Simone Soldani in arte “Bimbo”, nasce a Livorno nel 1976. Il suo disco d’esordio “Bugie per asini” è del 2014, ed è stato realizzato dopo anni di concerti in giro per l’Italia calcando i palchi dei centri sociali. Ma Bimbo ha partecipato anche al Festival di Cannes con la colonna sonora di “B.B. e il cormorano”.
Il suo ultimo disco si intitola “Hobby costoso” e è uscito ad aprile per Blackcandy Produzioni su tutte le piattaforme di streaming.
Una album che si colloca tra pop, cantautorato e un’eterna ricerca sperimentale che attinge da sonorità afro – elettroniche, legando insieme suggestioni che spaziano da Loredana Berté a Mulatu Astatke.
Nei testi Bimbo mette a nudo la condizione di un artista che vive in provincia, non interessato al “successo” comunemente inteso, ma solo ad esprimere se stesso e le emozioni e i conflitti della vita di tutti i giorni, quella più vera.
Hobby costoso è stato anticipato dal singolo “Preferisco morire” un brano che invita a riflettere su un tema di fondamentale importanza come il cambiamento climatico, con un suggestivo video di che racconta la riconquista della terra da parte del mondo animale.
Ecco la nostra intervista a Simone “Bimbo” Soldani
Ciao Simone! Come mai hai deciso di intitolare l’album “Hobby costoso”? Non è un po’ svalutare o sminuire quello che fai: la tua musica?
Ho scelto questo titolo come provocazione per fare luce su quanto poco oggi in Italia viene data attenzione alla cultura, quanto poco un artista si trova ad essere sostenuto o preso sul serio.La musica viene considerata un “hobby” da una società distratta. Anche quando sono andato a suonare all’estero per suonare spesso mi sono sentito chiedere: “Ma di lavoro cosa fai?”. È vero che sono pochi quelli che vivono solo di musica ma l’attenzione che viene data alla musica in Italia è veramente scarsa, è emerso chiaramente durante la pandemia di Covid con la rivolta dei bauli nelle piazze. Lì venne fuori il problema che in Italia non esistono tutele per i musicisti. Fino a poco tempo fa il lavoro di musicista era quasi sempre al nero. Le poche opportunità di potersi esprimere live, facevano sì che ci si accontentasse di tutto. È evidente che non è un hobby, ma spesso dalla musica non ci si tira fuori un euro, la musica è la mia passione fin da piccolo, ma questa è la realtà. Mi sono sempre scontrato nella mia vita con il bisogno di lavorare e allo stesso tempo di suonare, quando uno non ha le “spalle coperte” non è facile fare entrambe le cose.
La musica viene considerata un “hobby” da una società distratta
Questo per te è un disco di riscatto?
Riscatto perché ho voglia di dire la mia, non è un riscatto da qualcosa o da qualcuno, è la voglia di dimostrare a me stesso di esserci con la mia musica e quello che mi va di fare. Non nel senso dell’auto-affermazione di me stesso, è diverso, è più la volontà di continuare a portare avanti le mie idee.
“Hobby costoso” è stato anticipato dalla canzone “Preferisco morire” che ha un video bellissimo, realizzato da Dario Arnone, che parla di cambiamento climatico. Mi ha fatto pensare alla fine del mondo che forse sarà anche prima di quello che immaginiamo, perché il riscaldamento globale sta andando più velocemente del previsto e gli scienziati non capiscono perché. Te come te l’immagini? Ci hai mai pensato?
Io credo che ci uccideremo prima tra di noi.
Dopo che abbiamo finito gli studi si è capovolto il mondo, sono cambiate le carte in regola e il lavoro per noi non c’era. Si è creato un disagio, c’è chi è riuscito a sopravvivere e ad adattarsi e chi no
Quindi una Terza Guerra Mondiale?
Pensa a quando il livello economico si abbasserà, quanta violenza ci sarà tra le strade. Il mondo si riprenderà la terra un po’ alla volta, sarà difficile che sia il mare a sommergerci. C’è un termine per indicare chi si preoccupa di queste cose, è EcoAnsia e io ne soffro davvero. La canzone “Preferisco morire” è nata un giorno che ero davanti alla televisione e in una trasmissione si parlava del cambiamento climatico, veniva fatta una sorte di allarmismo, perché probabilmente c’è bisogno di farlo. Io sono sensibile a queste notizie e ho pensato: siamo così ignoranti che dobbiamo farci ‘paura’ per rispettare il nostro pianeta.
A volte penso che dopo la scomparsa degli umani il mondo tornerà ad essere bellissimo, pulito, pieno di piante e gli animali se lo riprenderanno e saranno liberi e felici. Questa visione mi tranquillizza. Forse poi gli umani torneranno, ripartiranno da zero, dalla preistoria, in un ciclo.
Già Adriano Celentano negli anni ’60 parlava di ambiente, nel “Il ragazzo della via Gluck” cantava “continuano a costruire le case e non lasciano l’erba”, molto prima del cambiamento climatico, è stato uno dei primi ad affrontare questo tema, in maniera popolare.
Nel tuo disco affronti anche problematiche generazionali, parli di temi personali ma in modo universale, l’amore, l’amicizia, problemi che tutti prima o poi hanno vissuto
Sì, cerco di parlare di quello che ha dovuto affrontare la mia generazione, dovuto al cambiamento della società. Io sono classe ’76, negli anni ’90 sono accadute delle cose di cui siamo stati tutti vittime, dall’autolesionismo di Kurt Cobain, al fatto che dopo che abbiamo finito gli studi si è capovolto il mondo, sono cambiate le carte in regola e il lavoro per noi non c’era. Si è creato un disagio, c’è chi è riuscito a sopravvivere e ad adattarsi e chi no.
La generazione prima di noi aveva un’identità politica forte, abbiamo subito in parte il crollo delle ideologie
Anche, però più che altro, la generazione prima di noi è come “durata di più” rispetto alla nostra. Sono cresciuti, si sono formati e hanno trovato subito il posto di lavoro. Intorno ai 40 anni avevano già una “posizione”. Non esisteva il precariato. Oggi non è più così, i giovani sono preparatissimi, bravissimi, performanti e disposti a prendere molti meno soldi di noi, sono più disponibili. Noi sembriamo degli “scansafatiche” ma la verità è che veniamo da una generazione a cui hanno insegnato il rispetto sul lavoro, i sindacati, i diritti. Noi siamo stati esclusi, ‘schiacciati’ tra due generazioni.