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Non solo onde gravitazionali: i dati di Virgo per studiare i cambiamenti climatici

Grazie all’accordo con l’Università di Pisa i dati sul moto ondoso del Tirreno raccolti dall’interferometro di Cascina saranno usati per studiare l’erosione delle coste e prevedere l’innalzamento del livello del mare

Il rilevatore Virgo di Cascina

Non è solo uno dei più grandi e sensibili rivelatori di onde gravitazionali al mondo ma i suoi dati presto verrano utilizzati anche per studiare i cambiamenti climatici. L’interferometro Virgo, con i suoi bracci lunghi 3 chilometri adagiati nella campagna vicino Cascina, grazie a un progetto realizzato in collaborazione con l’Università di Pisa metterà infatti i suoi dati a disposizione dei ricercatori che potranno così valutare fenomeni come l’erosione delle coste e l’innalzamento del livello del mare.

Virgo è anche un laboratorio per studiare i fenomeni ambientali

I fisici di Virgo infatti per poter captare le onde gravitazionali, che sono oscillazioni dello spazio-tempo generate a  milioni o addirittura miliardi di anni luce dalla Terra, devono prima poter riconoscere e quindi eliminare i rumori generati dall’uomo o dall’ambiente, che potrebbero altrimenti coprire i flebili segnali gravitazionali. Quindi Virgo raccoglie i suoni e le perturbazioni di origine umana, come gli aerei e le attività agricole o industriali, ma anche le vibrazioni sismiche e i moti delle maree e i minimi movimenti periodici della crosta terrestre.

Questa estenuante caccia alle perturbazioni esterne, rende l’interferometro e il corollario di  sensori di cui si serve, un grande e sensibilissimo  orecchio in ascolto del contesto ambientale in cui è immerso – spiega Stavros Katsanevas, direttore dell’European Gravitational Observatory di Pisa –  e potenzialmente, trasforma Virgo ed EGO in uno straordinario laboratorio per studiare i fenomeni dell’ambiente: ad esempio l’attività sismica o l’andamento delle maree e i moti ondosi nei pressi della costa toscana.

Lo studio in collaborazione con l’Università di Pisa

Un’opportunità che non si è lasciata sfuggire il Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa, impegnato da sempre nello studio dell’ecosistema marino in prossimità delle coste toscane.

Ciò che EGO e Virgo possono fornire ai biologi dell’ateneo pisano infatti è una misura diretta dell’impatto delle onde sulla linea di costa, che si riverbera nei sensori sismici dell’interferometro. Inoltre la grande risoluzione temporale dei dati resi disponibili permetterà al team di biologi e geologi dell’università di costruire modelli più precisi dell’erosione delle coste. In questo modo sarà possibile anche prevedere quanto il cambiamento climatico in futuro potrà intensificare fenomeni come i temporali, eventi metereologici estremi o correnti marine più calde, con il loro impatto sulla biodiversità marina costiera.

“Le attività umane che i cambiamenti climatici sono fra i principali fattori che influenzano la biodiversità marina costiera – sottolinea Lisandro Benedetti-Cecchi, professore di Ecologia e prorettore alla Ricerca Europea e Internazionale dell’Università di Pisa – il confronto con i dati, che raccogliamo da oltre 20 anni, sulle popolazioni di alghe e invertebrati lungo il litorale livornese potrebbe aiutarci a stabilire un collegamento, non ancora ben studiato, tra i cambiamenti climatici globali e le variazioni della biodiversità marina lungo le coste. E a definire anche quanto e se effettivamente la presenza di micro- e macro-organismi marini contribuisca a mitigare l’impatto dell’erosione costiera.”

Inoltre comparando la serie storica di dati biologici e quelli raccolti negli ultimi 15 anni da Virgo sarà possibile determinare con più precisione le variazioni del livello del mare in passato e quindi contribuire alle proiezioni sulla crescita di questo livello nei prossimi anni.

Virgo ha svelato nuove popolazioni di buchi neri

Un’altra sfida scientifica si apre così per Virgo, che lo scorso 2 settembre insieme all’osservatorio statunitense Ligo, ha osservato  la fusione tra due buchi neri di 66 e 85 masse solari, che hanno generato un buco nero finale di circa 142 masse solari, il più grande mai captato dall’uomo.

L’interesse per questa popolazione di buchi neri è legato a uno dei puzzle più affascinanti e stimolanti per astrofisici e cosmologi: l’origine dei buchi neri supermassicci, giganti milioni di volte più pesanti del Sole, che spesso si trovano al centro delle galassie.

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