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“Bassa Fedeltà” un ciclo di concerti analogici dedicati al nastro magnetico come simbolo di ribellione

Il primo appuntamento si terrà domenica 5 maggio alle 18, nella cornice dello spazio GADA di Firenze in via de’ Macci. Saranno tre i performer: Gabriele Gasparotti, Randagio e Naresh Ran

Bassa Fedeltà 2024

“BASSA FEDELTÀ An Analog Manifesto” è un ciclo di appuntamenti a cura di Dio Drone, dedicati al fare musica con cassette, bobine, registratori a nastro, walkman e tutti gli apparecchi dedicati al supporto sonoro analogico.

Il primo concerto si terrà domenica 5 maggio alle 18, nella splendida cornice dello spazio GADA di Firenze in via de’ Macci, 11.

Performeranno tre musicisti: Gabriele Gasparotti, Randagio e Naresh Ran, sotto il segno di un vero “manifesto” che mette al centro il nastro magnetico come fonte primaria di ogni suono.

Il musicista e organizzatore dell’evento Naresh Ran è un Virgilio contemporaneo che ci guida in questo viaggio e che ci ha racontato: “Bassa Fedeltà è un’espressione che mi porto dietro da diverso tempo, e nasce prima dell’idea stessa di questa serie di appuntamenti. Era un gioco di parole per prendermi in giro, quando giravo come un invasato per mercatini in cerca di vecchi walkman e dittafoni da usare per registrazioni estremamente low fi (’..la mia fedeltà è bassissima..’ ). E come spesso mi succede, uno scherzo col tempo inizia a prendere altri significati e alla fine si concretizza in qualcosa di più serio, per così dire. I nastri hanno per me un valore profondo. Ho quasi 45 anni, e credo che la mia sia l’ultima generazione ad essere cresciuta con le compilation in cassetta, mezzo attraverso il quale ho condiviso e scoperto la maggior parte della musica con cui sono cresciuto. Nella mia adolescenza realizzare un mixtape poteva avere diversi significati. C’era il mix per una festa, la compilation per un periodo triste, quella romantica per la persona che ti piaceva, quella con pezzi registrati in radio, quella cattiva, quella psichedelica, quella da viaggio, e quella per un amico a cui volevi far conoscere qualcosa di nuovo. Ne ho conservate tantissime di quegli anni, arricchite da dediche di chi le aveva realizzate e dalle copertine fatte con ritagli presi da riviste musicali, e tuttora mi trasmettono qualcosa di magico che va molto oltre la nostalgia del ricordo.”

Scegliere l’analogico, in questo caso la più bassa fedeltà sonora possibile tra i mezzi di oggi, è il rifiuto verso l’appartenenza a un mondo che ci istiga alla perfezione

“Ho iniziato a collezionare registratori alcuni anni fa, affascinato dai lavori di musicisti che stimavo (Eno, Tim Hecker, Basinski, ma anche i nostrani Valerio Tricoli e Giovanni Lami) e ossessionato da quella timbrica imperfetta e satura del nastro magnetico. E più mi trovavo a parlare con altri musicisti drasticamente contrari all’utilizzo di questi vecchi macchinari più mi fissavo nel costruirmi cassette loop in casa e provare a realizzare improbabili istallazioni sonore dal fruscio dominante. Avete mai provato a mettere semplicemente in play una cassetta vuota e ascoltare a lungo e con pazienza quel debole rumore bianco apparentemente senza senso, ma dal suono così ipnotico e spesso che quasi ti sembra di poterlo toccare? Ecco, il punto per me è esattamente questo, cercare di rendere il suono fisico e tattile, così da trasformarlo in un elemento reale e non qualcosa di astratto e monosensoriale. Tutti questi pensieri sono stati motivo di chiacchierate infinite con un paio di amici, Marco ‘Randagio’ e Daniele ‘Shivaiswoman’, ed è da questi scambi che è nata l’idea di ritrovarci – nella nostra città e non solo – per condividere questa attitudine con altri musicisti dalle medesime inclinazioni. Ma anche sfidando i non avvezzi a mettersi alla prova con questi mezzi, e provare a fare concerti esclusivamente attraverso l’utilizzo di registratori di ogni tipo, a patto che fossero analogici, dandoci alcune regole infrangibili. Così come qualcuno dettò il Dogma 95 per il cinema, Dio Drone ha proposto un proprio manifesto con Bassa Fedeltà.”

