“Di Lucrezio mi affascina tutto, compresa la sua vita di asceta isolato dal resto del mondo, una vita di cui non sappiamo quasi nulla. È un inflessibile solitario, e anche questo mi affascina. Lucrezio non appartiene al suo tempo e non dialoga con i vicini di casa: i suoi interlocutori sono i grandi maestri greci che, secoli prima, hanno dato inizio alla nostra civiltà e che in lui sembrano rinascere e trovare una nuova voce e un nuovo canto”.
Milo De Angelis, uno dei più grandi poeti del nostro tempo, ha scelto Lucrezio e il suo “De Rerum Natura” per il secondo appuntamento di domani, sabato 23 febbraio, di “Autori di oggi, capolavori di ieri”, la rassegna letteraria organizzata dal Comuni di Carmignano e Poggio a Caiano e che da cinque anni avvicina il presente e il passato attraverso i classici e la rilettura che ne fanno grandi autori contemporanei.
Il De Rerum Natura – o semplicemnete “Sulla Natura” – sembra un’opera così lontana dall’attualità eppure la chiave di De Angelis induce anche noi che l’ultima versione l’abbiamo fatta parecchi anni fa, ad approcciarci al testo con una curiosità nuova: “Il De Rerum Natura – spiega De Angelis – è nello stesso tempo antichissimo e contemporaneo. Ha il fascino di un mondo arcaico e il pathos drammatico della modernità. Da una parte ci sono blocchi possenti di immagini, macigni scagliati da un ciclope che rotolano nei burroni con un rimbombo cosmico. Dall’altra ci sono chiaroscuri sottili, increspati, ondeggianti e quasi novecenteschi, come i brani del quarto libro dove gli amanti si fronteggiano incerti e smarriti, incapaci di trovare il filo del loro desiderio: sembrano usciti dalle pagine di uno scrittore esistenzialista”.
Andando oltre la rassegna.
“De Angelis: il poeta del buio, delle periferie, della città, della metafisica dei cortili, della luce della parola, dell’assoluto che nasce dall’attraversata del dolore, dell’angoscia, della tragedia umana”, si ritrova in questa descrizione che fa di lei il “Corriere della Sera”?
C’è qualcosa di vero in queste parole, ma c’è al tempo stesso qualcosa di incompleto, come è naturale in ogni definizione. Credo di avere esplorato la tragedia umana ma anche la punta estrema e abbagliante della gioia, l’ebbrezza del gesto atletico e i sogni tremanti dell’adolescenza. D’altra parte il tragico non scaturisce mai da solo, non giunge mai da un buio assoluto ma piuttosto dall’intreccio tra condanna e salvezza, tra il baratro notturno e il culmine ardente della vita.
Nel 2017, quarant’anni dopo “Somiglianze”, primo libro di De Angelis, è uscito “Sulla punta di una matita”, un docu-film della fotografa e attrice Viviana Nicodemo sulla vita e sull’opera del poeta milanese. Poesia e cinema, al primo e al secondo posto tra le arti amate da De Angelis: “da ragazzino camminavo per le periferie milanese e conoscevo tutte le sale sparse per la città. Ed è anche vero che certi miei testi sembrano disegnare una scena di Ingmar Bergman, di Michelangelo Antonioni o di Andrej Tarkovskij, tanto per citare alcuni tra gli autori prediletti”.
Cosa aggiunge il cinema alla poesia?
Forse aggiunge una spinta onirica e fantastica, tanto che è difficile pensare, senza l’invenzione del cinema, un movimento come il Surrealismo francese o la scrittura di certi visionari del Novecento. Viceversa credo che un grande film debba imparare dalla poesia l’arte di essere essenziale nel suo passo narrativo, di non divagare, di puntare in verticale al cuore dell’immagine.
In un estratto da una sua intervista di qualche anno fa lei dice “…Anche in un campo di calcio può nascere una poetica” riferendosi all’ispirazione tratta per il suo lavoro durante la giovinezza. Se la poetica può nascere ovunque – anche in un campo di calcio – quali sono gli ingredienti per svilupparla?
È vero che una poetica può nascere dovunque: non esistono luoghi, per quanto desolati o corrotti, dove la poesia non faccia sentire la sua voce. Il gioco del calcio è uno di questi. Ha una maschera effimera e spesso mercantile, ma dietro questa maschera c’è il volto della nostra giovinezza, con le corse infinite e l’incanto fiabesco dei prati e dei cortili. Occorre dunque, per giungere alla poesia, scavare il gioco del pallone e ogni altro gioco “quotidiano” fino alla sua radice più antica, fino alla sua essenza mitica e perenne.
La poesia esisterà anche domani?
“Finché esisterà l’alfabeto umano, la poesia avrà un ruolo decisivo, in quanto essa è l’esperienza più rigorosa della nostra parola, lo studio più vigile, strenuo e tagliente dei suoi significati”.
“La centralità della poesia non è mai una centralità sociale o riconosciuta dai grandi numeri. È una centralità dell’anima e quindi va cercata nelle zone invisibili della vita interiore”.
Info rassegna “Autori di oggi, capolavori di ieri”
Prossimo appuntameno:
Sabato 23 febbraio 2019 – ore 17,00
Villa Medicea Poggio a Caiano
Milo De Angelis: De Rerum Natura di Lucrezio
Letture: Viviana Nicodemo