Dal vecchio mercato del pesce al lungo canale della Burlamacca, fino cuore della città, nella piazza del Mercato, e poi alla Pineta di Ponente. Ti prende per mano Marialina Marcucci, in un viaggio nella sua Viareggio, che va oltre il Carnevale, oltre Puccini e il mare, ma racconta una storia contemporanea, fatta di arte e di visione, di industria, di architettura elegante e di gente burbera, ma dal cuore accogliente. Lei è la presidente dell’istituzione principe della città, la Fondazione del Carnevale più famoso. Ma è sopratttto una donna che ama questa città che l’ha portata via dalla Valle del Serchio. “Se si ama viareggio sei viareggino”, dice. Un messaggio che viene dal cuore, che ben si lega alla promessa (e all’ambizione) racchiusa nella candidatura a Capitale italiana della cultura 2024.
Viareggio è tra le dieci città finaliste. Perché meriterebbe il titolo?
È contemporanea. È una delle delle città italiane più giovani, nata a metà dell’800. Una peculiarità rispetto alle grandi città d’arte. Ha un Ottocento straordinario, se ne avvertono forti le tracce: ci sono i successi internazionali dei suoi maestri costruttori di grandi imbarcazioni commerciali, la presenza napoleonica, i grandi musicisti. Varieggio dava e dà il senso di libertà e di collegamento con il mondo. È una città sul mare, ma non è murata quindi è aperta, c’è l’accoglienza e la capacità di relazionarsi con il Mediterraneo e oltre. Ha un ruolo che le è stato assegnato dal mondo.
E quale sarebbe il suo ruolo?
Viareggio è stata sempre capace di mantenere una sua forte personalità, non si è mai piegata alle esigenze del turismo. È una città di formazione, qui ci arrivi spesso per caso o per curiosità e poi rimani tutta la vita, anche senza viverci tutto l’anno, ma poi hai bisogno di tornarci. Questa vuol dire avere una cifra identitaria, che è riconosciuta nel mondo. Perché poi il viareggino è schivo, non si racconta mai come il migliore degli altri, però è capace di accogliere tutti e a tutti regala qualcosa: vuoi un po’ di sapienza marinara, vuoi un po’ di cultura. Non si è mai fatta un vanto nel nome di qualcuno o qualcosa. Qui persino Puccini, persino il Carnevale, sono una delle cose che Viareggio ha. Non affidano mai a qualcos’altro il loro riconoscersi. Puoi diventare viareggino semplicemente amando la città.
E’ una città contemporanea, aperta al mondo e riesce a cogliere sempre un elemento con il quale evolversi
Se dovesse raccontare Viareggio con i suoi luoghi simbolo, quali sceglierebbe?
Il vecchio mercato del pesce e poi il lungo canale della Burlamacca: un luogo idilliaco, dove sogni le glorie della Torre Matilde, il Barcobestia che andava ovunque a portare le merci. Questa parte di porto confina poi con Torre del Lago dove Puccini scelse di vivere per poter comporre in libertà. Si arriva poi nel cuore della città, questa piazza del Mercato che non è un luogo precario, ma qui si sono radicati saperi e culture della tradizione della pesca e della cucina viareggina. E si passa a questo polmone meraviglioso che è la Pineta di Ponente. Da qui si tira la volata alla grande storia dei marmi di Carrara, delle cave, e dell’arte espressa a Pietrasanta.
Il Carnevale di Viareggio, attraverso i suoi carri allegorici, sa raccontare in maniera unica il cambiamento dei tempi. La città è allo stesso modo capace di evolversi?
Sì, assolutamente. Su tutti i fronti. La cantieristica – che ha qui uno dei suoi distretti più importanti – la musica, l’arte contemporanea. Viareggio è una città in cui tutto, combinandosi, cresce e si evolve. Ma è naturale. Quando una città è così aperta al mondo, quando è così frequentata dal mondo, riesce a cogliere ogni giorno un elemento con il quale evolversi. Come accade al Carnevale.
Che significa ottenere il titolo di Capitale italiana della Cultura?
Dà la possibilità di conoscere una Viareggio che va oltre la superficie, conosciuta ai più come luogo di villeggiatura fantastico. Non è solo questo. Penso ad esempio alla musica, composta prima e dopo Puccini, che offre sempre qualcosa di nuovo e di diverso. La direzione artistica del Festival Pucciniano di Giorgio Battistelli lo sta dimostrando bene, coniungando tradizione, contemporaneo, ma anche la prospettiva e facendosi apprezzare dal pubblico italiano e internazionale. Lo stesso vale per l’offerta culturale dei suoi musei, l’interfaccia che ha con i grandi scultori e pittori. Penso poi al Premio Rèpaci che è sopravvissuto ad anni difficili e ha un valore importante: Paolo Mieli, come presidente della giuria, lo sta rilanciando soprattutto per le nuove generazioni, per dare un futuro ai giovani letterati ed autori.
La forza d’animo dei viareggini sta nell’andare incontro al futuro senza paura
Il Carnevale di quest’anno sarà una sfida, come in fondo lo è la corsa al titolo. Come andrà?
Tutto andrà come vorremmo che vada: è la una forza del carattere dei viareggini. Sa cosa?
Prego.
Viareggio ha la capacità di esprimene il futuro ed è per questo che ci attrae. Come la forza d’animo dei suoi abitanti, che sono burberi, ma di grande accoglienza e sanno riconoscere l’intelligenza. Ecco, infondere la forza per andare incontro al futuro senza paura. E il Carnevale ci va. Ci siamo andati nel 2020, ci siamo andati nel 2021, che è stato l’anno più difficile perché un po’ senza speranza. Lo faremo a maggior ragione quast’anno, come il primo Carnevale in cui apriremo le danze in una Italia che ha voglia di ripartire.