Cosa ti affascina così tanto del supporto analogico rispetto al digitale, tecnicamente parlando?

Sono cresciuto suonando in gruppi punk, con un adolescenziale rifiuto per tutto ciò che fosse elettronico. Alla fine un amico mi ha fatto cambiare idea, facendomi capire che il mondo digitale è semplicemente un altro linguaggio per dire le stesse cose di una chitarra in un amplificatore, ed è sempre utile conoscere più lingue possibili per comunicare in maniera più accurata. Nonostante questo, continuo ad avere un maggiore feeling con strumenti hardware che con i plugins di un computer, con il dovuto rispetto. Non mi sento di criticare alcun mezzo tecnologico utile a fare musica, men che mai chi vi sta dietro, semplicemente sento più vicino questo tipo di macchine, probabilmente perché mi ricordano me stesso. Sono imperfette, si guastano facilmente, e non possono fingersi altro se non ciò che sono.

Le macchine analogiche mi ricordano me stesso. Sono imperfette, si guastano facilmente e non possono fingersi altro se non ciò che sono

Secondo te qual è la differenza più grande tra analogico e digitale?

Al di là del punto di vista tecnico, nella mia testa la differenza è più filosofica. Scegliere l’analogico, in questo caso la più bassa fedeltà sonora possibile tra i mezzi di oggi, è il rifiuto verso l’appartenenza a un mondo che ci istiga alla perfezione, perché credo che solo nelle imperfezioni si manifesti la vera autenticità dell’essere, e nel nostro caso dei suoni. Parafrasando gli Uochi Toki, il nostro è un ‘credo’ che perde pezzi e diventa ‘creo’.

Ultimamente noto un ritorno all’uso dell’analogico, semplice moda o c’è qualcosa di più?

Se è colpa dei presunti hipsters, chiunque essi siano, allora li ringrazio. In generale, in parallelo alla continua chiusura di spazi per concerti e all’avvento della massiccia diffusione musicale in forma digitale – un calderone immenso in cui è davvero difficile orientarsi – si è stretta una solida nicchia di affezionati al supporto fisico e alle situazioni live. Quelli che criticano aspramente chi ancora stampa vinili e cassette spesso sono gli stessi convinti che dei concerti non importi più niente a nessuno, ma credo che realtà sia un pò diversa. Ho avuto la fortuna di collaborare con collettivi di giovanissimi che si impegnano duramente per mantenere nelle proprie città una scena culturale, senza guadagnarci nulla se non la soddisfazione di aver reso possibile un evento, e questo a mio avviso rende l’idea del bisogno che molti hanno ancora oggi di questo tipo di cose. Per i supporti analogici è lo stesso. Per molti la musica è ancora un fatto ‘fisico’, con un supporto tangibile che completa artisticamente quello più etereo inciso nei suoi solchi. E forse questo ritorno è uno specchio di quanto in molti ci sentiamo persi.

I musicisti che si esibiranno al GADA

Gabriele Gasparotti è un artista dalle molteplici sfaccettature. Musicista dal raro gusto, cineasta premiato al Festival di Venezia, e portatore di una magia sciamanica che trova la via più efficace e immediata nei suoni dei suoi strumenti iconici e retrò.

Randagio nasce con l’intento di esplorare paesaggi sonori senza limiti prefissati. Come un viaggiatore solitario abbraccia il randagismo come filosofia di libertà sonora, un concetto che rappresenta una libertà musicale totale, priva di vincoli imposti da genere o stili. Si avventura nell’universo con una predisposizione alla sperimentazione all’innovazione, mischiando suoni elettronici, acustici e field recordings per creare un’espressione musicale senza confini.

Naresh Ran nasce 44 anni fa grazie a un fortunato giro di tarocchi. Da adolescente scopre il punk e il rumore diventa parte integrante della sua vita. Dal 2013 gestisce la label Dio Drone, solido punto di riferimento per la musica estrema e sperimentale nostrana. Ha una particolare predilezione per vecchi registratori e strumenti portatili, che porta sempre in borsa come un eccentrico ghostbuster sonoro.

Informazioni sull’evento:

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