe persone davanti l’altare maggiore, così con mia madre e le mie sorelle ci siamo sistemati in fondo alla chiesa, sulla destra.
Sentivamo i fischi delle bombe che passavano sopra al Duomo, quando ad un certo punto abbiamo sentito un grande boato, le urla delle persone terrorizzato e tanta polvere, e in un attimo intorno a noi c’erano feriti, morti, persone che scappavano, non si capiva nulla. Mia madre ci ha preso per un braccio e ci ha portato subito fuori, siamo stati tra i primi ad uscire perché eravamo in fondo alla Cattedrale. A quel punto in piazza scoppiò il caos e noi ci rifugiammo all’interno del Palazzo Vescovile di fronte al Duomo“.
Dopo la guerra Camillo tornò subito a Firenze, insieme alla madre e alle sorelle, ma non ha mai dimenticato quegli attimi e molti degli amici che si era fatto vivendo a San Miniato, alcuni erano rimasti feriti, mentre altri, purtroppo, erano morti nello scoppio.
Il riconoscimento
Al termine della giornata, gli amministratori gli hanno donato una medaglia della Città di San Miniato per ringraziarlo della sua testimonianza, raccolta in un documento video di Daniele Benvenuti, un tassello che andrà ad arricchire le storie e i racconti del MuMe (Museo della Memoria).
“Siamo molto felici che ci abbia cercato e che sia venuto a trovarci – commentano i due amministratori -. Sentire i suoi ricordi lucidi e vivi è davvero un arricchimento per tutti noi e un’occasione per il nostro Museo, di aggiungere pezzi importanti a quel mosaico che è la ricostruzione del passaggio della guerra nella nostra città“.