Si chiama Immuni la app della società italiana Bending Spoons e che, con molta probabilità, il presidente del Consiglio presenterà per il tracciamento della fase 2.
Un nome indubbiamente suggestivo. Lo scopo dovrebbe essere quello di utilizzare la tecnologia Bluetooth dei cellulari per isolare i casi positivi di Covid.
“Senza la mappatura tempestiva dei contatti le misure di contenimento non possono essere alleggerite” ha detto Domenico Arcuri, commissario straordinario per l’emergenza. Conte, nell’informativa al Senato, ha rassicurato che l’applicazione sarà su base volontaria, come già era emerso dalle prime indiscrezioni. Resta il fatto che se la maggioranza della popolazione non la utilizzerà, almeno il 60/70%, lo scopo stesso della tecnologia verrà meno.
Questo non è l’unico interrogativo che agita il Governo: privacy, archiviazione dei dati anagrafici e sanitari, gestione dell’infrastrutturasono questioni complesse, fondamentali e delicate su cui è a lavoro la task force di esperti che fa riferimento al ministero dell’Innovazione.
Nel frattempo alcune società e aziende si sono mosse per conto proprio mettendo a punto prodotti web anche questi volti alla mappatura della popolazione e all’isolamento del Covid. Una di queste è Toscovid della start-up fiorentina Hucare, attiva nel campo dell’innovazione tecnologica in ambito medico, e che ha messo online una piattaforma a disposizione di medici di medicina generale, pediatri di famiglia e medici delle USCA, le unità speciali di continuità assistenziale, permettendo a tutti loro di avere un database aggiornato e condiviso sui casi sospetti, monitorarli e prevedere gli eventuali aumenti degli accessi ai Pronto Soccorso e dei ricoveri ospedalieri.
L’app in sostanza facilita il lavoro dei medici, agevolandoli nel fare rete, e, accantonate le tabelle excel, permette la creazione di un network per individuare potenziali microfocolai con diversi giorni di anticipo.
“La medicina generale può intercettare con molti giorni di anticipo i casi sospetti di Covid-19. Parliamo di un tempo che va da 3 a 10 giorni, preziosi per l’attivazione delle misure di isolamento e la prevenzione dello sviluppo di un focolaio”, così Giacomo Sebregondi, Ceo di HuCare e promotore dell’iniziativa realizzata grazie al dottor Alessandro Bonci.
In pochi giorni, sono state molte le adesioni: si sono registrati alla piattaforma medici toscani ma anche operanti in Campania, Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Piemonte, Puglia e Sardegna. La tutela della privacy è garantita dal fatto che le informazioni interne sono ad uso esclusivo dalla comunità medica.
Ma come possono coesistere queste app con quella del Governo?
“In medicina abbiamo superato da tempo questo problema” commenta Francesco Puggelli, medico ma anche amministratore in quanto sindaco e presidente dalla Provincia di Prato.
In che modo lo avete superato?
“Avvalendoci di standard specifici. Faccio un esempio: che il mio ecografo sia di una marca o di un altra oggi ha poca importanza se gli ecografi riescono a comunicare a prescindere dal produttore. Ciò che conta è che il modello di riferimento sia chiaro e condiviso”.
Parliamo di standard nazionali o europei?
“Diciamo nazionali, ma più sono universali meglio è. La medicina già oggi fa riferimento a standard mondiali”.
Questo in qualità di medico, ma come amministratore avere a che fare con più app e più software per la gestione dei cittadini positivi non complica le cose?
“Da amministratore è ovvio che per me è fondamentale che tutte le informazioni siano incanalate in un unico contenitore, altrimenti sarebbe complesso. Però ripeto, il punto è che a prescindere da quale sia l’applicazione o da chi la faccia, ciò che conta è che faccia riferimento a un sistema di norme e di regole ubico, condiviso ma soprattutto pubblico. Diversamente, se ognuno mettesse in piedi un proprio database e limitasse la circolazione delle informazioni, verrebbe meno anche il principio stesso della sanità pubblica”.
Ed è questo un altro nodo fondamentale da sciogliere prima di poter lanciare Immuni: la gestione pubblica o privata del server da cui la app di contact tracing dovrà attingere per individuare possibili contatti con un caso confermato di Covid.
Da quanto finora si sa, una volta che una persona che ha scaricato l’app comunicherà di essere risultato positivo al Coronavirus, l’app si servirà di un’infrastruttura per individuare le persone con cui il soggetto è stato a contatto. Ai potenziali “contagiati” arriverà una notifica con delle misure di prevenzione da adottare (dall’isolamento fiduciario al suggerimento di mettersi in contatto con il proprio medico per fissare il tampone). Ad ora la soluzione più plausibile sembra quella di far depositare i dati su cloud, che quindi dovrebbe poter essere di proprietà dello Stato, o quanto meno pubblico.